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Arthur Melo è un nuovo calciatore della Fiorentina. Il brasiliano è stato accolto con un alone di scetticismo, nonostante un curriculum di livello assoluto e il bisogno, più volte esplicitato, di un regista per la squadra viola.
Ha solo 27 anni, ma ha già vestito in carriera le maglie di Gremio, Barcellona, Juventus e la nazionale brasiliana, condividendo lo spogliatoio con calciatori come Messi, Ronaldo e Neymar, fra gli altri. Nel suo palmares ci sono, tra i tanti trofei, una Coppa Libertadores, una Coppa America e una Liga vinti da protagonista, prima che la sua carriera prendesse una traiettoria di lento, ma costante, declino.
La mossa di questa estate potrebbe essere esattamente quello che gli serve per rilanciarsi, o la rinuncia definitiva a giocarsi un posto da titolare in una squadra che lotta per vincere ai più alti livelli del calcio mondiale.
Oggi cercheremo di ripercorrere la sua carriera, ricordando il suo periodo d’oro al Barcellona, cercheremo di capire cosa sia andato storto con la Juve e proveremo a capire in che modo potrebbe aiutare la Fiorentina ad alzare il livello rispetto la scorsa stagione, chiusa con alti e bassi.
Lo stile di gioco voluto da Italiano e la presenza in mezzo al campo di Amrabat sono fattori che potrebbero aiutare Arthur ad esprimersi al meglio, ma le cose che possono andare storte sono tante.
Che tipo di giocatore era Arthur?
Partiamo con un assunto: se Messi dice, pubblicamente, che qualcuno gli ricorda Xavi, significa quel qualcuno ha qualcosa di speciale.
In Italia lo abbiamo subito considerato come regista basso, non a torto, ma il ruolo che ha dimostrato essere perfetto per lui è quello più caratteristico della squadra blaugrana: “interior de posesión”, la mezzala di possesso.
Una posizione comunque di impostazione, ma partendo decentrato sulla sinistra, scaricando parte delle responsabilità difensive sul vertice basso del triangolo di centrocampo, Busquets nel caso del Barça di quegli anni. In nazionale era molto più libero di muoversi per il campo, ma aveva comunque le spalle coperte da un mediano come Casemiro.
In fase di possesso, la sua qualità che spicca di più è il modo in cui difende la palla. In questo fondamentale lo possiamo paragonare a giocatori come Verratti o Lobotka, centrocampisti brevilinei, ma col baricentro basso e molta forza nelle gambe, capaci di sterzare e ruotare su se stessi con grande facilità, resistendo alla pressione avversaria.
Magari il paragone con Xavi è un po’ esagerato, ma Arthur ha un’ottima visione di gioco e una capacità di combinarsi nello stretto con i compagni decisamente sopra la media. In ogni campionato in cui ha giocato più di 1000 minuti è sempre stato fra i top 3 centrocampisti con la percentuale di passaggi riusciti più alta e nella top 5 per numero di passaggi completati.
Come i colleghi sopra citati, non è mai stato il genere di giocatore da grandi inserimenti o grandi numeri in termini di gol e assist. Certamente non è un giocatore da inserimenti in area o da tiri da fuori.
Generalmente, durante le azioni di attacco del Barcellona, il suo ruolo era quello di rimanere sulla trequarti per poter offrire una linea di passaggio arretrata, nel caso in cui non si riuscisse a sfondare.
Ovviamente non è mai stato tutto rose e fiori, perché un motivo c’era se ha dato il meglio di sé sempre quando aveva le spalle coperte. I suoi numeri difensivi sono sempre sotto la media dei colleghi di reparto: intercetti, blocchi, contrasti e ogni altra statistica difensiva. Non è mai stato un giocatore intenso senza palla e i suoi limiti fisici alla lunga si sono sempre fatti sentire.
Il declino
Avendo capito che tipo di giocatore fosse, non era difficile immaginare che la Juve non fosse proprio l’ambiente in cui si potesse esprimere al meglio.
Lo scambio con Pjanic (di cui non discuteremo le cifre) era stato ideato per un progetto che prevedeva ancora Maurizio Sarri come allenatore. Un contesto tattico preciso, basato sul possesso e sulla circolazione veloce del pallone, in cui mancava proprio un giocatore con quelle caratteristiche.
Poi Sarri è stato esonerato, Pirlo ha preso in mano la squadra e il contesto tattico è diventato molto più confuso. Chiariamo: non vogliamo dare colpe all’attuale allenatore della Sampdoria, ma quella stagione la Juve cambiò effettivamente sistema di gioco ed interpreti diverse volte, risultando spesso leggermente confusa.
Arthur doveva essere il faro di un centrocampo incompleto. Gli furono date tante responsabilità, sicuramente più di quante riuscisse a reggere, non tenendo conto anche della sua tenuta fisica. Semplicemente non era il giocatore che tutti si aspettavano.
Anche nel suo periodo migliore al Barcellona, ha sempre giocato meno di quanto ci aspettasse, in termini di minutaggio. Spesso i talenti ultra-tecnici brasiliani hanno bisogno di una stagione o due di rodaggio, per abituarsi ai ritmi e all’intensità del calcio europeo, per l’ex-Gremio non fu così.
Essendo già pronto dal punto di vista tecnico, riuscendo a mostrare i suoi punti di forza già dalle prime partite giocate con i ritmi che gli imponeva La Liga, è stato subito lanciato nella mischia da Valverde, ma si è capito molto presto che fisicamente fosse rimasto un passo indietro. Spesso era il primo ad essere sostituito, quando non era fermo in infermeria.
Arthur, tra infortuni e partite in cui va preservato, semplicemente non li regge 2000 minuti in stagione. Al momento nulla ci fa pensare che possa essere un giocatore su cui costruire un progetto, perché va messo in conto che non ci sarà per la gran parte del tempo.
Lo hanno capito alla Juve, dove è stato messo subito alla porta dopo la prima stagione con Allegri, ma lo hanno capito soprattutto al Liverpool, dove ha svolto la sua ultima, “tragica” stagione.
13 minuti
E arriviamo al punto più basso del viaggio. Dopo essere diventato un esubero con un ingaggio pesante alla Juve, Arthur ha tentato di rilanciarsi con un prestito annuale al Liverpool.
La squadra di Klopp si trovava in una situazione di emergenza dovuta alle tante assenze a centrocampo e ha richiesto il giocatore all’ultima giornata di mercato, più per necessità che per convinzione nelle sue doti.
Arthur sembrava rinato il giorno della presentazione con la nuova maglia. Aveva affermato che uno dei fattori decisivi è stata la possibilità di poter sentire l’atmosfera di Anfield quando i Reds giocano in casa, ma è un’emozione che ha provato soltanto due volte. Dalla panchina.
È difficile spiegare come siano andate così tanto storte le cose, ma quando serviva una mano alla squadra lui era infortunato e quando non lo era semplicemente Klopp non lo faceva giocare. È gradualmente scivolato nelle gerarchie anche delle riserve, vedendo ragazzi del settore giovanile che gli venivano preferiti.
Alla fine della stagione si contano solo 7 convocazioni in campionato e 2 in Champions, scendendo in campo soltanto una volta, nel finale della dolorosa trasferta al Maradona di Napoli.
Totale minuti giocati in stagione: 13.
La cosa più crudele di tutto ciò è stata la sua scelta nel numero di maglia, il 29, che portava da giovanissimo al Gremio e considerato “fortunato”.
Già durante quest’anno ha iniziato a capire di dover fare dei passi indietro prima di ricominciare ad esprimersi ad alti livelli, scendendo di categoria per giocare tre partite con la formazione primavera e riattivarsi, ma è servito a poco. Alla fine, Klopp lo ha semplicemente snobbato e rispedito a Torino, dove hanno dovuto cercargli una nuova sistemazione.
A Firenze
Questo movimento di mercato per la Viola non è solo funzionale, ma in un certo senso è anche uno statement. La Fiorentina è una delle pochissime squadre di metà classifica che ha come obiettivo quello di crescere.
Lo ha dimostrato l’anno scorso, puntando forte sulle coppe, con l’ambizione di tornare a vincere un trofeo, ma anche con l’acquisto di Luka Jovic, che non ha funzionato al 100%, ma ha dimostrato che Comisso è pronto a giocarsi le sue carte sul tavolo dei top team europei.
Nella stagione appena passata Italiano ha dovuto cambiare sistema e passare ad un centrocampo a due, proprio per coprire l’assenza di un regista. Seppur si tratti di una squadra che vuole tenere il pallone, ha avuto molte difficoltà nel costruire gioco a centrocampo, dovendosi affidare ai giocatori sulle fasce per portare palla in avanti e creare occasioni pericolose. Abbiamo tutti presente quanto fossero importanti i cross di Biraghi.
Mandragora ha performato leggermente sotto le (già non altissime) aspettative. Amrabat non è il giocatore adatto a far partire la manovra, ma abbiamo tutti ancora negli occhi le sue prestazioni durante il Mondiale, quando giocava come mediano di rottura davanti alla difesa. Probabilmente la chiave per un inserimento funzionale di Arthur in questa squadra è proprio la presenza del marocchino, costantemente al centro di voci di mercato.
Il brasiliano ha bisogno di qualcuno che faccia la fase difensiva per lui, concentrandosi solo su quello che gli riesce meglio: recuperare palloni. Questo sembra il giusto incastro con cui si potrebbe ricreare l’atmosfera del 2018/19, quando il mondo pensava di aver trovato il nuovo Xavi, ma il calcio non è una scienza esatta e dobbiamo ancora capire quali cicatrici abbiano lasciato le ultime stagioni su Arthur.
In attesa di capire chi giocherà davanti, Italiano dovrà decidere se tornare ad un centrocampo a 3, arretrando Bonaventura come mezzala, o fidarsi del nuovo acquisto in un centrocampo a due, come fatto durante l’amichevole giocata con il Catanzaro al Viola Park, sperando che abbia migliorato il suo modo di difendere sotto Allegri e Klopp.
Nella prima uscita con i nuovi compagni abbiamo visto tutto ciò che c’era da aspettarsi: pochi rischi presi, ma praticamente nessun errore nel gestire il pallone. Sono incoraggianti gli accenni di partecipazione al pressing della squadra e l’atteggiamento con i compagni, a cui spesso si avvicinava per dare indicazioni, ma attendiamo le prossime amichevoli per dei test più probanti.
In conclusione
Molto del giudizio su questa mossa lo fanno le cifre. La Fiorentina non ha quasi nulla da perdere in questo affare, l’ingaggio per quest’anno è ancora pagato al 100% dalla Juventus e non ci sono obblighi sul riscatto. Nel caso in cui le cose andranno completamente storte, sarà un Liverpool-bis per il centrocampista, che tornerà ad essere un problema dei bianconeri l’anno prossimo. Alla Viola l’unico ipotetico rimpianto di non aver scelto un’alternativa low-cost da un campionato minore.
Sicuramente Arthur non ha ancora l’età per essere bollato come giocatore finito e Firenze gli ha offerto un ambiente con il giusto livello di pressione per motivarlo e farlo sentire ancora importante, nello spogliatoio prima che in campo.
Italiano nel frattempo ha accettato la scommessa, sapendo di poter costruire un contesto tattico che possa aiutarlo ad esprimersi ad un buon livello, ma con la consapevolezza che sarà una sfida per nulla facile riportarlo ai livelli eccellenti che prometteva ad inizio carriera.