Un club che non ha bisogno di presentazioni, un derby che è la storia del calcio non solo brasiliano, uno stadio che è sinonimo di leggenda e una maglietta che è la stessa da più di un secolo ma che non stanca mai. Il Fluminense, il Fla-Flu, il Maracanà e il tricol: quattro parole che sono la storia del futebol brasileiro. Trentuno volte campione carioca, quattro volte campione del Brasile e una serie di campioni lanciati e accolti tra le mura della cattedrale del calcio verdeoro: Didi, Marcelo, Thiago Silva, Deco, Rivelino, Ronaldinho e Deco sono solo alcuni dei protagonisti della storia verde, bianco e granata.
Tuttavia, il calcio è una macchina spietata, un vorace mostro che se ne infischia del passato e richiede sempre nuovo talento, nuovi giocatori e, potenzialmente, nuovi campioni, specialmente nel mercato brasiliano, impossibilitato a competere con la forza delle potenze europee. Allora, diventa necessario costruire sui giovani per riportare nella parte tricolore del Maracanà un titolo carioca e brasiliano che manca ormai dal 2012.
Da qui nasce la generazione di fenomeni del Fluminense, capaci di portare a casa il titolo brasiliano under 17 nel 2020 (in una finale che rimarrà famosa per lo più per l’incredibile rissa con tanto di calcio volante al termine del match). Ma non solo: arrivati in prima squadra, quegli stessi giovani, guidati dalla leadership di grandi veterani, hanno riportato il Flu ai quarti di finale di Copa Libertadores, pronti per stupire il Sudamerica e tutto il mondo e pronti per attrarre gli occhi desiderosi dei top club europei. E dunque da qui, nasce la nostra necessità di sapere tutto, ma proprio tutto, sulla generazione dorata del Tricolor carioca.
Come gioca il Fluminense?
Per iniziare lo scouting di un giocatore è sempre fondamentale definire il contesto di riferimento. Il Fluminense è allenato da Roger Machado, un ex difensore 46enne divenuto celebre in patria con la maglia del Gremio, che ha poi allenato assieme ad altre squadre di rilievo nel panorama verdeoro, come il Palmeiras, l’Atletico Mineiro e il Bahia.
Da quest’anno è alla guida del Flu dove ha instaurato un 4-2-3-1 molto più difensivista di quello che i semplici numeri potrebbero indicare. Nell’ultimo anno, tra Brasilerao e Libertadores, ha concesso in media il 53% di possesso palla ai propri avversari, dato già di per sé significativo ma che diventa ancora più esplicativo se si va a considerare gli ultimi scontri con Cerro Porteno e Flamengo, in cui ha concesso rispettivamente il 64% e il 61% nel doppio confronto con i paraguayani e il 65% nell’ultimo Fla-Flu.
A riconferma dell’indole conservativa adottata da Machado, si possono citare i dati medi del PPDA, pari a 12.47, un dato alto nel frenetico calcio brasiliano, e dei tiri, appena 10.31 a partita per una squadra che schiera quattro giocatori offensivi.
Un atteggiamento che premia sicuramente la valutazione dei giocatori difensivi ma che rende più complesso giudicare i talenti dell’attacco, reparto in cui si concentrano gran parte dei prospetti più interessanti del tricolor. Se a questo aggiungiamo che il gioco offensivo si basa molto sull’estro dei vecchietti Fred, l’attaccante del Mineirazo ormai 38enne, e Nenè, 40enne con un buon passato nel PSG di Ibrahimovic, allora si completa un quadro in cui la valutazione della continuità dei giocatori avanzati non è di certo premiata. Detto questo, analizziamo uno per uno i talenti.
I talenti in orbita Manchester City
Kayky da Silva Chagas
Ala destra (11/06/2003)
Kayky è il talento più famoso della nidiata tricolor perché il suo trasferimento al Manchester City di Pep Guardiola ha già una data e una cifra. Il primo gennaio 2022 il diciottenne di Rio volerà in Inghilterra per 10 milioni e lo farà più o meno per questa ragione qua:
Si parla di un’ala, prevalentemente destra ma che può giocare anche a sinistra, di 1.75×70 kg circa, che riassume in sé stesso la straordinaria tradizione dei funamboli brasiliani.
Kayky è un dribblomane semplicemente fuori scala, anche nella terra del futebol bailado, che per Wyscout tenta 7.35 dribbling per 90 minuti, li realizza nel 50.4% dei casi ma da quella sensazione di assoluta calamità infermabile che è ristretta a pochi giocatori nel mondo e che va ben al di là di qualsiasi numero già di per sé positivo.
La caratteristica che rende Kayky così devastante è la capacità di dribblare in qualsiasi direzione in ogni istante, grazie ad una conduzione di palla senza senso dovuta all’altissima frequenza, un’esplosività impareggiata e una creatività eccezionale nel trovare lo spazio dove colpire, proprietà che non permettono all’avversario diretto di effettuare un qualsiasi tipo di lettura.
Nel football americano, questo tipo di agilità e repentinità nei cambi di direzione porta al soprannome di human joystick e il classe 2003 ricorda proprio un giocatore da videogioco, illeggibile nei movimenti fino all’ultimo istante.
Naturalmente c’è però un ma ed è quello stesso ma che accompagna tutti i funamboli del dribbling: l’esagerazione. Kayky ha nel DNA quella caratteristica tutta brasiliana della ricerca della giocata entusiasmante anche quando potrebbe concludere in maniera molto più efficace con un pallone semplice.
Troppo spesso parte nelle sue serpentine solitarie senza una reale idea di cosa fare e ancor più spesso cede all’istinto di fare quel tocco in più lui stesso invece di tirare o cedere ai propri compagni.
Tuttavia, anche qui ci sono buone notizie. Questa tendenza non è dettata da una scarsa visione di gioco o un’insicurezza tecnica nel fondamentale del passaggio ma è proprio un istinto irrefrenabile su cui un maestro come Pep dovrà necessariamente lavorare. Infatti, non sono rari i casi in cui mette in atto visioni da 10 puro, con palloni millimetrici nello spazio.
Kayky non solo ha il potenziale per essere un dribblatore d’élite ma anche un playmaker di alto livello, specialmente dovesse imparare a sfruttare la sua agilità per muovere le difese e creare linee di passaggio, anche nello spazio dove l’alta velocità di base lo premia.
Inoltre, ha mostrato buone capacità di conclusione nei pressi della porta, mantenendo la freddezza e la calma (a volte risultando anche superficiale), oltre che una buona tendenza a chiudere i movimenti in taglio dall’esterno sul secondo palo, elemento fondamentale per un esterno moderno.
In stagione, è solo a quota 3 gol e 2 assist ma bisogna considerare anche il sistema di gioco di Machado e la tendenza negli ultimi tempi a farlo giocare meno, riservandogli poche manciate di minuti magari per preservarlo in vista del trasferimento invernale.
In ogni caso, parliamo di un prospetto di alto livello, che potrebbe essere sgrezzato da Pep per ottenere un giocatore alla Sterling ma con più visione di gioco, sempre che sia in grado di mettere da parte, senza snaturarsi, un po’ della sua brasilianità.
Metinho
Centrocampista centrale (23/04/2003)
Abemly Meto Silu ha alle spalle una storia da film. Infatti, Metinho non nasce in Brasile ma a Matadi, nella Repubblica Democratica del Congo, da cui scappa con la sua famiglia all’età di un anno per fuggire alla violenza della guerra civile. La terra di emigrazione prescelta è il gigante verdeoro per la grande passione del padre per la Selecao e in particolare per Ronaldinho e Robinho, da cui deriva il soprannome Metinho.
Il giovane congolese inizia come molti nel futsal, attirando l’interesse dei grandi club di Rio, come il Vasco da Gama ma Meto ha in mente solo il tricolor. Qualche anno più tardi, diventa capitano del Flu under 17 vincitore del titolo, guadagna una convocazione nella Nazionale di Tite e attira gli sguardi degli scout di tutto il mondo per il mix di qualità fisiche e tecniche che a qualcuno ha ricordato Paul Pogba.
Chi è rimasto particolarmente colpito sono gli osservatori del Troyes, neopromosso in Ligue 1, che quest’estate hanno portato il ragazzo in Francia per 5 milioni, in sinergia con il Manchester City sotto l’occhio vigile di Pep, a riconferma del buon rapporto tra City e Flu che aveva condotto ad indiscrezioni di un possibile passaggio della squadra brasiliani nel gruppo dello sceicco.
Ma che giocatore è Metinho?
Il profilo fisico è la ragione perché il paragone con Pogba viene abbastanza naturale: parliamo di un giocatore di circa 1.85 (non è fornita la misura ufficiale ma guardate il confronto con Kayky), dotato di due leve lunghissime che sul campo gli permettono di dare la tipica sensazione della piovra in grado di raggiungere qualsiasi pallone, proprio come il francese.
Fisicamente, è un giocatore fuori scala rispetto ai pari età, sia a livello di forza che di allungo, sfruttando la falcata chilometrica.
Rispetto a Pogba, è sicuramente molto più centrocampista centrale e molto meno mezzala con propensione offensiva, anche se il transalpino è arrivato in Italia con un profilo più arretrato e simile al brasiliano. Con le giovanili del tricolor, Metinho aveva in mano le chiavi del centrocampo, fungendo da regista e da ponte tra difesa e la batteria di trequartisti del Flu.
La tendenza principale più interessante è la propensione al ribaltamento del gioco, fondamentale nel calcio di posizione moderno. I lanci sono precisi e tempestivi.
L’azione tipica in impostazione è la protezione fisica e tecnica (specialmente nello stretto) del pallone e la trasmissione immediata ai compagni, senza ricercare soluzioni geniali o rischiose, ma dando ritmo con letture corrette e precise. È un aspetto di maturità nella comprensione del gioco molto interessante per un ragazzo così giovane.
Ma attenzione, non parliamo un giocatore che cerca il compitino o senza visione.
Veniamo ai lati negativi. Innanzitutto, Metinho sembra avere due marce al momento: o mette la quarta, o mette la prima. Quando è attivo copre il campo con una facilità imbarazzante, ma quando non è al massimo gioca sotto ritmo, resta troppo passivo e rischia di farsi trovare impreparato nel posizionamento sull’evoluzione dell’azione.
Spesso rimedia ai propri errori grazie al fisico ma per essere un giocatore di alto livello in Europa dovrà imparare a inserire una terza marcia, che gli permetta di rimanere connesso per tutto il corso del match.
In secondo luogo, c’è la questione esperienza. Con la squadra senior, ha giocato in totale 24 minuti in Copa do Brasil ed essere lanciato direttamente nel calcio europeo senza esperienza pro potrebbe essere un ostacolo non da poco per il giovane brasiliano. Sarà dunque fondamentale il lavoro iniziale dello staff del Troyes, per sviluppare un giocatore che comunque ha mostro i crismi del leader da capitano della selezione giovanile.
I prospetti da Serie A
Lucas Felipe Calegari
Terzino destro (27/02/2002)
Il primo prospetto recentemente accostato ai club italiani è Calegari, terzino destro classe 2002 ma già punto di riferimento della fascia del Flu, dopo aver esordito ad agosto del 2020.
Il suo nome è comparso per la prima volta sui giornali e siti italiani lo scorso aprile, quando è stato accostato alla Fiorentina di Commisso con una quotazione intorno ai cinque milioni di euro.
Più di recente è stato avvicinato anche all’Udinese e rappresenta un’opzione molto interessante per le squadre italiane, oltre che per l’età, per la possibilità di ottenere il passaporto italiano che permetterebbe di aggirare l’ostacolo degli slot per extracomunitari.
Calegari è un terzino bilanciato, che non spicca per una qualità tecnica fuori dal comune ma a cui piace spingersi avanti e sovrapporsi all’esterno di fascia, specialmente Kayky visto la tendenza ad accentrarsi dell’ala mancina. Le sue caratteristiche offensive migliori sono la lettura dei tempi e gli spazi di inserimento e la gamba, anche se lo stile attendista del Fluminense ne limita le discese.
Non parliamo comunque di un giocatore particolarmente incisivo nella trequarti offensiva (meno di due cross per 90 minuti) e in impostazione (appena 33 passaggi per 90 minuti), sia per l’idea di gioco di squadra sia per la sensibilità tecnica non elevata. Tuttavia, se ha a disposizione il tempo per ragionare e calibrare, ha un buon piede per mettere palloni tagliati al centro.
Sicuramente risulta più utile nelle azioni di uscita, specialmente palla al piede grazie ad una grande forza nelle gambe e una buona capacità di conduzione. È tipico vederlo uscire dalla pressione avversaria proteggendo con il corpo, facendo perno grazie al baricentro basso e ripartendo con esplosività. Tuttavia, per farsi un’idea del potenziale offensivo di Calegari bisognerà vederlo con un’altra casacca, magari europea.
Dove il profilo del brasiliano diventa più interessante è sul lato difensivo. Calegari è un giocatore con grande tempismo sull’intervento, molto solido fisicamente e veramente difficile da superare. Per Wyscout, vince il 66.3% dei suoi duelli difensivi e il 46.5% dei duelli su palla contesa, numeri che lo pongono sullo stesso livello di terzini top in fase difensiva come Azpilicueta (66.8%, 50.7%), Lucas Hernandez (66%, 52%) o Kyle Walker (63.7%, 42.8%).
Tuttavia, la caratteristica più interessante è la capacità di lettura delle situazioni e dei movimenti, che gli permettono di essere molto spesso nella posizione corretta, sia sul lato forte che in diagonale a proteggere il lato debole.
Veniamo ai lati negativi. Innanzitutto, il brasiliano è sì forte fisicamente ma è un po’ sottodimensionato per un terzino la cui migliore qualità sembra essere la fase difensiva e che dunque potrebbe trovare minuti da braccetto nelle difese a tre ibride europee.
Parliamo di un giocatore tra 1.70 e 1.75 x circa 70 chili e per quanto le diagonali possano essere ben fatte, il rischio di essere sovrastato sul secondo palo esiste. Inoltre, cosa perdonabile per un giocatore così giovane, a volte pecca di passività e disattenzioni, mancando letture molto più semplici di quelle che esegue normalmente.
Luiz Henrique André Rosa da Silva
Ala (02/01/2001)
Luiz Henrique è un’ala che gioca indifferentemente a destra e a sinistra, dotato di un fisico ben oltre il metro e ottanta con due leve lunghissime che gli permettono di raggiungere velocità elevatissime in poco tempo sfruttando l’ampia falcata.
A queste qualità fisica abbina il tipico trattamento brasiliano del pallone, soprattutto nello stretto che gli permette di uscire da situazioni complicate e ripartire nello spazio. Interessante come Machado lo sfrutti spesso per pulire palloni spalle alla porta da centravanti, sfruttando fisico e tecnica.
Quando combina le due cose può essere devastante, soprattutto se rifornito in movimento nello spazio. Inoltre, mostra anche buoni flash come passatore cercando l’assist o il cambio di gioco.
Va però chiarito un punto. Nonostante sia il giocatore più vecchio di questo articolo (20 anni comunque), è probabilmente il più grezzo.
Le sue giocate sono in gran parte dovute all’istinto, c’è molto poco di ragionato e quando viene messo in situazioni statiche in cui deve fermarsi a pensare la giocata va spesso nel pallone, perdendo il controllo del pallone o sparacchiandolo a caso verso un compagno non ben precisato.
Inoltre, quando gioca sotto ritmo cade in banali errori di distrazione che non rendono onore alle sue qualità tecniche.
Questa sua incapacità di riflettere e prendere la decisione con calma si traduce in zona gol dove non è freddissimo né in conclusione né in assistenza.
Insomma, Luiz Henrique rientra nella più classica definizione di diamante grezzo, che tra cinque anni potrebbe essere un grande giocatore in Europa oppure essere tornato in Brasile senza grandi chance sui palcoscenici continentali.
Il profilo fisico-tecnico è veramente ottimo ma chiunque lo acquisterà, si parlava di Sampdoria, dovrà compiere un grande lavoro sul suo decision making. Se ci riuscirà, otterrà grandi soddisfazioni per un costo contenuto.
Il prospetto da Premier League
Matheus Martinelli Lima
Centrocampista (05/10/2001)
Martinelli è un tuttofare del centrocampo. Nel Flu, ha compiti di impostazione, compiti di copertura e compiti di pressione, che lo costringono a spaziare su tutta la fascia centrale del campo, come mostra la sua heatmap:
Il problema è che, nonostante i tifosi tricolor lo abbiano soprannominato Xavinelli di rimando all’ex centrocampista del Barcellona, almeno per il momento Martinelli non mostra una vera skill in cui eccelle. Fa tutto ma senza particolari picchi. Ha un buon lancio lungo, che gli permette di cambiare il gioco sul lato debole.
Inoltre, è dotato di buona gamba e in transizione può rompere le linee e verticalizzare con qualità nello spazio.
Tuttavia, non ha una buona capacità di gestire palla sotto pressione, dovuta ha una tecnica poco più che mediocre e un’andatura confusionaria e poco elegante. Se viene pressato tende ad allungarsi palla per evitare il primo uomo senza badare a possibili altri difensori oppure si libera della palla senza aver linee di passaggio pulite.
Dal punto di vista difensivo, corre molto, ha un buon fisico per reggere i duelli e cerca di coprire eventuali buchi, ma lo fa con un po’ troppa confusione, concentrandosi troppo sul pallone, uscendo in pressing con tempi da rivedere e perdendosi letture semplici, che un centrocampista centrale europeo non può permettersi di sbagliare.
A volte, intercetta dei bei palloni che danno via alle ripartenze del Flu ma le sue sembrano essere scommesse più che letture. Inoltre, a volte prende angoli di pressione inspiegabili che permettono al difensore di circumnavigarlo come fosse un ostacolo fermo.
Altro difetto difensivo è la tendenza ad essere un po’ passivo nei confronti dell’avversario diretto, concedendo tiri e cross comodi e decisamente evitabili.
Per lui si era parlato di Arsenal e Manchester United, ma probabilmente Martinelli avrebbe bisogno di un mentore che possa dedicarsi alla sua crescita, sfruttando le sue tendenze tuttocampiste ma incanalandole nella disciplina tecnica e tattica necessaria nel calcio europeo.
La situazione ideale per lui sarebbe un percorso alla Jorginho, con cui condivide il doppio passaporto italo brasiliano, mentre se dovesse essere lanciato direttamente in campo, nonostante sia il giocatore pro con più esperienza tra i prospetti del Flu, potrebbe risultare troppo acerbo e confusionario.
Il nuovo che avanza
La generazione d’oro del tricolor non si ferma solo ai giocatori su cui girano già le voci di interessamenti europei ma c’è una batteria di ragazzi su cui l’occhio potrebbe cadere nelle prossime stagioni.
È il caso ad esempio di Gabriel Texeira, estroso esterno sinistro classe 2001 che ha scalato le gerarchie di Machado dal momento della notizia della partenza di Kayky e che ha già regalato perle di discreto livello
Ma anche di giocatori come Andrè, Miguel, John Kennedy, Joao Neto e tutti i protagonisti della cavalcata del titolo nel Brasilerao sub 17. A due di loro saranno dedicati gli ultimi due capitoletti di questo viaggio alla scoperta dei giovani del Fluminense.
Matheus Martins Silva Dos Santos
Ala sinistra (16/09/2003)
Il primo è Matheus Martins, ala sinistra classe 2003 e numero 10 di quella squadra, è un giocatore splendidamente brasiliano nella sua irriverenza che spesso confina con l’arroganza e che gli permette di fare giocate così:
Ma, quando cade nella sufficienza, anche giocate così:
Come Kayky, anche Martins è un amante del dribbling, anche se molto più tecnico e meno esplosivo. Rispetto al futuro giocatore del City, ama molto di più entrare verso il centro del campo, sfruttando la tecnica di base per pulire palloni, per aprire il gioco o per cercare la conclusione.
In questo senso, la sua carriera prenderà la via del regista offensivo, dell’ala trequartista (un giocatore alla Insigne per intendersi), che va a ricevere nel mezzospazio per rifinire o concludere e che scende verso il centrocampo e la difesa per dare via alle trame di gioco, grazie anche a delle ottime doti di visione e ad un certo gusto per il passaggio vincente.
Tuttavia, non dobbiamo pensare al classico dieci brasiliano che gioca da fermo affidandosi alla grande tecnica. Matheus Martins ha una gran gamba, gli piace attaccare la profondità e andare anche sul fondo, dove mostra una buona sensibilità anche con il piede debole.
Non solo, perché il brasiliano è un’ala con gli istinti della punta, uno che sa tagliare dietro la difesa, come aggredire il secondo palo, sfruttando la velocità di base e un’ottima coordinazione in zona gol, nonché una freddezza in alcuni casi glaciale.
Naturalmente, da buon brasiliano, i difetti più grandi sono legati ai pregi. Oltre alla già citata sufficienza, Martins esagera nel dribbling, lasciandosi andare a giocate rischiose e inutili in zone nevralgiche del campo, anche considerando che non è un dribblatore fulmineo e imprevedibile alla Kayky e giocatori più esperti potrebbero limitare i suoi 1vs1.
L’overreaction
Arthur Wenderroscky Sanches
Trequartista (24/02/2005)
Passiamo all’ultimo prospetto, il più giovane e quello per cui nutro il sentimento più irrazionale. Facciamo un disclaimer: l’analisi di Arthur Wenderroscky sarà un overreaction, avendolo visto giocare in una sola partita completa, nelle azioni del Brasile under 15 e in qualche highlight, materiale insufficiente per fornire un vero giudizio completo.
Tuttavia, devo ammettere di esser rimasto stregato, specialmente nella finale del Brasilerao sub 17, dove è sembrato il migliore in campo nonostante fosse due anni sotto età.
Arthur è uno di quei trequartisti la cui tecnica deliziosa fa sembrare che ogni tocco e ogni calcio sia telecomandato. Mancino di 1.70 circa (possibilmente in crescita visti i 16 anni), il brasiliano ha come skill principale il passaggio, che gli permette di far giungere il pallone da un punto A ad un punto B con una facilità imbarazzante
Al contempo, ha un tocco di palla ipnotico, sempre sotto controllo, che gli permette di tenere palla sotto pressione e dribblare per verticalizzare sfruttando la tecnica, la rapidità e la visione.
Inoltre, è un giocatore a cui comunque piace attaccare la porta e raggiungere la zona gol, come dimostrano gli 81 gol nelle 99 presenze con le under del Flu.
Infine, nonostante l’altezza e i due anni in meno rispetto a compagni e avversari, nella finale del Brasilerao sub 17 è sembrato un giocatore fisicamente tosto, predisposto a impegnarsi anche in difesa e a combattere nei duelli corpo a corpo.
Questo aspetto potrebbe aprire una sfera di opportunità nella definizione del suo ruolo futuro, che potrebbe andare dalla seconda punta all’ala, dal trequartista alla mezzala offensiva.
Se l’impressione è giusta, e con un ragazzo così giovane c’è sempre il rischio del buco nell’acqua, questo ragazzo potrebbe essere il migliore di tutta la nidiata e potenzialmente il futuro della Selecao.