4 luglio 1954. Alle ore 17 a Berna si gioca la finale della quinta edizione della Coppa del Mondo. Tutto sembra apparecchiato per festeggiare l’Aranycsapat, ovvero la “Squadra d’oro” ungherese. Con in rosa campioni come Puskas, Kocsis, Czibor, Hidegkuti e Bozsik, l’Ungheria è stata fino a quel momento la miglior squadra del torneo. L’altra finalista, la Germania Ovest, sembra dover svolgere il ruolo di vittima sacrificale. Le due squadre, infatti, si erano già affrontate durante i gironi e l’Ungheria aveva prevalso con un netto 8-3. Gli ungheresi avevano inoltre battuto ai quarti il fortissimo Brasile e in semifinale i campioni in carica dell’Uruguay.
Nei primi 10 minuti tutto sembra andare come previsto. Al 6’ Puskas ribadisce in rete una conclusione di Hidegkuti ribattuta da un avversario, mentre due minuti dopo Czibor deposita in rete un pallone sfuggito dalle mani del portiere tedesco Turek. Non sembra esserci partita, e una goleada ungherese sembra essere all’orizzonte. Tuttavia i tedeschi sono famosi per la loro tenacia, e tra il 10’ e il 18’ riescono a pareggiare con le reti di Morlock e Rahn. Da quel momento la partita si trasforma in un assedio dei magiari, che colpiscono due legni e sbattono sul portiere tedesco Turek.
Quando ormai la partita sembra avviata ai tempi supplementari succede l’impensabile. Rahn si libera al limite dell’area e lascia partire un sinistro dal limite che batte Grocsis. Il pubblico incredulo assiste a quello che passerà alla storia come il “miracolo di Berna”: la Germania Ovest batte l’Ungheria 3-2. La partita lascerà uno strascico polemico che dura ancora oggi, con le presunte accuse di doping della squadra tedesca.
Soprattutto però la partita segna la fine della generazione d’oro ungherese. Due anni dopo il paese magiaro sarà infatti scosso dalla rivoluzione e dall’invasione delle truppe sovietiche per riportare l’ordine e insediare nuovamente al governo il Partito Comunista. La maggior parte dei campioni della Nazionale fu costretta ad abbandonare il paese magiaro, segnando la fine dell’Aranycsapat e il declino del calcio ungherese.
La sconfitta dell’Ungheria coincise con il debutto tra i professionisti di un giovane calciatore sovietico: Eduard Streltsov. Figlio di un soldato e ufficiale dei servizi segreti sovietici, Anatoly Streltsov, Eduard crebbe dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale solo con la madre Sofia, in quanto il padre al termine del conflitto decise di abbandonarli e stabilirsi definitivamente a Kiev. Con un’infanzia e un’adolescenza segnata da stenti e sofferenze, il giovane Eduard scopre di avere un feeling particolare con il pallone da calcio. Entra nella squadra dell’industria Fraser, dove lavora la mamma, e comincia a mettersi in mostra per la sua abilità nel trattare il pallone.
A soli 13 anni è il più giovane a debuttare con la squadra aziendale. Nel 1953 arriva la grande occasione: la squadra della Fraser organizza un’amichevole con le giovanili della Torpedo Mosca. Le qualità di Streltsov non passano inosservate, e il tecnico della Torpedo Vasily Provornov propone al giovane Eduard di entrare a far parte della squadra moscovita. Eduard all’inizio è titubante, in quanto il suo sogno è giocare per lo Spartak Mosca, la squadra di cui è grande tifoso. Tuttavia le pressioni della madre e del tecnico Provornov spingono il ragazzo ad accettare la Torpedo. Negli anni Eduard e Vasily diventeranno grandi amici, con il tecnico della Torpedo che non abbandonerà mai il suo pupillo nemmeno negli anni più difficili.
Streltsov si mette subito in mostra e a soli 16 anni fa già il debutto in prima squadra. Trova subito un’intesa particolare con un altro giovane talento presente in squadra: Valentin Ivanov. Dopo una prima stagione di rodaggio in cui segna 4 gol, Streltsov si fa conoscere da tutti nella stagione successiva, quando si laurea a soli 17 anni capocannoniere del campionato sovietico e guida la piccola Torpedo al quarto posto.
Le prestazioni di Streltsov convincono il tecnico della nazionale sovietica, Gavriil Kachalin, a convocare il giovane Eduard. Il debutto arriva il 26 giugno 1955 a Stoccolma in un’amichevole tra la Svezia e l’Unione Sovietica. Streltsov non ha ancora compiuto 18 anni, ma si lascia conoscere da tutti con una magnifica tripletta nel 6-0 che l’Unione Sovietica rifila a una Svezia priva di molte sue stelle.
In poco tempo Streltsov diventa un idolo, segnando una tripletta anche nella sua seconda apparizione con la maglia della nazionale sovietica in un’amichevole con l’India. Streltsov si conferma anche nella stagione successiva, dove segna 12 gol nel campionato sovietico e si guadagna la convocazione per i Giochi Olimpici del 1956 che si terranno in Australia. Il regolamento dell’epoca impediva ai calciatori professionisti di prendere parte ai Giochi, ma i paesi del blocco dell’Est riuscivano ad aggirare quest’ostacolo in quanto i calciatori della lega non erano ufficialmente professionisti ma dipendenti statali.
Lo scoppio della rivoluzione in Ungheria un mese prima dell’inizio dei Giochi priva il torneo della grande favorita, lasciando intendere ai sovietici che è la grande occasione per provare a vincere il primo titolo internazionale. Il tecnico Kachalin si affida alla giovane coppia della Torpedo Ivanov-Streltsov, lasciando nelle prime partite in panchina la stella dello Spartak Nikita Symonian. Il debutto della nazionale sovietica ai Giochi avviene il 24 novembre a Melbourne contro la rappresentativa Unificata Tedesca, che riunisce calciatori della Germania dell’Ovest e dell’Est. I sovietici vincono 2-1, con Streltsov che segna il gol del 2-0.
La partita successiva viene giocata il 29 novembre contro l’Indonesia, che a sorpresa riesce a bloccare i sovietici sullo 0-0. All’epoca non erano previsti i rigori, ma un replay del match due giorni dopo. Stavolta i sovietici vincono con un netto 4-0 e si guadagnano l’accesso alle semifinali. Il 5 dicembre i sovietici affrontano la pericolosa Bulgaria in semifinale. A metà ripresa si infortuna il difensore Nikolay Tyschenko, mentre nel finale è il compagno e amico di Streltsov Valentin Ivanov a subire un colpo alla spalla. All’epoca le sostituzioni non erano previste, quindi l’Unione Sovietica termina i 90 minuti regolamentari in 9. La partita è molto tesa e si chiude sullo 0-0.
Nei supplementari Ivanov prova a stringere i denti e rientra in campo con la spalla fasciata, ma il suo contributo è praticamente nullo. Dopo 5 minuti, i bulgari vanno in vantaggio con Kolev. Sembra finita per l’Unione Sovietica. Ribaltare il risultato con 9 uomini e mezzo in campo e con pochissime energie fisiche e mentali sembra un’impresa impossibile. Ma è proprio in quel momento che entra in gioco Streltsov. Al minuto 112 riesce a pareggiare dopo una straordinaria azione individuale, mentre 4 minuti dopo serve un assist d’oro a Tatushin che ribadisce in rete il 2-1.
L’Unione Sovietica è in finale, e si giocherà l’oro con la Jugoslavia, la stessa nazionale che 4 anni prima aveva battuto i sovietici agli ottavi a Tampere nella precedente edizione dei Giochi Olimpici. Tutti si aspettano Streltsov, che ormai in patria è considerato un eroe, ma a sorpresa viene tenuto fuori dalla finale. La motivazione ufficiale è che il tecnico della nazionale Kachalin preferisce schierare una coppia offensiva composta da calciatori che giocano nello stesso club. Essendo Ivanov infortunato, anche Streltsov viene tenuto fuori per far posto alla coppia dello Spartak formata da Symonian e Ilyin.
L’Unione Sovietica conquista l’oro battendo la Jugoslavia grazie a un gol di Ilyin, ma il suo eroe non riceve la medaglia. Le regole dell’epoca, infatti, prevedevano che a essere premiati fossero solo i calciatori scesi in campo nella finale. Al termine della partita Nikita Simonyan si avvicinò a Streltsov e gli offrì la propria medaglia d’oro, ma Eduard la rifiutò rispondendo che ne avrebbe vinte molte altre nella sua carriera.
Al rientro in patria Streltsov è ormai un vero e proprio divo. Molti genitori chiamano i figli Edik, il nomignolo con cui Streltsov è conosciuto da tutti. Streltsov mette in mostra tutte le sue qualità: potenza, agilità, dribbling, tiro da fuori. Il suo marchio di fabbrica, il colpo di tacco, diventa il “colpo di Streltsov”. L’entusiasmo della popolazione non è condiviso però dai vertici del PCUS, il partito comunista sovietico, che non amano particolarmente lo stile di vita di Streltsov e vedono addirittura in lui un pericolo.
In quegli anni, infatti, il partito comunista era alle prese con la fase passata alla storia con il termine di “destalinizzazione”, ossia la progressiva rimozione dall’immaginario collettivo, sia a livello politico che culturale, dell’uomo che aveva guidato l’Unione Sovietica per oltre 30 anni: Josif Stalin. L’immagine che i sovietici volevano diffondere tra il popolo era quello dell’”uomo nuovo”, completamente devoto alla causa della rivoluzione e impegnato a utilizzare le proprie energie più per il benessere della collettività che del proprio.
Streltsov contrastava nettamente con questa visione, in quanto era un ragazzo che amava frequentare i migliori locali di Mosca, bere vodka e accompagnarsi con ragazze diverse ogni sera. Soprattutto non aveva alcun interesse per la dottrina comunista, indossava abiti tipici della moda occidentale e portava i capelli secondo lo stile Teddy Boy, molto in voga in Gran Bretagna alla fine degli anni ’50.
Lo scontro con i vertici del Partito Comunista diventa ancora più duro quando Edik comincia a frequentare Svetlana Furceva, la figlia di Ekaterina Furceva, unica donna membro del Politburo. Ekaterina scopre che la figlia è infatuata di Streltsov, e durante un evento ufficiale al Cremlino chiede al calciatore di sposare la figlia. Streltsov rifiuta e sostiene di essere già innamorato di un’altra ragazza, anzi pare addirittura che in preda all’alcool abbia urlato a un compagno di squadra che “non avrebbe mai sposato quella scimmia” e che “avrebbe preferito essere impiccato piuttosto che sposarla”. In gran segreto e senza avvertire le autorità sovietiche Eduard sposa il 25 febbraio 1957 Alla Demenko, la ragazza di cui è innamorato.
In patria, infatti, iniziano a diffondersi voci strane, come quelle del suo interesse a trasferirsi all’estero in seguito a offerte da club francesi e svedesi dopo una tournee all’estero della Torpedo. La stampa sovietica lo dipinge come un antieroe, indicandolo come un “esempio delle fascinazioni diaboliche dell’imperialismo occidentale”. Streltsov non fa nulla per ricucire i rapporti con il partito, anzi rifiuta di trasferirsi al CSKA, la squadra dell’esercito, e alla Dinamo, la squadra del KGB, i famigerati servizi segreti sovietici.
Nel 1958 l’attenzione di Streltsov è tutta rivolta verso il Mondiale. A 21 anni non ancora compiuti Edik ha l’opportunità di consacrarsi definitivamente come uno dei migliori calciatori al mondo. Streltsov inizia la stagione alla grande, segnando 5 gol nelle prime 8 partite del campionato sovietico, e il tecnico Kachalin punta su di lui per provare a ripetere il successo ottenuto alle Olimpiadi.
Il 25 maggio, poco meno di 2 mesi prima dell’inizio della rassegna iridata, accade però l’impensabile. Streltsov viene invitato a una festa nella seconda casa di un ufficiale dell’esercito sovietico, Eduard Karakhanov. Pur essendo in ritiro con la squadra, Eduard si allontana senza permesso insieme ai compagni Ogonkov e Tatushin. Il giorno dopo la festa una giovane di 20 anni sostiene di essere stata violentata da Streltsov, che viene subito arrestato insieme ai due compagni di squadra presenti alla festa. Il giovane attaccante viene convinto a confessare il proprio reato dalla polizia sovietica, che gli promette in cambio la partecipazione alla Coppa del Mondo.
La confessione però serve solo a velocizzare il processo, in cui Streltsov viene condannato a 12 anni di reclusione in un Gulag, i famigerati campi di detenzione e lavoro presenti in Unione Sovietica, ed escluso a vita dal calcio professionistico.
A distanza di tanti anni la vicenda è ancora poco chiara. Sebbene al processo siano state mostrate delle immagini di Streltsov con dei graffi sul viso, che sarebbero stati inflitti al calciatore dalla Lebedeva per difendersi dallo stupro, e un’immagine della Lebedeva con dei lividi intorno agli occhi i punti oscuri sono tanti.
Il giornalista del Guardian Jonathan Wilson ha ipotizzato che le foto potrebbero essere state ritoccate dai sovietici o le ferite inferte in un secondo momento. La stessa Lebedeva è stata vista lasciare dei fiori sulla tomba di Streltsov alcuni anni dopo la sua morte. La rilevanza politica del processo, inoltre, fu confermata anche dal tecnico della nazionale sovietica Kachalin, che chiese alla polizia la possibilità di far disputare a Streltsov il Mondiale ma ricevette la risposta che lo stesso Chruschev, primo ministro sovietico all’epoca, era coinvolto in prima persona e si era spesso informato sull’esito del processo.
Inoltre, l’ex compagno di nazionale Nikita Simonyan ha rivelato che poco dopo l’arresto Strelstov scrisse una lettera alla mamma in cui sosteneva di essersi preso la colpa per proteggere qualcun altro.
La permanenza di Streltsov nel Gulag durò 5 anni, nei quali subì anche delle violenze da un giovane criminale che lo colpì ripetutamente con una sbarra di ferro o un tacco di una scarpa, costringendolo a rimanere 4 mesi nell’ospedale del campo. Uscì dal campo di prigionia soltanto il 4 febbraio 1963, ormai segnato da 5 anni di duro lavoro in condizioni estreme e di violenze subite.
Edik comincia a lavorare per la Zil, l’industria rappresentata dalla Torpedo Mosca, e torna ad allenarsi, pur non potendo giocare alcuna partita ufficiale. Comincia allora a giocare per la squadra amatoriale dell’azienda. Pur essendo passati diversi anni e nonostante l’opera di demolizione del suo personaggio da parte della stampa sovietica, Streltsov è ancora amato dalla gente, e in breve tempo migliaia di persone accorrono a vedere le sue partite. Durante una trasferta a Gorky il tecnico della squadra amatoriale della Zil riceve l’ordine dalla polizia di non far giocare Streltsov, ma il pubblico insorge e per evitare una rivolta nel secondo tempo viene permesso a Eduard di scendere in campo.
Nel frattempo, qualcosa cambia ai vertici del partito, con Chruschev che viene sostituito alla fine del 1964 da Leonid Breznev alla guida del PCUS e dell’Unione Sovietica. Il nuovo presidente, dopo aver ricevuto svariate lettere da persone normali e vertici dell’esercito e del partito, decide di rimuovere l’interdizione di Streltsov dal calcio professionistico.
Nel 1965 Streltsov torna a prendere parte al campionato sovietico dopo 7 anni. L’agilità e la potenza non sono più quelle di una volta, ma Edik riesce a dare comunque il suo contributo grazie alla sua grande intelligenza calcistica agendo da regista avanzato. La Torpedo riesce a vincere per la seconda volta il titolo nazionale a cinque anni di distanza dal primo grazie alle giocate di Streltsov, Ivanov e di un altro giocatore che ha fatto la storia del calcio sovietico: Valerij Voronin. Streltsov contribuisce al successo con 12 gol in 26 presenze e viene eletto secondo miglior giocatore del torneo dietro al compagno di squadra Voronin.
Il sogno di Streltsov è quello di prendere parte alla Coppa del Mondo del 1966, ma il tecnico Morozov, che lo aveva fatto debuttare a soli 16 anni con la Torpedo Mosca, lo esclude dalla rassegna iridata. Il ritorno con la maglia della Nazionale avviene pochi mesi dopo, mentre nel 1967 Streltsov torna in pianta stabile nel giro della Nazionale, segnando 6 gol in 12 presenze. La speranza è quella di prendere parte alla fase finale Europei del 1968, ma Edik subisce un’altra delusione venendo escluso dalla competizione.
Il ritiro di Streltsov dal calcio giocato arriva al termine del 1970, a soli 33 anni. Nonostante non abbia mai preso parte a una fase finale di un Mondiale o di un Europeo Streltsov è ancora oggi considerato il miglior calciatore della storia del calcio russo. Nel 1990 Edik muore a soli 53 anni in seguito a un tumore alla gola, probabilmente provocato dal cibo contaminato che ha mangiato nei Gulag.
La riabilitazione della sua figura dopo la sua morte e la caduta dell’Unione Sovietica è ancora in corso. Nel 1996 lo stadio della Torpedo è stato intitolato con il suo nome, nel 1998 è stata costruita una sua statua all’interno del complesso olimpico Luzhniki, mentre nel 2010 la Banca Centrale Russa ha emesso una moneta di due rubli con la sua immagine. Nel 2020 è uscito inoltre un film che ne racconta la storia diretto dal regista russo Ilya Uchitel.
Le domande che restano sulla vicenda di Eduard “Edik” Streltsov sono tante. Fu davvero colpevole o è stato solo una vittima del sistema di potere sovietico? Senza quell’arresto sarebbe diventato il calciatore più forte del mondo, come ha sostenuto il campione di scacchi Anatoly Karpov? Dove sarebbe potuta arrivare l’Unione Sovietica nel 1958 con una leggenda come Yashin tra i pali e Streltsov in attacco? Chi avrebbe vinto il duello tra Pelé e quello passato alla storia con il nome di “Pelé sovietico”? Purtroppo queste domande non avranno mai risposta, ma noi abbiamo voluto far conoscere la storia di questo atleta anche a coloro che non avevano mai sentito il suo nome.