Martinelli, la Scintilla che Cambia la Partita

Per lunghi tratti della partita, l’Arsenal ha faticato. La squadra è apparsa nervosa, imprecisa nel possesso palla e spesso anticipata dagli avversari. Non era certo la prestazione che ci si aspettava per inaugurare con entusiasmo la nuova campagna di Champions League. Poi, al 71° minuto, Mikel Arteta ha guardato verso la sua panchina e ha mandato in campo Gabriel Martinelli, un giocatore la cui fiducia e rendimento erano apparsi in calo ultimamente, tanto da attirare le critiche di una parte dei tifosi. Molti si chiedevano che fine avesse fatto quel ragazzo che, al suo esordio, sembrava una scarica elettrica.
Ma Martinelli è fatto di una pasta speciale. Chi lo conosce bene sa che il suo impegno è incrollabile e il suo spirito non si spezza facilmente. Gli sono bastati 36 secondi per cogliere l’attimo e segnare un gol che lui stesso potrebbe definire “alla Bernabeu”, ricordando la sua iconica rete in extremis contro il Real Madrid: uno di quei momenti in cui ha praterie davanti a sé, accelera, sceglie la conclusione perfetta e continua la sua corsa per celebrare. A Bilbao, nel ribaltare le sorti dell’incontro, è stato sommerso dall’abbraccio dei compagni, la cui felicità per lui era palpabile. Tutti sanno cosa significa attraversare un momento difficile e sentire la pressione, sia interna che esterna. Il suo coraggio nel continuare a cercare la forma migliore per servire la squadra è apprezzatissimo all’interno dello spogliatoio.
La Profondità della Rosa, l’Arma in Più di Arteta
Un Arteta visibilmente soddisfatto ha elogiato la ritrovata verve del suo giocatore: “Adoro Gabi. Se lo è meritato pienamente. Per la sua attitudine, il suo impegno, la sua positività e ciò che è disposto a fare per la squadra. Come famiglia, apprezziamo enormemente tutte le sue qualità”. La serata di gloria di Martinelli non si è fermata al primo gol. È stato lui, con un’azione caparbia sulla fascia, a servire l’assist per il raddoppio firmato da un altro subentrato, Leandro Trossard, che in area si è preso una pausa, come se stesse accendendo un sigaro con calma, prima di scaricare il pallone sul primo palo.
La coppia Martinelli-Trossard non solo ha risolto una complicata partita di Champions League, ma ha anche incarnato un messaggio chiave della filosofia di Arteta: nella sua nuova e rinforzata rosa, tutti sono protagonisti. “Coloro che finiscono la partita sono importanti tanto quanto, se non di più, di quelli che la iniziano”, ha affermato il tecnico. Far passare questo concetto non è semplice, ma è un tasto su cui insisterà. Il valore dei “finishers” per l’Arsenal è evidente, specialmente se si confronta la situazione attuale con quella della semifinale dello scorso anno contro il Paris Saint-Germain, quando, a corto di energie e idee, la squadra non aveva alternative valide in panchina. Ora, invece, al San Mamés, Arteta ha iniziato con un tridente composto da Madueke, Eze e Gyokeres, potendo poi contare sull’ingresso di giocatori esperti come Martinelli e Trossard per cambiare l’inerzia della gara.
L’Analisi di Henry: “Ora Vincere è un Obbligo”
L’ex attaccante dell’Arsenal, Thierry Henry, ha commentato con convinzione la vittoria in Champions League, affermando che “nessuno” nel calcio mondiale può competere con la profondità della rosa dei Gunners, sottolineando però come questo status comporti nuove responsabilità. “Se guardo la panchina, vedo i suoi occhi [di Martinelli] e capisco che è pronto”, ha dichiarato Arteta nel post-partita, confermando l’importanza dei cambi. Henry ha pienamente condiviso questa visione. “Al momento, direi che nessuno ha una squadra profonda come l’Arsenal in termini di qualità”, ha dichiarato il francese durante il suo intervento per CBS Sports. “Alcune squadre possono competere con l’undici titolare, ma se si guarda alla rosa nel suo complesso, è come se avessero due squadre. Se pensi a chi era in panchina stasera, e mancavano ancora giocatori come Ødegaard, Havertz, Saka, Gabriel Jesus… è chiaro che la squadra è attrezzata per competere su tutti i fronti”.
Tuttavia, questa abbondanza porta con sé una pressione inedita. “Ora, siamo onesti”, ha aggiunto Henry, “quest’anno vincere qualcosa è un obbligo. È un dovere. Non ci si può più nascondere”. Ha poi concluso: “Devi vincere un trofeo. Arrivare secondi, come fatto di recente, è un ottimo risultato, ma non ti dà un titolo. A un certo punto, devi concretizzare il buon lavoro che stai facendo”.