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Enzo Francescoli: il Principe malinconico

La storia della leggenda del Cagliari e del calcio sudamericano
10 min

Il rapporto tra Cagliari e l’Uruguay è una vera e propria storia d’amore che inizia nel 1982 con l’infelice avventura di Waldemar Victorino, el Pescador, e arriva sino ai giorni nostri con Nahitan Nández e Diego Godín, passando per Pepe Herrera, Dario Silva, il mitico Fabian O’Neill, Nelson Abeijon, Capitan Diego Lopez e tanti, tanti altri. A prova di questo lunghissimo rapporto, il Cagliari ha dedicato la terza maglia della stagione 2021/2022 all’Uruguay, con uno stile praticamente identico a quello della divisa della Celeste.

Ma nonostante il grande amore dei tifosi rossoblù nei confronti dei sopraccitati, c’è un giocatore uruguaiano, nato a Montevideo il 12 novembre del 1961, che più di tutti è rimasto nel cuore, negli occhi e nella mente dei cagliaritani, un giocatore leggendario, quasi mitologico per i tifosi come me che non hanno potuto viverlo in prima persona: Enzo Francescoli.  

Gli inizi di Francescoli

Francescoli muove i primi passi da calciatore nella sua Montevideo, dove viene rifiutato ai provini dalle prime due squadre della città: il Peñarol (sua squadra del cuore) e il River Plate. In entrambi casi la motivazione del rifiuto è la gracilità del ragazzo, che verrà infatti soprannominato “El Flaco”, ma, come saprete, non sarà il soprannome con cui lo ricordiamo oggi. Decide allora di fare il provino con i Montevideo Wanderes, dove avrà inizio la carriera di uno dei più grandi calciatori sudamericani di tutti i tempi.

Un giovane Francescoli fresco di ingaggio dai Wanderers (📷/GettyImages)

La sua carriera si impenna nel 1983 quando con il suo Uruguay vince la Copa America battendo in finale il Brasile di Socrates segnando un gol decisivo nella gara d’andata: pallone spiovente nei pressi della trequarti verdeoro, Francescoli controlla il pallone e lo serve ad Acosta che viene duramente steso ai limiti dell’area, Enzo si fionda sul pallone e di prima trova l’angolino basso con un bel destro a giro; l’arbitro però ha fischiato il fallo e annulla il gol tra le polemiche degli uruguaiani. Allora El Flaco, con la pacatezza che l’ha da sempre contraddistinto, sistema il pallone per terra e segna (di nuovo) il gol dell’1-0, colpevolmente perso da una disattenta regia.

River Plate: prima parte

Il 1983 è anche l’anno in cui viene acquistato dal River Plate (quello di Buenos Aires), la squadra con cui (e di cui) è diventato una leggenda. L’inizio non è dei migliori, il River versa in difficoltà economiche e non può permettersi giocatori di livello, l’allenatore Cubilla inoltre decide di schierare Francescoli nell’insolito ruolo di ala destra. Los Millonarios arrivano penultimi nel Campeonato Metropolitano, a un passo dalla retrocessione.

Le cose cambiarono già dalla stagione successiva, con Francescoli sugli scudi autore di 24 gol (capocannoniere); il River arriva quarto nel Campionato Metropolitano e perde in finale nel Campeonato Nacional. Francescoli viene insignito del premio di Calciatore Sudamericano dell’anno.

La stagione 1985-1986 è la prima che vede l’accorpamento del Campeonato Metropolitano e del Campeonato Nacional, dando vita al Campeonato de Primera Division, in linea con i campionati europei. Francescoli si riconferma capocannoniere segnando 25 gol e trascinando i suoi alla vittoria del campionato. Ormai Francescoli ha smesso di essere El Flaco ed è già diventato El Principe, così ribattezzato dal mitico Victor Hugo Morales, autore dell’indimenticabile telecronaca del gol di Maradona contro l’Inghilterra nei Mondiali dell’1986.

Brividi.

È proprio nei Mondiali dell’1986, agli Ottavi di Finale, che si sfidano per la prima volta Francescoli e Maradona. La sfida tra i due numeri 10 viene vinta da Diego, dominatore assoluto dell’incontro. Quella partita ha dato vita a una rivalità che nei fatti è stata in realtà una bellissima amicizia, culminata nella storica foto che li ritrae abbracciati al termine di un Superclasico: Enzo con la maglia del River, Diego con la maglia del Boca.

L'abbraccio tra Maradona e Francescoli
L’abbraccio tra Maradona e Francescoli (📷/GettyImages)

Il passaggio in Francia

Dopo la sconfitta con l’Argentina e l’uscita dai Mondiali, Enzo decide di non tornare a Buenos Aires e si trasferisce a Parigi, al Racing Club de Paris, squadra neopromossa nella 1a divisione francese e recentemente acquistata dall’imprenditore Jean-Luc Lagardère, il cui obiettivo è mettere su una squadra di stelle degna della città, ma con scarsi risultati. Nelle 3 stagioni a Parigi Francescoli realizza 32 gol in 89 partite, conditi da tante splendide giocate.

Nell’1989 cambia maglia ma non paese, trasferendosi all’Olympique Marsiglia. Il Marsiglia è una squadra di alto livello che può vantare tra le sue fila giocatori ben noti qua in Italia: Boghossian, Cauet, Deschamps e soprattutto il futuro pallone d’oro Papin, capocannoniere sia in campionato che nella Coppa dei Campioni in quella stagione. Si rivela un’annata incredibile, culminata con la vittoria del campionato e con una grande cavalcata in Coppa dei Campioni, interrotta in semifinale dal Benfica (che perderà poi in finale contro il Milan di Sacchi) e dalla maledetta regola del gol in trasferta.

Le stelle del Marsiglia
Le stelle di quel Marsiglia (📷/GettyImages)

Francescoli non è riuscito a segnare né all’andata né al ritorno, ma vi assicuro che se lo avesse fatto lo avreste saputo, perché è andato due volte vicino al gol con due giocate da urlo: prima con un controllo aereo abbacinante, poi con una rovesciata. Per giocate come la prima e, più in generale, per il suo portamento e il suo modo di correre palla al piede, è stato a mio parere il giocatore più simile a Cruijff.

Nel frattempo, Francescoli continua a togliersi soddisfazioni con la maglia della Celeste, vincendo nuovamente la Copa America nell’1987 contro il Cile e perdendo nell’1989 contro il Brasile all’ultima partita, in una competizione caratterizzata da una strana struttura denominata todos contra todos.

È proprio nella partita contro il Brasile che inizia il rapporto tra Francescoli e l’Italia, ma non inizia con il Cagliari: tra gli spettatori della gara al Maracanà figuravano Gianni Agnelli e Giacomo Boniperti, pronti ad assicurarsi il fenomeno uruguaiano per il post-Platini, ma l’accordo che sembrava già fatto salta all’ultimo.

Francescoli al Cagliari

Arriviamo quindi al 1990, il Cagliari di Ranieri in soli due anni ha compiuto il grande salto dalla Serie C alla Serie A. I fratelli Orrù vogliono da subito costruire una squadra pronta per competere nella massima serie. Il direttore sportivo Carmine Longo vuole prendere Ulf Kirsten, storico bomber del Bayer Leverkusen che all’epoca militava nella Dinamo Dresda.

Il suo viaggio in Germania però sembra inizialmente infruttuoso dato che le società non riescono a trovare l’accordo; fortunatamente Longo decide di non tornare ancora a casa e si sposta Stoccarda dove si sta allenando in ritiro la nazionale uruguaiana; lì conosce Paco Casal, l’agente di buona parte dei giocatori della Celeste.

Longo e Casal si accordano per portare a Cagliari due giocatori che i tifosi oggi ricordano molto bene: Pepe Herrera (5 stagioni a Cagliari) e il talentuoso Daniel Fonseca (meglio non nominarlo se non volete far perdere la calma a un tifoso del Cagliari). Durante la trattativa per Herrera e Fonseca, Casal spiazza Longo con una frase ormai molto nota: “e se provaste a prendere anche Francescoli?”. Il resto è storia.

Figurina Fonseca e Francescoli
Fonseca e Francescoli, tanto talento per quel Cagliari (📷/GettyImages)

Francescoli si presenta all’aeroporto di Elmas con la sua solita espressione a metà tra la malinconia e la tristezza, dove viene sommerso dal calore di quella gente che nei tre anni successivi ha reso felice come nessuno era riuscito a fare dal post-Riva.

L’arrivo di Francescoli al Cagliari

Il primo anno non è affatto facile per El Principe a causa di alcuni problemi fisici e alla poca abitudine a giocare in un contesto che ha come primo obiettivo la salvezza. Anche dal punto di vista realizzativo non conferma le aspettative segnando soltanto 4 gol, complice una collocazione più arretrata nel campo, un po’ seconda punta, un po’ regista avanzato.

Francescoli era un giocatore perfettamente a metà tra il numero 9 e il numero 10: grandi capacità realizzative e qualità tecniche fuori dal comune in un corpo longilineo e dalle leve lunghe che gli permettevano di avere una grande falcata sia senza che con il pallone, il tutto condito da un ottimo controllo di palla che lo rendeva difficilmente arginabile in progressione. Lui non toccava il pallone, lo accarezzava con la sua irraggiungibile eleganza, col suo trascinarsi quasi privo di sforzi che lo faceva fluttuare per il campo con il suo portamento aristocratico. Non esiste un soprannome più adatto a lui di El Principe.

Il suo arsenale offensivo era completo: sapeva segnare con entrambi i piedi, su calcio piazzato, era abile nel gioco aereo e in acrobazia, bravo sia nel venire incontro a giocare il pallone e nel giocare spalle alla porta (soprattutto negli ultimi anni di carriera), sia nel muoversi in profondità senza palla.

Negli anni a Cagliari ha toccato il suo apice nella stagione 1992-1993, quando con Carletto Mazzone ha trascinato a suon di prestazioni il Cagliari a una storica qualificazione in Coppa Uefa, l’ultima della sua storia. Ciononostante, la sua prestazione più memorabile è probabilmente la prima giornata della stagione precedente, gara casalinga contro la Sampdoria campione d’Italia.

Il Cagliari va sotto due volte nel punteggio ma vince la gara per 3-2, grazie a una doppietta di Francescoli che prima trova l’1-1 su calcio di rigore, poi segna quello che è senza dubbio il gol più bello della sua esperienza in rossoblù: riceve il pallone sulla sinistra spalle alla porta contrastato da un avversario, avanza sulla sinistra per poi sterzare come un fulmine sul destro, avanza qualche metro e si inventa un gol fenomenale con un favoloso tiro a giro. In questo gol c’è tutto Francescoli.

Nonostante la storica qualificazione in Coppa Uefa, Francescoli lascia Cagliari a causa di alcune diatribe col presidente Massimo Cellino, il quale ha acquistato il Cagliari all’inizio della stagione 1992-1993. Anche in questo caso cambia maglia ma non paese, trasferendosi al Torino, pur senza lasciare il segno.

Lo storico Cagliari di Mazzone 1992-1993
Lo storico Cagliari di Carletto Mazzone, 1992-1993 (📷/GettyImages)

River Plate: seconda parte

Ormai 33enne, nel 1994 decide di tornare nel suo River, secondo molti ormai un giocatore finito, tornato solo per svernare. Niente di più sbagliato, sembra che El Principe non se ne sia mai andato, è capocannoniere del torneo di Apertura con 12 gol in 19 partite e trascina i suoi alla vittoria del titolo.

Nel 1995 la stagione del River è negativa, ma Francescoli si rifà in Copa America vincendo per la terza volta la competizione, come nel 1983 in finale contro il Brasile, segnando il primo gol della lotteria dei rigori. In questo modo si aggiudica un’altra volta il premio come miglior giocatore sudamericano, davanti proprio al suo amico Maradona.

Un piccolo flashback: nel 1986 Francescoli si era appena trasferito in Francia, e proprio quell’anno il River vincerà la prima Copa Libertadores della sua storia, in finale contro l’America de Calì. Per questo motivo, Enzo aveva come suo obiettivo dichiarato riuscire a vincere la massima competizione del calcio sudamericano, quella coppa che lui non è riuscito ad alzare.

È il 1996, il River Plate ha una squadra piena zeppa di talento: Ayala, Almeyda, Solari, Gallardo, Ortega, Crespo e ovviamente Francescoli. Nel percorso nella fase ad eliminazione diretta gli argentini sfidano il Peñarol, il San Lorenzo e l’U. de Chile. Arrivano in finale e ad aspettarli c’è l’America de Calì, lo stesso avversario di 10 anni prima, lo stesso avversario che Francescoli non è riuscito a sfidare e a battere. Destino?

La finale è divisa in andata e ritorno. I colombiani vincono l’andata in casa per 1-0 con rete di de Ávila. Al ritorno El Monumental è strapieno: quasi 74 mila spettatori, coreografie, coriandoli e fumogeni; sembra una festa, non una partita. Francescoli gioca una partita incredibile, con una giocata dopo l’altra: colpi di tacco, dribbling, e assist visionari.

Il protagonista dell’incontro per il tabellino sarà Hernán Crespo, autore di una doppietta. 10 anni dopo il River si aggiudica per la seconda volta nella sua storia la Copa Libertadores, stavolta però c’è anche El Principe, il capitano; è lui ad alzare la coppa. Dopo la partita dichiara: “Ho saldato un debito con me stesso”.

Francescoli con la Libertadores 1996
Finalmente la Libertadores (📷/GettyImages)

Appena 5 mesi dopo, il 26 di novembre è l’ora della Coppa Intercontinentale, la competizione che vedeva affrontarsi le vincitrici della Champions League e della Copa Libertadores: si sfidano Juventus e River Plate. In quell’occasione Francescoli scopre di avere un ammiratore di assoluto livello: Zinedine Zidane.

Il francese ha dichiarato a più riprese di aver quasi venerato Francescoli, al punto tale da chiamare il suo primogenito Enzo. L’infatuazione calcistica di Zizou nasce nel periodo in cui il suo idolo giocava a Marsiglia, quando andava sempre a seguire gli allenamenti solo per vederlo giocare. Noto l’aneddoto in cui Marco Francescoli, il figlio di Enzo, chiede a Zidane dove avesse appreso a controllare il pallone, la sua risposta fu: “Chiedilo a tuo padre, ho imparato da lui”.

Zidane e Francescoli
Francescoli e Zizou, geni del pallone (📷/GettyImages)

Quella partita però non è passata alla storia né per Zidane, né per Francescoli, bensì per Alex Del Piero, che a 10 minuti dalla fine trova un bellissimo gol con un destro sotto l’incrocio sui risvolti di un calcio d’angolo.

Nel 1998 Francescoli annuncia il suo ritiro, ma non prima di vincere sia il Torneo di Apertura che quello di Clausura e la Supercopa Libertadores, competizione che vedeva sfidarsi le squadre che avevano vinto almeno un’edizione della Copa Libertadores.

Il decisivo gol di Del Piero

La carriera di Francescoli si chiude quindi a 37 anni, una carriera fatta di magie col pallone e un palmares ben nutrito sia a livello di club e nazionale (1 Campeonato di Primera Division, 1 campionato francese, 3 Tornei di Apertura, 1 torneo di Clausura, 1 Copa Libertadores, 1 Supercopa Libertadores, 3 Copa America) sia a livello individuale, ma sempre, perennemente, con quell’espressione malinconica. Viva El Principe.

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