La Red Bull, da semplice azienda accostata alla bibita che mette le ali, è diventata un conglomerato operante anche in ambito sportivo. In questo articolo andiamo ad analizzare come e quando tutto è iniziato e soprattutto quali sono il modus operandi e le basi solide su cui poggia questo modello che è entrato a pieno titolo a far parte del calcio che conta in Europa tramite i club Lipsia e Salisburgo, inseriti però all’interno di un sistema che via via sta diventando sempre più complesso.
Il modello Red Bull
Prendendo due nomi a caso ma non troppo, cos’hanno in comune Erling Haaland e Dayot Upamecano? Sono due calciatori di altissimo profilo, vero, ma ciò che li accomuna è essere stati parte integrante del “modello Red Bull” e, come loro, anche molti altri calciatori e allenatori.
Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire come nasce questo sistema e dove poggiano le sue fondamenta.
La Red Bull è una delle bevande più conosciute al mondo, ma l’azienda non è rimasta confinata in questa industria, bensì ha cercato di espandersi, facendo breccia nel mondo dello sport, dalla Formula 1 al calcio.
L’approdo nel calcio
L’approdo nel mondo del calcio è avvenuto ormai più di un decennio fa, durante un processo di internazionalizzazione che ha portato la Red Bull ad acquistare squadre in giro per il mondo, dal Brasile, al Ghana, alla MLS, al campionato austriaco. Era una chiara operazione di marketing, specie per quanto riguarda quei mercati dall’infinito potenziale come gli Stati Uniti.
È proprio nella New York Red Bulls, infatti, che Thierry Henry ha chiuso la propria carriera da calciatore ad esempio.
Il Red Bull Salisburgo
L’arrivo nel campionato austriaco, invece, si rivelerà molto più di una semplice campagna promozionale del brand. Nel 2005, la Red Bull rifonda l’Austria Salisburgo, cambiandone logo, nome, colori sociali, modus operandi e direzione della storia sportiva del club. Il progetto aveva un obiettivo cardine: raggiungere dei risultati sportivi di rilievo partendo da pilastri quali il player trading e il talent development. Nello specifico, la Red Bull dava priorità allo sviluppo di calciatori giovani e staff tecnici, nel contesto di centri sportivi all’avanguardia.
Questo concetto venne estremizzato ancor più nel 2012, con l’arrivo di Ralf Rangnick, con un ruolo di gestione del club, e Roger Smith prima, e Marco Rose poi, come allenatore. “Largo ai giovani” è il motto che può sintetizzare il nuovo corso del club: gioventù, qualità e pressing divennero presto i pilastri fondamentali del successo del club, che in pochi anni arriverà a vincere la Youth League nel 2017 e in semifinale di Europa League nel 2018.
È difficile però immaginare un modello di business di questa portata che trae beneficio sportivo quasi esclusivamente dai risultati del Salisburgo (considerando quelli non incoraggianti ottenuti in Ghana o Stati Uniti). Il tassello mancante è il Lipsia.
Il RB Lipsia
Nel 2016, proprio il Lipsia, costituito dalla Red Bull nel 2009, approda in Bundesliga, dando vita ad un tandem sportivo, operante con gli stessi principi, con gli stessi obiettivi e sotto la stessa guida. Da questo momento in poi, il Salisburgo diventerà il braccio destro del club tedesco.
Specificamente, il Salisburgo tutt’oggi fa leva su uno scouting di alto livello per scovare giovani talenti in giro per il mondo a prezzi contenuti. Haaland o Szoboszlai sono alcuni esempi che testimoniano la qualità dell’attività di scouting del club.
Questi calciatori entrano a tutti gli effetti nel mondo Red Bull sfruttandone le strutture e il know-how dello staff e verosimilmente entrano a far parte della prima squadra.
Da qui, alcuni vengono messi sul mercato per portare avanti la strategia di player trading e realizzare le tanto utili plusvalenze, altri vengono girati al Lipsia, come Upamecano o Sabitzer.
Lo stesso Lipsia, ovviamente, resta attivo sul mercato per valorizzare altri giovani, come successo con l’acquisto, tra i tanti, di Konaté nel 2017 e in parte per Schick nel 2019. Senza dimenticare Mané, Werner, Lainer tutti calciatori che ad un certo punto della loro carriera erano in orbita Red Bull.
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica ed anche un sistema del genere presenta delle criticità, alcune sormontabili, altre meno. La Red Bull, ad esempio, per regolamento del campionato tedesco non può inserire il proprio nome, in quanto brand, nel logo e nel nome ufficiale del club Lipsia. Da qui nasce l’abbreviazione RB alla quale è stato dato il significato di RasenBallsport (i.e.: gioco della palla sul prato) per eludere questa regola. Meno risolvibile è invece il rapporto con i tifosi dei club specifici o di calcio in generale.
Il modus operandi Red Bull
Il modus operandi della Red Bull, infatti, è parecchio invasivo per certi punti di vista, perché prevede l’acquisto di club che versano in condizioni negative (sul piano economico-finanziario o sportivo) e il totale restyling degli stessi, cancellando quindi anni di storia e tradizioni. In un periodo in cui spesso abbiamo sentito polemiche su temi quali “calcio del popolo”, “calcio dei poveri” o “calcio dei tifosi”, come durante la presentazione del progetto SuperLega, questa spaccatura tra business model della Red Bull e tifosi appare insanabile.
Degna di nota è la divisione interna creatasi tra i tifosi del Salisburgo: una folta frangia di storici sostenitori del club osteggiano il nuovo Salisburgo targato Red Bull, tanto da aver fondato un nuovo club con i vecchi colori sociali, bianco e viola, che la Red Bull aveva invece sostituito con bianco e rosso.
Molte volte sono i risultati ad indorare la pillola, ma in questo caso non sembrano essere mai abbastanza, nonostante gli stessi siano sotto gli occhi di tutti. Infatti, al momento questo modello risulta pressoché unico in giro per il mondo, e si sta rivelando fucina di talenti non solo tra i calciatori, ma anche per quanto riguarda gli staff tecnici. Basti pensare a Julian Nagelsmann, ex allenatore del Lipsia e attuale del Bayern Monaco, e Marco Rose, ex allenatore del Salisburgo e attuale allenatore del Borussia Dortmund.
Il RB Bragantino
E questo processo di “espansione” della Red Bull non sembra assolutamente volgere al termine: nel 2019 la Red Bull ha siglato un accordo con il Bragantino e in poco tempo sono stati raggiunti due risultati storici per il club: prima qualificazione in massima serie del campionato brasiliano nel 2020 e semifinale di Coppa Sudamericana nel 2021, con ancora la possibilità di agguantare la finale. La Red Bull pensa in grande e pensa di costruire anche un nuovo stadio per la squadra. Sarà l’inizio di un sodalizio a 3 con il Bragantino protagonista del modello al fianco di Salisburgo e Lipsia?
Modelli simili in Europa
Molto spesso sentiamo parlare di sistemi o modelli vincenti nel mondo del calcio, ma è complesso trovare esempi che possano ricalcare quanto fatto dalla Red Bull. Ad esempio, l’esaltazione del “sistema Atalanta” è giustamente all’ordine del giorno in questi anni di grandi traguardi raggiunti, ma resta abbastanza lontano da quanto costruito dalla Red Bull. In questo caso, parliamo quindi di sistemi diversi accomunati, però, sicuramente da un’attività eccelsa di scouting e player trading, basti pensare a Kessié o Kulusevski come talenti scovati e poi rivenduti alle big di serie A.
Manca completamente, però, tutto il comparto relativo ad una “squadra satellite” e alle strutture avanguardistiche. Un esempio forse più calzante, ma comunque non efficace in egual misura, è stato quello costruito dalla famiglia Pozzo che detiene la proprietà di Udinese in Serie A, Watford in Premier League e fino al 2016 del Granada. Anche qui, scoprire i talenti in giro per il mondo e rivenderli dopo averli valorizzati non è mai stato un problema: il gioiello De Paul, da poco ceduto all’Atletico Madrid per circa 40 milioni dopo aver incantato in serie A e in Copa America, è l’esempio più recente di ciò.
Ciò che è mancato però a questo apparato per avvicinarsi al modello Red Bull, finora, è un club che possa portare risultati di alto livello, dato che il Watford è altalenante in Premier, mentre l’Udinese è sempre stata in lotta salvezza negli ultimi anni.
Questo ci dà la misura di quanto il modello Red Bull sia difficilmente replicabile a pieno, perché i tasselli del puzzle da comporre sono tanti e, come al solito, conciliare idee vincenti con risultati vincenti non è scontato. Resta pur sempre complesso prevedere se il modello Red Bull, con i suoi principi, possa essere in grado di dare maggiore seguito con il Lipsia al piazzamento in semifinale di Champions League nel 2020 (dopo aver sfiorato la vittoria della Bundes), ma sembra abbastanza semplice pronosticare un predominio dei prodotti di questo sistema, sia in campo che in panchina con i giovani della “scuola tedesca” in rampa di lancio.
Allo stesso tempo, sarà interessante osservare l’evoluzione del panorama calcistico in attesa di nuovi trend e, perché no, di modelli alternativi e ancor più evoluti di quello messo in campo attualmente dalla Red Bull.