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L’ottavo appuntamento del nostro viaggio ha come destinazione la culla del calcio, quell’Inghilterra in cui il gioco del pallone era ufficialmente nato più di un secolo prima e in cui la nazionale inglese aveva trionfato nel 1966. L’attesa è divisa tra i padroni di casa e la nazionale di Sacchi, reduce dalla sconfitta al Rose Bowl di Pasadena e rappresentante del campionato numero uno al mondo, la Serie A.
Nella finale dell’Europeo 1996 però non si presenterà nessuna delle due, mentre alla solita Germania si affiancherà la neonata Repubblica Ceca. La domanda che si pongono ai vertici della UEFA è se le modifiche regolamentari saranno in grado di rilanciare una competizione in crisi…
Il contesto storico
“Three Lions on a shirt
Jules Rimet still gleaming
Thirty years of hurt
Never stopped me dreaming
It’s coming home
It’s coming
Football’s coming home…“
Il calcio sta tornando a casa trent’anni dopo aver visto Sir Bobby Charlton sollevare la Coppa del Mondo 1966. A 11 anni dalla strage dell’Heysel che aveva comportato la squalifica delle squadre inglesi da tutte le competizioni UEFA fino al 1990, il calcio inglese sta rinascendo e la UEFA decide di premiarlo affidandogli la prima competizione casalinga dal trionfo di Wembley.
Il clima in Inghilterra è estatico e la miglior fotografia del momento è raccolta dal celebre brano dei Lightning Seeds “Three Lions”, che non solo ricorda a tutti che il calcio torna a casa con la celebre linea poi diventa motto ma trasmette il senso di speranza dopo anni di delusioni, ultima delle quali la mancata qualificazione al mondiale americano. Da quel momento “It’s coming home” diventerà un punto fermo di ogni appuntamento della nazionale inglese, rientrando nelle posizioni di testa delle Weekly charts inglesi, come confermato dal primo posto assoluto ottenuto durante i Mondiali del 2018 in Russia, a 22 anni dal primato ottenuto durante l’edizione di casa dell’Europeo.
Le due favorite all’Europeo 1996
L’Inghilterra di Gascoigne-Shearer
I leader dei Tre Leoni sono indubbiamente le due punte, tanto forti a giocare a calcio quanto diversi. Paul Gascoigne è la rappresentazione calcistica della follia artistica: conduce palla come nessuno, dribbla come nessuno ed è assolutamente matto come nessuno. Il compagno di reparto è Alan Shearer, il bomber per eccellenza in Inghilterra, come dimostrano i 260 gol da record in Premier, nonostante non abbia mai giocato in una delle top 6 inglesi. Il centravanti del Blackburn viene da una stagione da 37 reti e sono in molti a pensare che l’Europeo sarà la competizione decisiva per assegnare il Pallone d’Oro 1996 tra lui e Alex Del Piero, fresco vincitore da protagonista della seconda Champions juventina. In un certo senso, lo sarà…
L’Italia di Arrigo Sacchi
(📷/Getty Images)
Se l’attesa per l’Inghilterra non è così alta da molto tempo, c’è un’altra protagonista su cui l’attesa si concentra: l’Italia di Arrigo Sacchi. L’aspettativa è così alta fondamentalmente per due ragioni: la prima è il Mondiale di due anni prima, dove quella Nazionale ha perso in finale solo ai calci di rigore; la seconda è il livello del campionato italiano, indiscutibilmente il numero uno al mondo e che ha appena visto la Juventus portarsi a casa la Champions League nella quinta finale consecutiva con un’italiana a giocarsi la coppa (saranno 7 nel ’98).
Tuttavia, il percorso di avvicinamento non è dei più lisci: dalla finale ’94 al primo match in terra inglese, Sacchi mette alla prova 89 giocatori diversi, come se fosse alla ricerca del meccanismo perfetto da inserire nel suo progetto, e la mancanza di continuità inficia sulla qualità delle prestazioni. Gli Azzurri si sono trovati in un girone di qualificazione particolare composto da Nazionali neonate dalla dissoluzione del blocco comunista: Croazia e Slovenia dalla Jugoslavia e Lituania, Estonia e Ucraina dall’Unione Sovietica. I vicecampioni del mondo si qualificano ma arrivano secondi alle spalle dei croati, che ottengono il primo posto grazie alla vittoria a Palermo nello scontro diretto. Poco grave, l’importante era qualificarsi direttamente e così è stato.
Inghilterra e Italia sono solo due delle sedici protagoniste dell’Europeo inglese. Sì, perché la competizione è entrata nella sua fase moderna cambiando nuovamente il format per ravvivare un torneo in difficoltà: sedici squadre, quattro gironi, quarti, semifinali e finale. Per la fase ad eliminazione diretta c’è un’altra novità: il golden gol, che ha esordito nell’Europeo under 21 1994, dove è risultato decisivo per la vittoria degli Azzurrini di Cesare Maldini, al secondo trionfo consecutivo che risulterà essere il secondo di cinque successi nella competizione in appena 7 edizioni.
I gironi
Nel girone A, ci sono Inghilterra, Svizzera, Scozia e Paesi Bassi (qualificatisi per ultimi grazie alla doppietta di Kluivert nello spareggio con l’Irlanda). Nel girone B, Francia, Romania, Spagna e Bulgaria (che viene da uno storico quarto posto mondiale). L’Italia gioca nel girone C con Germania, Repubblica Ceca e Russia mentre nel girone D ci sono i campioni in carica della Danimarca, con Turchia, Portogallo e Croazia. L’edizione si apre con il pareggio tra Inghilterra e Turchia l’8 giugno a Wembley ma a poche ore dal secondo match della squadra di casa, il 15 giugno, sulla competizione piomba l’ombra del Terrorismo.
La protagonista è nuovamente l’IRA, che alle 9:40 chiama una stazione televisiva inglese per annunciare di aver posizionato una bomba davanti ad un supermercato di Manchester nel centro città. Il preavviso ha permesso alle autorità di intervenire, evacuando parte della zona ma lo scoppio causa comunque 211 feriti, evitando il dramma miracolosamente. È l’ennesimo episodio della guerra tra Irlanda e Regno Unito e l’Europeo nel territorio dell’occupante ha offerta l’occasione perfetta per mettere al centro dell’attenzione pubblica la questione irlandese. Tuttavia, gli organizzatori sono sicuri della sicurezza dell’evento e il giorno dopo ad Old Trafford si disputa comunque il match tra Germania e Russia.
Il girone A è deciso dalla coppia del gol inglese Shearer-Gascoigne, che segnano un gol a testa per battere la Scozia a Wembley e consegnano la vetta del girone ai padroni di casa. In seconda posizione, l’Olanda, a metà tra due cicli, ma che riesce a qualificarsi per il maggior numero di gol segnati rispetto agli scozzesi giunti a pari punti.
Nel girone B, la Bulgaria non ripete l’impresa del Mondiale americano ed a qualificarsi sono Francia e Spagna. I francesi hanno prodotto un nuovo ciclo di giovani interessanti che li porteranno in vetta al mondo: ci sono Zidane, Deschamps, Desailly, Djorkaeff, Lizarazu e Thuram, che scenderanno in campo a Saint-Denis nel trionfo del Mondiale 1998. Come i bulgari, anche i danesi non confermano l’exploit da campioni in carica e nel girone D passano Portogallo, guidati dal duo Rui Costa-Luis Figo, e la neonata Croazia, il cui protagonista è Davor Suker.
L’Italia si presenta ai nastri di partenza del girone C senza Vialli, Baggio e Signori, oltre che l’infortunato Ferrara, tagliati da Sacchi ma parte bene battendo la Russia 2-1, nonostante un Del Piero inspiegabilmente rilegato in una posizione da centrocampista dopo aver dominato in Europa lì davanti. Anche i tedeschi partono forte sconfiggendo la Repubblica Ceca 2-0, quindi il match con i cechi risulta già decisivo per la truppa azzurra.
Il CT decide per ben cinque cambi e perde la sua scommessa: Nedved apre il match al quarto minuto, Chiesa pareggia ma, dopo l’espulsione di Apolloni alla mezzora, Bejbl segna il gol vittoria per i cechi mentre Del Piero commenta così la sua esclusione: “Non capiremo mai il mister fino in fondo: non mi ha detto nulla”. Ci si gioca tutto con i tedeschi, che hanno sconfitto 3-0 i russi.
Gli Azzurri dominano il match, sbagliano un rigore dopo otto minuti con Zola ma l’estremo difensore tedesco Koepke chiude la saracinesca, costringendo la Nazionale ad un sorprendente fallimento. Fallimento che ha un nome e un cognome per la critica: Arrigo Sacchi. Dopo gli anni gloriosi con il Milan e la finale di Pasadena, il profeta di Fusignano sembra essere caduto nell’estetica delle sue idee, mancando del pragmatismo necessario per una spedizione con la sua selezione.
Troppi cambi, troppa confusione e un giocatore totalmente fuori ruolo che molto probabilmente si è giocato un Pallone d’Oro con quella scelta. La FIGC sembra essere d’accordo con i critici e a novembre esonera Sacchi, affidando la nazionale a Maldini. Si consolerà qualche tifoso italiano con lo storico oro di Yuri Chechi alle Olimpiadi di Atlanta un mese più tardi.
I quarti di finale
Le due squadre che hanno sancito l’eliminazione azzurra incontrano rispettivamente Croazia e Portogallo nei quarti di finale. I tedeschi non sono più l’incredibile armata che ha dominato l’Europa per vent’anni ma, seppur a fine ciclo, hanno quella capacità di essere perfetti nei momenti chiave che tante volte li ha condotti in cima alle competizioni per nazionali. I croati giocano una buona partita ma le due stelle di Vogts decidono il match: Klinsmann segna su rigore, Suker risponde ma a chiuderla ci pensa Sammer che continua il suo torneo trionfale dopo aver tolto il ruolo ad un gigante come Lothar Matthaus. 2-1 e Germania ancora una volta in semifinale.
Invece, i cechi sono in rampa di lancio ed a decidere il match con i portoghesi è un futuro italiano, passato alla storia il 5 maggio 2002 e parecchio indigesto ai tifosi interisti: Karel Poborsky, che al 60esimo segna l’unico gol del match, consegnando alla Repubblica Ceca la semifinale europea all’esordio nelle competizioni internazionali.
Il protagonista delle altre due partite dei quarti, e del resto del torneo, è il golden gol, ma è più che altro un antagonista dello spettacolo: Inghilterra-Spagna e Francia-Paesi Bassi finiscono dei brutti tempi regolamentari sullo 0-0 ma se l’idea degli organizzatori è favorire le squadre più propositive con la nuova regola, il risultato è spaventare le quattro compagini, che piuttosto di rischiare di essere eliminate su un errore, si chiudono indietro facendo trascorrere il tempo in attesa dei calci di rigore che puntualmente arrivano.
I due fortunati vincitori della lotteria dei rigori sono gli inglesi, che sfruttano gli errori di Hierro e Nadal (zio di Rafa e fratello dello storico coach del maiorchino Toni), e i francesi, che godono dell’errore di un ventenne Clarence Seedorf.
Le Semifinali: Francia-Repubblica Ceca e Germania-Inghilterra
Le semifinali sono dunque così composte: Francia-Repubblica Ceca e Germania-Inghilterra.
Nelle teste, e negli stadi, dei tifosi inglesi le voci dei The Lightning Seeds si fanno sempre più insistenti: “It’s coming, Football’s coming home”!
L’attesa in Inghilterra è tanta e il match rimanda a ricordi dolci, come la finale del ’66 sempre a Wembley, e amari, come i rigori sbagliati da Pearce e Waddle nella semifinale di Italia ’90, mentre il Daily Mirror provoca i tedeschi con un fotomontaggio di Pearce e Gascoigne vestiti da soldati della Seconda Guerra Mondiale con tanto di didascalia “Per te Fritz, il cammino ad Euro 96 finisce qua”.
Entrambe le partite seguiranno l’andamento dei quarti di finale: noia, triplice fischio, paura del golden gol, calci di rigore. In entrambi i match, vengono segnati i primi 10 rigori ma da un lato Pedros, che non giocherà più una partita ufficiale con la maglia francese, e Southgate, attuale CT della nazionale dei Tre Leoni, sbagliano i rigori ad oltranza, mentre Kadlec e Moller consegnano a Repubblica Ceca e Germania la finale per giocarsi la coppa. Football came home but the Cup didn’t.
La finale: Germania – Repubblica Ceca
In un certo senso, le due squadre si erano già affrontate vent’anni prima per decidere un Europeo, sebbene si trattasse ancora di Cecoslovacchia e non di Repubblica Ceca, quando Panenka stupì il mondo con il cucchiaio che valse la coppa. Sicuramente, si tratta di un risultato inatteso per i cechi, l’ennesimo di una competizione che nel corso degli anni ha avuto due punti fermi: la Germania e le sorprese. Tuttavia, i tedeschi sono negli uomini e nelle idee stanchi e si presentano con l’ennesima vecchia difesa a 5 con Sammer libero mentre i cechi scendono in campo con un 3-3-3-1 molto più frizzante, con un Nedved mezzala che in Italia diventerà grande da esterno offensivo.
Primo Tempo
Il match inizia con un buon ritmo, con le due squadre che provano a ribaltare il gioco velocemente pur non creando occasioni evidenti. Al 12esimo, Poborsky arriva leggermente in ritardo su un cross dalla sinistra e impatta alto mentre un quarto d’ora dopo, Ziege impatta bene un corner spedendo alto di poco di testa.
La prima grande occasione del match arriva al 33esimo quando un tiro di Sammer viene impennato dalla deviazione di Klinsmann, Helmer rimette la palla in mezzo sui piedi di Kuntz che batte a colpo sicuro a pochi metri dalla porta ma trova l’opposizione dell’estremo difensore ceco. La palla si impenna nuovamente e sembra essere destinata alla porta prima che Rada salvi il risultato con una poderosa rovesciata. Al 41esimo è nuovamente Kuntz a presentarsi davanti a Kouba dopo un bel pallone in profondità ma il suo tentativo di pallonetto viene fermato proprio dal portiere, che blocca: la Germania sta spingendo e meriterebbe il vantaggio.
Tuttavia, i cechi reagiscono e da un rinvio sbagliato di Eilts, Kuka si presenta davanti a Kopke, bravo a respingere in angolo. Termina così il primo tempo, 0-0, che è stato sicuramente più spettacolare delle finali precedenti ma in cui è mancato ciò che si è visto poco per tutto il torneo: il gol.
Secondo Tempo
Ad inizio ripresa, i cechi sembrano più freschi e vanno vicini al gol con Hornak su una punizione dalla trequarti, dove salva ancora una volta un grande Kopke. L’equilibrio viene però spezzato da un italiano: Pierluigi Pairetto, padre d’arte dell’attuale arbitro di Serie A, che fischia rigore per un fallo di Poborsky su Sammer evidentemente fuori area. Berger sul dischetto, botta centrale che passa sotto il petto del portiere e 1-0 Repubblica Ceca. Niente pallonetti stavolta ma il sogno sembra potersi ripetere.
La Germania non crea nulla ma al 68esimo Vogts effettua il cambio che cambierà la storia dell’Europeo: fuori Scholl e dentro Bierhoff, attaccante dell’Udinese. Al 73esimo, Ziege batte una punizione dalla destra, palla sul secondo palo e l’italiano colpisce indisturbato a pochi metri dalla porta: 1-1. I tedeschi non sono belli, non sembrano neanche così forti però bisogna ricordarsi sempre le parole di Lineker: “Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince“. Sulla forza mentale, la Germania ha costruito il suo impero di successi e su di essa punta per concedersi l’ultimo grande atto del suo dominio ventennale.
All’88esimo, Smicer rischia di portare avanti i cechi con un bel destro da fuori ma dopo un solo minuto di recupero, il match va, per l’ennesima volta in questa edizione, ai supplementari davanti agli occhi della Regina Elisabetta II.
Golden Gol
A differenza dei precedenti, le squadre però non sembrano spaventate dall’ipotesi golden gol e si spingono all’attacco alla ricerca della marcatura decisiva. Detto fatto: palla lunga, sponda di Bierhoff per Klinsmann che stoppa e crossa di sinistro per l’ariete tedesco. Bierhoff mette giù palla, la protegge e gira con il mancino verso la porta; leggera deviazione di Hornak e il portiere Kouba non trattiene una palla all’apparenza semplice, che rotola in rete. 2-1 Germania. Game, set and match: i tedeschi sono Campioni d’Europa per la terza volta.
È la fine del grande ciclo tedesco che in 24 anni, dal ’72 al ’96, ha portato a Berlino due titoli del mondo, tre titoli europei e altre quattro finali. Per ora, in cima all’Europa ci sono ancora loro ma tutto è apparecchiato per l’edizione del nuovo millennio, è tutto pronto per Euro 2000.
Abbiamo scritto anche delle altre edizioni degli Europei: ’68, ’72, ’76, ’80, ’84, ’88, ’92, ’00, ’04, ’08, ’12, ’16.