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Siamo in Francia, dove la nazionale transalpina è alla ricerca della prima affermazione a livello internazionale. A sfidarla ci sono i giganti storici in Germania e Jugoslavia, ma anche alcune sorprese come Spagna, Danimarca e Portogallo. L’edizione dell’Europeo 1984 sarà ricordata per il fallimento degli italiani campioni del mondo, per le sorprese Spagna e Danimarca ma soprattutto per una delle prestazioni migliori della storia delle competizioni per nazionali, dato che a brillare, dall’inizio alla finale del Parco dei Principi, sarà la stella di Le Roi, Michel Platini.
Le competizioni tra nazionali regalano alla storia figure leggendarie, quasi mitologiche, che trapassano il risultato sportivo e diventano veri e propri manifesti delle varie edizioni. Nell’immaginario collettivo, il mondiale 1958 è legato indissolubilmente a Pelè, il mondiale 1982 è il trionfo di Pablito Mundial, Paolo Rossi, mentre quello del 1986 è l’edizione del Pibe de Oro, Diego Armando Maradona. E se vi dicessi che esiste un’edizione in cui il dominio di un singolo uomo si è manifestato come mai prima e mai dopo di allora?
L’edizione 1984 del Campionato europeo si gioca in Francia, come la prima edizione del 1960, ma ancora una volta si cambia un po’ il format: sempre 8 squadre qualificate, tra cui la nazionale ospitante partecipante di diritto, sempre due gironi da quattro ma questa volta non sono premiate solo le vincitrici bensì le prime due di ogni raggruppamento, che si affrontano nelle semifinali incrociate per decidere le due finaliste. Questo si può considerare il primo vero antenato del format moderno, anche se la finale del terzo posto è stata abolita e le due semifinaliste perdenti ricevono entrambe la medaglia di bronzo.
Le favorite alla vittoria finale
Ai nastri di partenza delle qualificazioni, le favorite sono principalmente tre: la Germania vice-campione del mondo e campione in carica, l’Italia campione del mondo e la Francia, paese ospitante e capitanata dal Pallone d’Oro, Michel Platini. Ecco, partiamo subito dalla nota dolente: l’Italia non si qualifica e non solo non vince il proprio girone eliminatorio, ma arriva addirittura quarta su cinque, alle spalle di Romania, Svezia e Cecoslovacchia, vincendo un solo match (con Cipro in casa) e conquistando appena cinque punti in otto partite.
L’eliminazione brucia e Bearzot dà il via alla rivoluzione che porterà ai mondiali dell’86, cacciando la vecchia guardia per puntare sui ragazzi del Mundial, anche se non si può dire che sia un anno nefasto per il calcio italiano, che con la Roma raggiunge (e perde ai rigori contro il Liverpool) la seconda di tre finali di Coppa Campioni con un’italiana in campo dall’83 all’85. Inoltre, c’è un gran acquisto che inebria i tifosi di calcio italiani, e in particolari quelli napoletani, che il 5 luglio, otto giorni dopo la finale parigina, salutano al San Paolo l’arrivo del Pibe de Oro, Diego Armando Maradona.
Se gli azzurri escono a testa bassissima, i tedeschi proseguono la loro striscia internazionali vincendo il gruppo 6, seppur abbiano prevalso sull’Irlanda del Nord, seconda, solo grazie alla differenza reti. A proposito di differenza reti, le qualificazioni sono pervase da qualche dubbio sulla loro legittimità e sulle combine quando la Spagna vince 12-1 il proprio match finale contro Malta, registrando proprio quel +11 necessario per scavalcare gli olandesi in cima al girone 7.
In ogni caso, gli iberici volano oltralpe, assieme ai cugini portoghesi, e saranno protagonisti della cavalcata verso la finale parigina.
I gironi dell’Europeo 1984
Nel girone A, si affrontano Francia, Jugoslavia, Belgio e Danimarca, con i padroni di casa che ospitano i danesi nel match inaugurale del Parco dei Principi. A deciderlo, è ovviamente Le Roi con un tiro deviato ad una decina di minuti della fine, accendendo i riflettori sulla stella della Juventus ma anche dimostrando la solidità della nazionale scandinava, guidata dagli “italiani” Michael Laudrup, ventenne di proprietà della Juve ma girato alla Lazio perché chiuso da Platini e Boniek, e Elkjær Larsen, centravanti del Verona scudettato di Bagnoli.
La partita d’esordio si rivelerà decisiva per le sorti del girone, dopo che Francia e Danimarca vinceranno con lo stesso risultato il 16 e il 19 giugno: 5-0 rispettivamente a Belgio e Jugoslavia e 3-2 nell’ultima giornata del girone. Le due giornate conclusive del gruppo A sono l’occasione della reale ascesa sul palco della competizione per Le Roi, che dopo il gol all’esordio, segna due triplette ai Diavoli Rossi e agli slavi, chiudendo il girone con sette reti in tre partite.
Nel girone B, tocca all’armata della Germania Ovest, alla Spagna, al Portogallo e alla Romania, vincitrice del girone degli azzurri. Ecco, se la figuraccia azzurra non fosse stata abbastanza chiara, i rumeni chiudono il girone con appena un punto in tre partite, finendo ultimi nel girone vinto da Spagna e Portogallo. Esatto, i tedeschi escono ai gironi, perdendo la gara decisiva con gli spagnoli con un gol al novantesimo di Maceda e firmando la prima grande delusione per la Nationalmannschaft dal 1968 e l’ultima fino all’Europeo del 2000.
Il quadro delle semifinali e quindi presto definito: Spagna-Danimarca da un lato, Francia-Portogallo dall’altro.
La semifinale Francia – Portogallo
La prima semifinale è quella della nazionale transalpina, giocata il 23 giugno al Velodrome di Marsiglia. I francesi vanno avanti grazie al gol su punizione diretta di Domergue ma vengono ripresi da Jordao di testa a quindici minuti dalla fine, mentre il pubblico inizia a chiedersi dove sia finito il Platini della fase a gironi, il Platini da Pallone d’Oro. La partita va ai supplementari e lo stesso Jordao porta avanti i lusitani dopo otto minuti, con un tiro al volo dalla sinistra che rimbalza sopra la testa del portiere per infilarsi nel sette: è 2-1.
Ecco, spesso i grandi campioni si distaccano nella narrativa e nella mente degli appassionati per la capacità di decidere i match nei momenti più complessi e Platini non fa eccezione: a cinque minuti dalla fine del secondo extra-time, una palla sporca rotola in area tra i piedi di Platini, che la stoppa, dribbla secco verso l’esterno sinistro dell’area e viene steso da un difensore lusitano. Sembrerebbe un calcio di rigore evidente ma, prima che l’arbitro possa fischiare, Domergue, di professione terzino sinistro, si avventa sul pallone e con un’altra doppietta riequilibra la partita.
Ma per uno come Michel, un bel dribbling sicuramente non può bastare: ad un minuto dalla fine, Tigana si inserisce di forza sul lato destro dell’area di rigore, crossa al centro dove Platini si stacca dalla marcatura, stoppa e scarica di destro il gol che vale il 3-2 e la finale del Parco dei Principi.
Per Le Roi, è l’ottavo gol in quattro partite nella competizione, sicuramente il più pesante fino a quel momento.
La semifinale Spagna – Danimarca
L’altra semifinale, giocata a Lione, non è da meno a livello di emozioni e lunghezza: Lerby porta avanti subito i danesi ma l’uomo dei gol decisivi per gli iberici in quel torneo, Antonio Maceda, riporta il match in equilibrio.
Nei supplementari, la partita non si sblocca e tocca alla lotteria dei rigori per decidere chi affronterà i transalpini a Parigini: Brylle, Santillana, Olsen, Señor, Laudrup, Urquiaga, Lerby e Víctor Muñoz segnano le prime otto battute ma è proprio Elkjær Larsen a calciare alto il quinto rigore danese; tocca a Manuel Sarabia calciare il rigore decisivo alla destra del portiere danese e regalare agli spagnoli la prima finale dall’edizione vinta in casa nel 1964 e l’ultima per le Furie Rosse fino al ciclo Aragonés-Del Bosque.
Gli iberici arrivano in finale con una competizione da autentici sopravvissuti: quattro partite, quattro gol, tre 1-1 e un 1-0, quello decisivo contro i tedeschi. È inutile negare che alla vigilia della finale del 27 giugno, la Spagna sembra pronta per finire come carne da macello per la Francia e per Le Roi, ma una squadra di survivor è sempre pronta a combattere e a regalar sorprese.
La finale dell’Europeo 1984: Francia – Spagna
Le formazioni
Le due squadre scendono in campo con due schieramenti simili nella forma ma diversi nella sostanza: Miguel Muñoz, figura storica del Real Madrid con cui vince prima in campo poi in panchina tredici titoli nazionali e cinque Coppe Campioni, si affida alla solidità difensiva, guidati dai madridisti Gallego e, soprattutto, Camacho, autore di oltre 400 presenze con il Real, e dal duo basco Arconada-Urquiaga. La Spagna non è nulla di simile alla scintillante nazionale di Del Bosque, ma vive di un calcio duro e atletico, fatto ad immagine e somiglianza delle squadre basche, che in quel periodo stanno dominando il calcio iberico.
Dall’altra parte, i transalpini giocano un calcio spumeggiante, basato quasi interamente sul rombo di centrocampo composto da Fernàndez, mediano dinamico e potente, Tigana, centrocampista geometrico e disciplinato, Giresse, mezzala di qualità, e, ovviamente, Michel Platini.
Come avrete capito, di quella nazionale Le Roi non è solo il trequartista e la mente, ma anche il bomber dato che davanti giocano Bernard Lacombe, trentaduenne centravanti del Bordeaux e uno dei migliori realizzatori della storia della Ligue 1, ma anche Bruno Bellone, seconda punta da appena due reti in 34 presenze con la nazionale blues.
Insomma, Hidalgo ha costruito una nazionale su Platini e per Platini, sulla base dell’idea del Brasile sconfitto dagli Azzurri a Barcellona grazie alla tripletta di Pablito, che schierava una sorta di 4-2-2-2, con Zico e Socrates fulcro della squadra e realizzatori, con Falcao e Cerezo a supportarli e con Junior e Leandro liberi di spingere e dare ampiezza al gioco (compito svolto con grande profitto da Domergue nella semifinale marsigliese).
Non è un caso che la Serie A ’83-’84, vinta dalla Juventus, si è chiusa con Platini capocannoniere per la seconda volta consecutiva a quota 20 reti, davanti proprio al brasiliano Zico, in forza all’Udinese, una cosa che nell’elitario calcio del nuovo millennio fa quasi sorridere.
La partita
Primo tempo
La partita si apre come spesso accade in questo periodo: tanta aggressività, poche occasioni ma buon ritmo, con Platini che scende fino sulla linea dei difensori centrali per prendere il pallone e impostare l’azione transalpina. All’undicesimo, la prima occasione per i francesi: palla al centro dell’area, stop di petto e passaggio al volo di esterno deliziosi del numero 10, Bellone crossa al volo al centro dell’area dove Lacombe fallisce l’appuntamento con il vantaggio per una frazione di secondo.
Tuttavia, gli spagnoli sono ben in partita, sfruttando molto bene le fasce laterali ma faticando a convertire delle buone azioni individuali in occasioni da gol. Proprio da un cross dalla fascia, nasce la prima vera occasione per gli iberici: cross dentro, sponda di Santillana al centro ma Muñoz manda alto di testa a pochi metri dalla porta. Dopo la prima metà del primo tempo, è chiaro che per la Francia sarà tutto fuorché una passeggiata, con le ali tarpate dalla fisicità delle Furie Rosse.
Al trentunesimo, l’occasione migliore del match è nuovamente per gli spagnoli quando su angolo battuto da Carrasco, Castillana prende ottimamente il tempo di testa e incorna alle spalle dell’estremo difensore Bats, che deve ringraziare, assieme a tutti i compagni, Fernàndez, nato in Spagna, che respinge sulla linea di testa. A fine primo tempo, le due squadre vanno negli spogliatoi sullo 0-0, ma non sono sicuramente i transalpini quelli ad aver più rimpianti mentre percorrono il tunnel del Parco dei Principi.
Secondo tempo
Ad inizio ripresa, la Francia sembra essere tornata in campo un po’ più convinta e Lecombe si crea una buona occasione da dentro l’area, ma colpisce male il pallone che rotola tra le braccia del portiere basco.
Dunque, al 57esimo arriva l’episodio che cambia il match: Platini verticalizza uno splendido pallone per Lecombe, che prova a girarsi per attaccare la profondità ma finisce a terra dopo il contatto con Salva. A dir la verità, il tocco sembra molto veniale ma l’arbitro cecoslovacco Christov fischia una punizione al limite per i francesi. Sul pallone va ovviamente Le Roi che calcia un pallone innocuo sul palo di Arconada. Quando la parata sembra fatta, il portiere spagnolo si fa scivolare sotto il corpo la palla, che rotola in rete beffardamente: 1-0 e nono gol di Platini nell’Europeo di casa.
Dopo il gol, i transalpini sembrano volare sulle ali dell’entusiasmo: tra il 58esimo e il 70esimo, Lecombe ha un paio di occasioni ma è Giresse ad andare molto vicino al 2-0 con un tiro dal limite che fa la barba al palo sinistro.
Tuttavia, la Spagna è ancora viva e Santillana, sfruttando le sue grandi doti di testa, colpisce in anticipo un cross dalla sinistra ma il pallone termina di poco a lato. La Francia sembra però in controllo e Platini spedisce di poco a lato con un colpo di testa su un cross dalla destra; se gli spagnoli avrebbero meritato nel primo tempo, i blues stanno legittimando il vantaggio fortunoso nella ripresa.
A dare ulteriore suspense agli ultimi cinque minuti della finale europea ancora in bilico, è l’espulsione per somma di ammonizioni di Le Roux che trattiene l’avversario a centrocampo. Pochi istanti più tardi, Santillana mette giù un bel pallone in area di rigore ma è il centrale Bossis a chiudere a pochi metri dalla porta, con un intervento chirurgico.
Dopo di che, durante l’arrembaggio finale degli iberici nei minuti di recupero, è la Francia a segnare il gol che chiude il match: Tigana recupera palla a centrocampo, imbuca per Bellone che, solo davanti ad Arconada, lo scavalca con un dolce pallonetto per regalare alla Francia il gol del 2-0 e la prima affermazione a livello di nazionali della loro storia.
Chi vinse l’Europeo del 1984
A sollevare la coppa non può che essere Le Roi, indiscutibilmente il miglior giocatore della competizione (e del mondo), che chiuderà l’annata con il Pallone d’Oro, il secondo dei tre trofei consecutivi, che rappresentano un record per l’epoca e che solo Leo Messi è riuscito ad eguagliare tra il 2010 e il 2012. È l’affermazione definitiva di un campione che nella stagione successiva, segnerà il rigore decisivo per la prima vittoria juventina nella Coppa dei Campioni, nella triste cornice dello Stadio Heysel.
Se l’edizione 1984 rappresenta il trionfo della Francia di Platini e Hidalgo, già sicuro di lasciare la nazionale al termine del torneo come testimoniato dai cartelloni di ringraziamento del pubblico transalpino, la finale ’88 sarà la finale di Michels contro Lobanovskyi e la finale di quello che molti ritengono essere il gol più bello della storia del calcio: la finale, in due parole, di Marco Van Basten.
Abbiamo scritto anche delle altre edizioni degli Europei: ’68, ’72, ’76, ’80, ’88, ’92, ’96, ’00, ’04, ’08, ’12, ’16.