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Siamo a Roma, dodici anni dopo il trionfo azzurro, per l’Europeo 1980. Per il Bel Paese è stato e sarà un anno molto complesso, dentro e fuori dal campo, ma l’Europeo di casa non rappresenterà l’occasione del riscatto. Nella prima finale di un campionato europeo a 8 squadre, si affrontano i soliti tedeschi, in grado di produrre un’altra generazione di fenomeni, e il sorprendente Belgio, carnefice senza colpo ferire degli Azzurri.
La cornice storica dell’Europeo 1980
Siamo nel 1980, un anno agrodolce, anzi molto agro e poco dolce. Quella punta sfiziosa probabilmente è dedicata per lo più agli amanti della musica che in quell’anno conosceranno il settimo album degli AC/DC, Back in Black, che è tuttora il secondo album più venduto di sempre alle spalle di Thriller. Ma è anche l’anno del 30° Festival di Sanremo dove a vincere è l’eterno secondo Toto Cotugno con Solo noi e dove esordisce con un podio Pupo, con la sua celebre Su di noi.
Tuttavia, è pur sempre il 1980, un anno che fa aggrottare molte sopracciglia e che probabilmente molti preferirebbero scordare. A febbraio gli stessi AC/DC perdono il loro frontman Bon Scott, ucciso da una serata di eccessi alcolici in un locale londinese, mentre un’intera generazione musicale e non perde il suo leader quando l’8 dicembre a New York, Mark Chapman spara cinque colpi di pistola contro John Lennon, uccidendo l’ex leader dei Beatles.
Al di là della musica, in Italia il 1980 è ricordato come l’anno del sangue, l’anno in cui il Terrorismo degli Anni di Piombo giunge alla sua svolta più cruenta. Un anno che si apre con l’omicidio per mano mafiosa di Piersanti Mattarella, fratello di Sergio e presidente della Regione Siciliana, e si chiude come quello con più vittime nel periodo dell’estremismo.
Il vicepresidente del Consiglio Superiore di Magistratura Carlo Maria Martini, il giudice Guido Galli e il giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi sono solo tre delle 125 vittime dei gruppi di estrema destra e sinistra, 85 delle quali dovute al più grave atto terroristico in Italia nel Dopoguerra: la strage della stazione di Bologna. Il 2 agosto alle 10:25, una bomba composta da 23 kg di esplosivo esplode nella sala d’aspetto di seconda classe nel capoluogo emiliano, facendo crollare l’ala Ovest dell’edificio e portando in scena l’ultimo grande e più sanguinoso atto della strategia della tensione.
Un anno di sangue che conterà anche delle 81 vittime della strage di Ustica, quando il 27 giugno, cinque giorni dopo la finale dell’Europeo romano, un aereo di linea diretto da Bologna a Palermo sparisce dai radar nel cielo siciliano e precipita nel Tirreno, ufficialmente a causa del coinvolgimento per errore in un combattimento aereo tra le forze della NATO e la Libia (per l’ex presidente del Consiglio dei Ministri Francesco Cossiga, causato da un missile francese destinato ad un velivolo in cui viaggiava Gheddafi).
Ma è anche un anno che si chiude con il terremoto dell’Irpinia, che causa 280 mila sfollati, quasi 9 mila feriti e 3 mila morti. Tuttavia, per l’appassionato del pallone il 1980 significa una cosa soltanto: scandalo Totonero.
Lo scandalo Totonero e il calcio italiano
È il 23 marzo 1980 quando un giovane Giampiero Galeazzi chiede la linea dallo Stadio Olimpico, durante il solito racconto della giornata di Serie A. Tuttavia, al centro del collegamento non c’è il calcio giocato: gli accessi agli spogliatoi per i giornalisti è bloccato e sulla pista d’atletica dello stadio sostano un taxi e una macchina della polizia.
Che cosa sta accadendo al calcio italiano? Paolo Valenti riprende la linea all’interno di Novantesimo Minuto e annuncia con chiarezza quello che sta accadendo, affiancato dallo stesso Galeazzi, appena tornato negli studi Rai: la Guardia di Finanza ha arrestato Mauro Della Martira e Luciano Zecchini, giocatori del Perugia, mentre è stato emesso un ordine di cattura per il loro compagno Gianfranco Casarsa.
Nel frattempo, l’operazione della Procura di Roma sta andando avanti su tanti campi italiani: a Pescara vengono fermati il capitano della Lazio Pino Wilson, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e il portiere Massimo Cacciatori; a San Siro i milanisti Ricky Albertosi e Giorgio Morini, insieme al presidente Felice Colombo mentre ad Avellino tocca a Stefano Pellegrini. È scoppiato lo scandalo Totonero, lo scandalo del Calcioscommesse italiano.
Tra Serie A e Serie B, gli arresti sono in totale 12 mentre i mandati di comparizione sono 21, tra cui spicca il nome di Beppe Savoldi ma soprattutto di Paolo Rossi, attaccante titolare della Nazionale ai mondiali del ’78. I giocatori e dirigenti sono accusati di aver combinato delle partite, a partire dall’amichevole tra Palermo e Lazio del 1° novembre ’79.
La mente del giro malavitoso, e la miccia dell’operazioni di giustizia, sono due faccendieri romani, Alvaro Trinca, che gestisce il ristorante La Lampara vicino a Piazza del Popolo, e il suo fornitore Massimo Cruciani. Sfruttando la frequentazione del ristorante da parte di alcuni calciatori, i due hanno stretto accordi diretti e indiretti con svariati tesserati fino al 1° marzo, quando, dopo una serie di combine fallite, Cruciani e Trinca presentano un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, sostenendo di essere stati truffati da 27 calciatori e 12 società delle serie maggiori italiane.
Se l’immagine degli arresti in campo è surreale, la sentenza d’appello della giustizia sportiva è una doccia gelata, che apre gli occhi di chi vedeva nel calcio un prodotto puro e eroico: il Milan e la Lazio sono retrocessi in Serie B, Avellino, Bologna e Perugia apriranno il campionato con 5 punti di penalizzazione, il presidente milanista Colombo è radiato mentre 21 calciatori vengono squalificati, tra cui spiccano i quattro anni a Albertosi, i tre anni e sei mesi a Giordano e i due anni a Paolo Rossi.
Il bomber della nazionale racconterà così l’incontro per truccare Avellino-Perugia: «Dopo cena, mentre sto giocando la solita partita a tombola, tanto per ammazzare il tempo, mi si avvicina il mio compagno Della Martira: “Paolo, vuoi venire un attimo che ci sono due amici che vogliono conoscerti?”. Non sono capace di dire di no. Controvoglia affido le mie cartelle a Ceccarini e mi alzo. Nella hall vedo due tipi che non avevo mai visto, stringo loro la mano: “Piacere”. Non capisco cosa vogliano da me. Improvvisamente Mauro Della Martira dice: “Paolo, questo è un mio amico che gioca alle scommesse”. E l’amico dell’amico in spiccato accento romanesco: “Paolo, che fate domenica?”. Rispondo genericamente: “Beh, cerchiamo di vincere”. “E se invece pareggiate?“.
Non capisco dove voglia andare a parare, sono imbarazzato anche se non lo do a vedere. Non vedo l’ora di liberarmi dall’impiccio. Rispondo: “Il pareggio non è un risultato da buttare. L’Avellino ha un punto in meno di noi, ha vinto con la Juve e ha perso soltanto con il Torino”. “Sai, abbiamo un amico dall’altra parte che dice che un pareggio andrebbe più che bene”, aggiunge l’altro… “magari fai anche due gol”. La discussione non mi piace per nulla. Voglio tornare alla mia tombola, queste facce non mi ispirano fiducia, taglio corto: “Mauro, mi aspettano, ci vediamo, fai tu” giusto per non fargli fare brutta figura. E torno al mio posto e riprendo a giocare. Tutto è durato appena due minuti, quelli che diverranno i due minuti più angoscianti della mia carriera».
Gli azzurri
L’Italia arriva all’Europeo in casa dilaniata all’interno dagli Anni di Piombo, disillusa dal Totonero e senza il suo Pablito: come spesso accade, in quella competizione la storia si specchia e prende la sua forma antropomorfa nel pallone. L’11 giugno inizia il campionato europeo di calcio 1980. Questa è un’edizione di per sé rivoluzionaria.
Per la prima volta, la fase finale dell’Europeo si disputa con otto squadre, tra cui quella del paese organizzatore, deciso prima delle qualificazioni, che viene qualificata di diritto. Le otto partecipanti sono divise in due gironi da quattro, le cui vincenti si incontrano direttamente nella finale di Roma. Da una parte, la Germania dell’Ovest, Cecoslovacchia, Olanda e Grecia; dall’altra Italia, Inghilterra, Belgio e Spagna.
La prima partita è un re-match della finale di quattro anni prima, con Cecoslovacchia e Germania Ovest che si affrontano allo stadio Olimpico. Spettatori? 11059. Sui 65000 disponibili.
Il giorno successivo, l’Italia affronta la Spagna al Meazza e la situazione migliora, più o meno. La partita è un terribile 0-0 e sulle tribune ci sono sì 46 mila spettatori ma sugli 80 mila posti disponibili a Milano e i pochi rumorosi sono tifosi del Milan, venuti a San Siro per protestare contro il Totonero e per intonare cori per la squadra rossonera, più che per sostenere la nazionale.
Dunque, il quadro dei primi due giorni è abbastanza chiaro: dopo quell’inizio di anno, i tifosi italiani diffidano dal calcio, diffidano dalle grandi manifestazioni in pubblico e sono molto più preoccupati dalla situazione sociale che da una competizione calcistica. Nel mentre, gli incassi dei quattro incontri della prima giornata sono stati di poco superiori a quelli dell’ultimo derby di campionato.
Sul campo, l’Italia sembra mancare di fantasia e qualità lì davanti, quasi come se i giocatori avessero altri pensieri e mancasse il centravanti titolare. Ma non c’è fine al peggio: a Torino, la partita delle sei, Inghilterra-Belgio, viene sospesa a causa del lancio di lacrimogeni contro la Polizia da parte degli hooligans inglesi, proprio mentre a Roma ha il via il processo penale per Totonero.
I gironi dell’Europeo 1980
Nel girone A, i tedeschi ipotecano la finale con le vittorie contro i campioni in carica, grazie alla rete di Karl-Heinz Rummenigge, e contro l’Olanda, con la tripletta di Klaus Allofs. I dominatori di tutti gli anni Settanta sono stati capaci di produrre un’altra generazione di fenomeni, nonostante l’addio del Kaiser pochi mesi dopo la finale del ’76 e dell’allenatore campione di tutto, Helmut Schon, dopo il mondiale argentino.
A guidare la Nationalmannschaft è proprio Rummenigge, stella del Bayern, che ad inizio anno è arrivato alle spalle solo di Keegan nella corsa al Pallone d’Oro e che si aggiudicherà i successivi due (portando a sette i premi vinti da giocatori della Bundes dal 1970). Alle spalle della Germania, ci sono di nuovo i cecoslovacchi, che si garantiscono un posto nella finale di consolazione, vinta 9-8 ai rigori.
Nel girone B, i belgi pareggiano 1-1 nel match degli hooligans di Torino mentre battono la Spagna 2-1 a San Siro, davanti ad appena 11 mila persone. L’Italia, dopo il pareggio a reti bianche con gli spagnoli, batte l’Inghilterra grazie ad un gol di Tardelli e ad una difesa invalicabile che annulla il miglior giocatore dell’anno e finalista della Coppa Campioni con l’Amburgo, Kevin Keegan.
Dunque, il 18 giugno si gioca a Roma lo spareggio tra Italia e Belgio, con i Diavoli Rossi che passano anche con un pareggio, avendo segnato tre gol contro la sola marcatura del centrocampista juventino. Come nelle partite precedenti, la difesa è impenetrabile ma l’attacco non gira e dove non arriva la mancanza di qualità azzurra, arriva la sfortuna, con Oriali e Antognoni che escono per infortunio dando la mazzata al centrocampo, e l’arbitro, che nega un rigore solare per gli azzurri. Il match termina 0-0 e il Belgio è la seconda finalista dell’Europeo italiano, mentre i giornali italiani parlano di “fine di un ciclo” e di “presuntuosi campioncini”. Sì dai, quasi.
La finale Germania Ovest – Belgio
I tedeschi puntano su una buona solidità difensiva, grazie alla formazione provvista di due centrali più il libero, ma soprattutto su un centrocampo di altissima qualità grazie a Rummenigge, Hansi Muller, stella dello Stoccarda e futuro giocatore di Inter e Como, e Bernd Schuster, ventunenne del Colonia che tra il 1980 e il 1985 finirà tre volte sul podio del Pallone d’Oro con la maglia del Barcellona. Davanti Allofs, seconda punta del Fortuna Dusseldorf, e l’ariete dell’Amburgo e compagno di reparto di Keegan, Horst Hrubesch. Centravanti di 190 cm, non dovrebbe nemmeno essere in Italia dopo un infortunio alla caviglia che lo ha tenuto fuori dalla finale di Coppa Campioni ma un grave infortunio del titolare Klaus Fischer costringe Derwall a convocare Das Kopfball Ungeheuer, “La bestia del colpo di testa”.
Dall’altra parte, i belgi contano sulla loro solidità tattica, grazie anche all’applicazione sistematica del fuorigioco, e sul talento fisico e tecnico di Jan Ceulemans, stella del Club Brugge e uno dei tre belgi inseriti nella FIFA 100 (assieme ai compagni di nazionale Jean-Marie Pfaff e Franky Van der Elst). Alle 20.30 del 22 giugno, l’arbitro rumeno Nicolae Rainea dà il via alla finale tra Germania dell’Ovest e Belgio.
Primo tempo
La partita inizia con un ritmo molto più basso rispetto alle splendide finali del ’72 e del ’76 ma alla prima accelerazione la Germania va avanti. Schuster prende palla a centrocampo, scambia con Allofs e verticalizza per Hrubesch, che orienta il controllo all’interno ingannando Meeuws e calcia forte sul secondo palo, superando Pfaff: 1-0.
La reazione belga non si fa attendere quando, su un brutto controllo di Schuster, Ceulemans verticalizza per Van der Elst, che calcia alto sull’uscita al limite dell’area di Schumacher. Il Belgio è ben organizzato e, chiuso in una trentina di metri, dà pochi spazi davanti ai tedeschi, che tuttavia sono nella loro condizione ideale: possono sfruttare la propria solidità sulle accelerazioni belghe e far girare la palla a centrocampo, grazie alla qualità degli interpreti.
Alla mezzora, un’occasione nasce dalla solita giocata che caratterizza i tedeschi da ormai un decennio, l’uno-due: Muller verticalizza per Hrubesch che accentra la difesa su di sé e allarga per il centrocampista tedesco, che calcia alto dal limite dell’area. La pressione tedesca cresce e la Nationalmannschaft crea delle buone occasioni con un colpo di testa finito di poco alto e due tiri da fuori di Schuster e Allofs, deviati in angolo da Pfaff con due interventi plastici.
A fine primo tempo, la Germania ha sicuramente legittimato il vantaggio e probabilmente meriterebbe anche il secondo gol ma i Diavoli Rossi sono ancora in partita e nel calcio, se tieni gli avversari alle calcagna, c’è sempre il rischio che qualcosa vada storto.
Secondo tempo
Ad inizio ripresa, Hrubesch ha altre due buone occasioni di testa ma al 65esimo è Vandereycken ad avere la migliore occasione della ripresa: dopo un buco proprio del numero 9 tedesco tornato ad aiutare al limite dell’area, il 7 belga si gira, porta la palla sul sinistro e incrocia forte, costringendo Schumacher ad una grande parata. Il fuorigioco del Belgio tiene i tedeschi lontani dalla porta, concedendo sì tanti tiri ma da molto lontano, che si traducono sistematicamente in conclusioni velleitarie abbondantemente alte.
Gli sfavoriti sono sempre in partita e a quindici minuti dalla fine, una serie di errori tedeschi segnano una svolta inaspettata: sulla verticalizzazione di Mommens, Schuster buca l’anticipo, Forster sbaglia la chiusura, Dietz scivola e Van der Elst si trova da solo lanciato verso il portiere. Stielike prova il recupero disperato ma colpisce da dietro l’attaccante belga e l’arbitro rumeno assegna il calcio di rigore, nonostante il contatto fosse avvenuto ampiamente fuori dall’area.
La regola della chiara occasione da gol verrà introdotta solo nel 1990, per cui il libero tedesco non solo non verrà espulso ma nemmeno ammonito. Sul dischetto Vandereycken che incrocia con il mancino e spiazza Schumacher: 1-1.
Nell’ultimo quarto d’ora, le due squadre hanno una grande occasione a testa: prima Mommens costringe l’estremo difensore tedesco a un gran intervento per togliere dall’angolino un sinistro dall’ultimo dell’area mentre, dopo un rimpallo, Schuster si trova completamente solo davanti a Pfaff, che scende con la rapidità di un gatto per respingere il tiro del centrocampista.
Al 44esimo, il risultato è ancora sull’1-1 ma poi succede quella cosa magica che ha reso la Germania così grande: la capacità di colpire dal primo all’ultimo secondo. In una scena che ricorda molto il gol del 2-2 contro la Cecoslovacchia quattro anni prima, Rummenigge crossa dalla bandierina, Hrubesch prende il tempo dal centro dell’area, stacca in terzo tempo e colpisce dal primo palo alle spalle di Pfaff: 2-1 Germania, ha segnato, proprio di testa, Das Kopfball Ungeheuer. Com’è che dirà Lineker al mondiale italiano, dopo aver perso ai rigori la semifinale contro i tedeschi?
Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince.
Ecco, appunto.
La supremazia tedesca
È il terzo trofeo internazionale della Germania in dieci anni, forse il più grande dominio di una nazionale nella storia del calcio. Ci sarebbe un Mondiale in più se non fosse per i presuntuosi campioncini di Bearzot e per Paolo Rossi che, scontata la squalifica biennale e trovata la fiducia prima di Boniperti e poi del Vecio, nel 1982 vivrà un’estate da Pablito Mundial e regalerà il mondiale spagnolo agli Azzurri e ad un euforico Sandro Pertini, che ha trascorso la finale dell’Olimpico tristemente seduto accanto alla Principessa Paola del Belgio.
Tra l’altro, fu proprio la gioia post Mundial a portare la FIGC a concedere la grazia sportiva ai protagonisti del Totonero ancora squalificati, chiudendo, almeno fino al Totonero-bis dell’86, una delle pagine peggiori del calcio italiano. E se quel processo e quell’anno, rappresentano un periodo nero per il calcio e il paese, gli Europei 1980 non si può dire siano stati un gran successo, sia sulle tribune che sul campo.
A racchiudere il fallimento dell’edizione, ci pensa un editoriale sul Corriere della Sera di Nantas Salvalaggio, che scrive “Il gran circo della pedata toglie le tende, ma non lascia rimpianti”. Lo stesso giornalista chiuderà l’anno criticando pesantemente Vasco Rossi, la cui risposta arriverà in Vado al massimo chiamandolo quel tale che scrive sul giornale. Beh, possiamo dire che, ad Italia 1980, gli unici ad essere andati al massimo sono, come al solito, i tedeschi.
Abbiamo scritto anche delle altre edizioni degli Europei: ’68, ’72, ’76, ’84, ’88, ’92, ’96, ’00, ’04, ’08, ’12, ’16.