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Ci troviamo tra Belgio e Paesi Bassi, nella prima edizione di un campionato europeo organizzato da due nazioni diverse. Europeo 2000 non ha bisogno di presentazioni per gli italiani, per i quali la competizione ha rappresentato un turbinio assurdo di emozioni fino all’ultimo pallone, quello del golden goal, nella finale di Rotterdam.
Ma l’edizione non è solo Francia-Italia, che si affrontano per la coppa al De Kuip, ma anche Toldo, “mo je faccio er cucchiaio” e tanti altri momenti memorabili che hanno riportato ad una competizione in difficoltà la linfa vitale dell’emozione, manifestando in pochi precisi attimi la natura intera del pallone.
I due lati della medaglia del calcio si mostrano imperiosi nell’edizione della rinascita, mentre il mondo intero si lancia nel nuovo Millennio.
Il contesto storico
Il Millenium Bug e tanti buoni propositi
10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1… buon Duemila! Con queste parole, un Carlo Conti d’annata, accompagnato da Gigi Proietti e Valeria Marini, annuncia su Rai Uno l’arrivo del nuovo Millennio, prima di lasciare la parola a Giovanni Paolo II (altri tempi), che saluta l’anno del Giubileo sopra una Piazza San Pietro stracolma di migliaia e migliaia di persone (decisamente altri tempi).
Così, mentre le persone guardano diffidenti le proprie lavatrici e i propri computer, assicurandosi che effettivamente il Millenium Bug sarebbe stato un problema da poco conto e non l’inizio della rivolta delle macchine, il mondo accoglie il Terzo Millennio e, come sempre quando l’uomo si approccia a qualcosa di nuovo, la prima cosa che si fa è disegnare immaginifici buoni propositi.
Più cristianità e meno peccati, pensa il Papa; più tecnologia e meno carta, si augurano i rivoluzionari della Silicon Valley; più Berlusconi e meno centrosinistra, sogna l’ex Cavaliere nella sua villa. E il buon proposito del calcio per il nuovo Millennio qual è? Lo stesso che la FIFA inseguiva ormai da tempo: più spettacolo e amore per il calcio e meno difesa e noia.
Il 2000 significa per tutti l’occasione di ripensare il mondo, l’opportunità di rilanciare ciò che è proiettandosi in un futuro migliore e per il mondo del pallone l’occasione per farlo si presenta dal 10 giugno di quell’estate con Euro 2000, i primi Europei organizzati in due paesi diversi: Belgio e Paesi Bassi.
Il Giubileo del 2000
Dunque, l’anno 00 è l’occasione perfetta per riiniziare da una pagina bianca e il primo a cogliere il momento è proprio Papa Wojtyla che nel 1994 annuncia che quello sarà l’anno in cui i peccati dei fedeli verranno cancellati e la cristianità ripartirà da sé stessa, attraverso l’anno Santo del Giubileo. Un’annata che sarà scandita dagli eventi organizzata dalla Santa Sede, tra cui un’esibizione tra Nazionale Italiana e una selezione dei migliori stranieri della Serie A per celebrare il Giubileo degli sportivi, terminata a reti bianche.
Ben più interessante e apprezzabile fu un altro grande evento che rappresenterà storicamente ma soprattutto socialmente lo spirito giovanile che accompagnava il nuovo millennio: il mondo, quello nuovo, è dei giovani pronti a raccogliere l’eredità delle lotte dei predecessori per costruire un mondo più giusto, più aperto e più bello. L’evento è la Giornata Mondiale della Gioventù, organizzata proprio a Roma, che si apre il 15 agosto e si chiude sei giorni dopo nella spianata di Tor Vergata, dove si riuniscono due milioni e mezzo di giovani cristiani provenienti da tutto il mondo. È un muro di persone, un muro di cristiani ma è soprattutto un muro di futuro, che avvolge l’intera umanità mentre il Papa celebra la Santa Messa..
Lo Scudetto parla romano
Lazio 1999/2000
Questo spirito di novità si respira anche nel calcio italiano, dove, dopo 8 anni di dualismo ininterrotto tra Juventus e Milan, le romane sembrano pronte a puntare allo scudetto. Specialmente la Lazio di Sven Goran Eriksson, che alla fine del girone d’andata è attaccata alla Juve campione d’Inverno: 36 punti per i bianconeri, 35 per i biancocelesti guidati dal centrocampo argentino Simeone-Veron e da Alessandro Nesta e Marcelo Salas ai due estremi del campo.
Alle 17:00 del 14 maggio 2000, la classifica recita: Lazio 72, Juventus 72 e con quel finale lo scudetto sarebbe stato deciso da uno spareggio. Tuttavia, mentre i capitolini avevano chiuso e vinto il proprio match con la Reggina per 3-0 all’Olimpico, la Vecchia Signora è chiusa negli spogliatoi da più di un’ora per un violento nubifragio che aveva costretto Collina a sospendere la partita all’intervallo sul risultato di 0-0. Nonostante le proteste bianconere per un campo ai limiti del praticabile, l’arbitro fa riprendere il match e Calori incorna la rete che significa 1-0 Perugia e scudetto per la Lazio: il Nuovo Millennio aveva riportato a Roma il titolo diciassette anni dopo l’ultima vittoria romanista e a ventisei dal primo e unico trionfo biancoceleste.
Roma 2000/2001
Ma quello non sarà l’ultimo episodio della stagione romana del calcio italiano: il 23 maggio 2000 la Roma entra in borsa e in quell’estate sfrutta la nuova liquidità derivante dal capitale sottoscritto dagli azionisti per sostenere una campagna acquista faraonica. Arrivano Walter Samuel, Emerson e Gabriel Batistuta per circa 75 milioni complessivi, che si uniscono a Francesco Totti, Cafù, Aldair e tanti profili internazionali alla corte di Fabio Capello, già quattro volte campione d’Italia.
La Magica parte fortissimo guidata da Totti e Batistuta: al giro di boa è Campione d’Inverno a +6 sui cugini e sulla Juve e a tre giornate dalla fine il vantaggio si è ridotto di una sola lunghezza sui biancocelesti, dopo aver fatto gara di testa per ventinove delle trentuno giornate disputate. Tre giornate alla fine, cinque punti di vantaggio e una leadership che è durata per tutto il campionato, tutto tranquillo no?
Ecco, probabilmente i più agitati e pessimisti sono proprio i romanisti, che tante volte hanno visto cadere la propria squadra alle porte del Paradiso e le successive due giornate non fanno che alimentare la loro ansia: 1-1 con il Milan, 2-2 con il Napoli mentre la Juve vince di misura contro il fatal Perugia e abbatte il Vicenza 3-0, presentandosi alle porte dell’ultima giornata a meno due dai capitolini.
E la tensione non fa altro che salire nei primi minuti del match conclusivo con il Parma all’Olimpico: la Juve ha già segnato con Trezeguet mentre la Roma ha già sprecato un paio di occasioni. A spezzare il momento, non può che pensarci lui, l’ottavo Re di Roma, Francesco Totti, che al 19esimo raccoglie in corsa un cross di Candela e tira un missile alle spalle di Buffon: 1-0. Passano 20 minuti e quelle porte del Paradiso sembrano definitivamente aprirsi: palla profonda di Emerson, miracolo di Gigi su Batistuta ma Montella è pronto sulla respinta e raddoppia. La festa può cominciare… forse.
Mentre arrivano il 3-0 di Batigol e il gol della bandiera di Di Vaio, a cinque minuti dalla fine la giornata perfetta rischia di trasformarsi in un incubo: un migliaio di tifosi invadono il campo e se la partita non dovesse riprendere, il regolamento dice 3-0 a tavolino per gli ospiti e scudetto alla Juve, che aveva vinto con l’Atalanta. Ad evitare lo psicodramma ci pensa soprattutto Capello, che sbraita e si infuria con gli invasori e li esorta ad uscire dal campo. La partita riinizia, finisce e la Roma è campione d’Italia.
Europeo 2000
Il cammino dell’Italia di Zoff ai gironi
A fungere da intramezzo tra i due trionfi romani, ci pensa Euro 2000, a cui l’Italia arriva con sentimenti contrastanti: da un lato c’è la frizzante attesa per una generazione che era giunta finalmente a maturazione, dopo aver dominato tre europei under 21 consecutivi e dopo un Mondiale francese concluso nei rigori dei quarti di finale con la Francia campione. Da quell’under, arrivano in nazionale maggiore Toldo, Cannavaro, Inzaghi, Vieri, Nesta, Delvecchio e Totti mentre sulla scena europea si sta già affacciando, vincendo il quarto Europeo in cinque edizioni pochi giorni prima dell’inizio dell’edizione dei grandi, un’altra schiera di talenti che conta tra gli altri Andrea Pirlo e Rino Gattuso.
Dall’altro lato però, c’è stato un girone di qualificazione sì vinto ma senza convincere con il pass europeo che è rimasto in palio fino all’ultima giornata. Tuttavia, il girone è più che abbordabile, con Turchia, Svezia e Belgio, e il 10 giugno la partita inaugurale sembra parzialmente spazzare via i dubbi della vigilia: gli Azzurri battono i turchi 2-1 con un rigore a 20′ dalla fine di Inzaghi, dopo la rovesciata in apertura di Antonio Conte, ma il risultato non rappresenta minimamente il volume di gioco e di occasioni creato dagli azzurri, specialmente nel secondo tempo.
Passano tre giorni e il copione si ripete: partita ben controllata, due gol (Totti di testa e Fiore con un grande destro a giro) e tre punti che portano il primo posto matematico nel girone prima dell’ultima partita.
Nella sfida finale contro la Svezia, Zoff inserisce tutte le riserve, tra cui un Alex Del Piero relegato alla panchina dal gravissimo infortunio sofferto a Udine un anno e mezzo prima e dall’esplosione del Pupone, giudicato dal CT incompatibile con il capitano bianconero. Pinturicchio sfrutta l’occasione per mettersi in luce servendo prima l’assist per l’1-0 di Di Biagio e poi segnando i gol decisivo del 2-1 a due minuti dal termine. Questione girone archiviata con tre vittorie, davanti a Turchia, Belgio e Svezia.
Gli altri gironi dell’Europeo
Dal girone D escono Olanda e Francia, che si contendono il primo posto in un match spettacolare finito 3-2, e nemmeno il gruppo C regala grosse sorprese, premiando la Spagna e la Jugoslavia, rappresentante però della Repubblica Federale che poi diventerà Serbia e Montenegro. Anche in questo caso, le due qualificate si giocano il primato nell’ultima partita in cui gli slavi vanno avanti tre volte, vengono ripresi al 90esimo e nel recupero subiscono il 4-3 finale, dopo che contro la Slovenia avevano recuperato un 3-0 in sei minuti in un altro match pazzo.
Avete capito bene: lo spettacolo è tornato a caratterizzare i Campionati Europei, offrendo tanti gol, rimonte folli e gol stupendi. Il più bello dei quali è probabilmente quello con cui Luis Figo, accorcia le distanze nel match inaugurale con l’Inghilterra, con un missile terra aria che si infila nel sette. Il Portogallo completa la rimonta e vince 3-2, segnando il primo passo falso di una delle due grandi delusioni del gruppo e dell’Europeo. Gli inglesi perdono anche contro la Romania e non basta la vittoria di misura con i tedeschi, i quali si fanno anche stracciare da una tripletta di Conceição e strappano solo un pareggio dai rumeni.
Nel girone di Inghilterra e Germania, a passare sono Portogallo e Romania, futura avversaria nei quarti degli Azzurri. Se per l’Inghilterra è l’ennesima delusione ma di un gruppo giovane che ha scoperto i talenti di Scholes, Gerrard, Beckham e Owen, per la Germania è chiaramente la fine del più grande ciclo della storia del calcio e l’inizio della rifondazione. Questa sarà guidata da grandi investimenti nella preparazione dei tecnici, con risultati evidenti ancora oggi in un calcio dominato dalla scuola tedesca.
I quarti di finale
Quarti di finale, quattro partite e quattro nomi: Nuno Gomes, Francesco Totti, Patrick Kluivert e Zinedine Zidane.
Il primo continua il suo biennio di grazia che gli varrà il trasferimento alla Fiorentina, decidendo lo scontro con la Turchia con un colpo di testa e un appoggio di piatto.
Il secondo apre una partita chiusa contro la Romania, vinta 2-0, con un gol splendido: tocco morbido di Fiore in profondità, stop di petto del Pupone e tiro al volo alle spalle del portiere rumeno, mentre qualcuno inizia a parlare di Pallone d’Oro.
Kluivert, giustiziere del Milan di Capello nella finale di Champions del ’94, segna una tripletta nel 6-1 contro i serbi davanti agli occhi del piccolo Justin, che ad inizio maggio aveva festeggiato il primo compleanno.
Infine, tocca a Zizou, già premiato da France Football nel ’98 e in odore di un altro trofeo dorato, sblocca il quarto contro la Spagna con una punizione perfetta dal centrosinistra, l’ennesimo grande gol dell’edizione. Dunque, le semifinali sono definite: Francia-Portogallo, match sulla carta molto equilibrato e insidioso per i campioni del mondo, e Italia-Olanda, con gli Azzurri ancora da percorso netto ma contro gli Orange spinti dal pubblico di casa e dalla goleada contro gli slavi. Francesco, si va in scena!
Le Semifinali: Francia-Portogallo e Italia-Olanda
Francia-Portogallo
Le semifinali si aprono a Bruxelles, a 28 anni dalla finale del 1972, con il match dei Bleus.
La partita si sblocca al 19esimo con il vantaggio degli iberici e chi vuoi che segni se non Nuno Gomes? Palla vagante, sinistro dal limite dall’area in estirada e palla in buca d’angolo.
Tuttavia, gli altri sono i campioni del mondo e hanno aggiunto alla squadra iridata tre giovani ora veramente maturi: Patrick Viera, David Trezeguet e Thierry Henry. È proprio l’ex juventino, reduce da una prima stagione all’Arsenal da 26 reti, a pareggiare la partita con un destro incrociato, portandola ai supplementari e quando si arriva all’extra-time, i francesi hanno un’arma in più: il golden goal.
Nella storia delle competizioni per nazionali, dieci partite sono state decise da questa regola e quattro di queste hanno visto vincere la Francia: a 5 minuti dalla fine, Vitor Baia esce su Trezeguet lanciato in porta, la palla resta vagante e viene calciata da Wiltord che costringe Abel Xavier ad una vera e propria parata; calcio di rigore, Zidane sul dischetto, palla all’incrocio dei pali e Francia in finale alla ricerca di uno storico double.
Italia-Olanda
L’altra semifinale è legata nell’immaginario italiano ad un solo nome: Francesco Toldo, il secondo di Gigi divenuto poi eroe nazionale. Il ruolo del portiere è un unicum nel calcio perché si tratta dell’unico ruolo veramente individuale del gioco, in cui guidi i compagni ma non sei guidato da nessuno, in cui per cento interventi perfetti, basta un solo errore per compromettere la partita. Tuttavia, proprio perché indipendente dagli altri, il portiere è l’unico che può decidere un risultato da solo, entrando in uno stato di trance agonistica che permette di spingere il limite di un atleta un po’ più in là.
Toldo in Olanda-Italia è manifesto di questo senso di invincibilità. Sì, perché l’Olanda parte subito forte, schiaccia gli Azzurri che annaspano mentre Bergkamp colpisce il palo e Zambrotta viene sistematicamente messo in crisi sulla fascia destra. Dopo un quarto d’ora è ammonito, 19 minuti più tardi prende il secondo e lascia gli uomini di Zoff in dieci, definendo chiara nella mente dei compagni la necessità di una vera e propria impresa. E nemmeno quella sembra bastare quattro minuti più tardi, quando il tedesco Merk punisce una “trattenuta” (senza offesa per le vere trattenute) di Nesta su Kluivert.
Mentre De Boer prende la rincorsa, il sogno azzurro sembra infrangersi ma c’è un uomo, con i guantoni per l’occasione, che ha sognato già tutto e sa che i tulipani dovranno calpestarlo per raggiungere la Francia: sinistro incrociato di De Boer, para Toldo il primo rigore del match.
Sì, perché a metà secondo tempo, Davids irrompe in area e viene steso da Iuliano: rigore, questa volta netto. Cambia il tiratore, Kluivert, ma la fortuna premia gli Azzurri e il suo spiritato numero 1, con la palla che si stampa sul palo. È ancora 0-0.
L’assedio olandese prosegue fino all’ultima azione del secondo tempo supplementare mentre San Toldo urla agli olandesi “tirate, tirate, tanto prendo tutto”. Si va ai rigori e il primo a battere è Di Biagio, che due anni prima aveva sbagliato il penalty decisivo con i francesi, ma che stavolta è perfetto. Per rispondere, l’Olanda manda De Boer ma l’estremo difensore azzurro è nella sua testa e sa che calcerà come sul primo errore: previsione azzeccata, parata e Pessotto può convertire per il 2-0. Tocca a Stam che da buon difensore spara un missile centrale, peccato, per loro, che vada altissimo.
È il turno di Totti, che decide che quella semifinale aveva bisogno di un altro atto magico di un Francesco, e mentre guarda Van der Sar posizionarsi tra i pali, dice a Maldini e Di Biagio: “hai visto quant’è grosso quello? Mo je faccio er cucchiaio”: tocco morbidissimo, portiere juventino superato e 3-0. Dunque, il primo match point azzurro lo calcia Kluivert, che segna il primo rigore olandese su 5 tentativi, mentre a Maldini spetta il secondo, che Van der Sar respinge. Peccato, si vede che gli dèi del calcio hanno deciso che a deciderla debba essere proprio San Francesco: Bosvelt sul dischetto, destro incrociato, Toldo si allunga e respinge, consegnando all’Italia la prima finale europea dal 1968.
La finale: Italia-Francia
Alla vigilia della finale, i pronostici sono indubbiamente tutti per i francesi: sono i campioni del mondo, sono più forti, più esperti e giocano meglio, ma l’Italia ha vissuto questa storia da sopravvissuta che storicamente negli Europei porta sempre molto bene e infatti parte forte.
Primo Tempo
Al quarto minuto, Fiore batte un angolo dalla sinistra e Totti liscia di poco di testa il pallone del vantaggio. Passano tre minuti e da un’incursione sempre del centrocampista friulano nasce un cross per Delvecchio appena troppo lungo, a tu per tu con Barthez. L’Italia è partita forte e i lanci in profondità dei francesi sembrano innocui per un trio difensivo con Cannavaro, Nesta e Maldini. Dopo venti minuti, non è ancora arrivato il primo intervento di Toldo e, forse ancora più sorprendente, Zizou, Henry e Djorkaeff non hanno minimamente inciso.
Tuttavia, la Francia ha alzato l’intensità e il match si è trasformato rapidamente in un incontro maschio giocato sui contrasti nella fascia centrale del campo. Al 39esimo c’è la prima occasione per i francesi, quando Djorkaeff raccoglie un tiro strozzato di Henry e cerca di concludere a rete con la punta del destro, generando una conclusione comoda per Toldo. Finisce così il primo tempo: il muro italiano non ha concesso praticamente nulla ma anche la fase offensiva non ha generato nulla dopo le due occasioni iniziali.
Secondo Tempo
La ripresa si apre con l’assolo di Thierry Henry, che prende palla sulla sinistra, salta Cannavaro e crossa dal limite per Zidane, che non chiude a porta vuota solo per merito del contrasto di Maldini. L’Italia ha perso un po’ il controllo del campo e Zoff opta per un cambio a sorpresa: fuori Fiore, dentro Del Piero, con Totti che arretra nella posizione di rifinitore dietro lo juventino e il compagno giallorosso Delvecchio. Passano pochi minuti e, da un calcio d’angolo creato da Pinturicchio, Albertini verticalizza per Totti, che rifinisce per Pessotto, che crossa dentro per Delvecchio, appostato da solo a pochi passi da Barthez: 1-0 Italia.
La Francia subisce il colpo e dopo un paio di minuti, Totti manda in porta Del Piero che calcia di poco a lato davanti all’estremo difensore francese. Risponde sua maestà Zizou, che con un tocco di classe manda in porta Wiltord, il cui tiro è respinto da Toldo all’ora di gioco. Pochi minuti dopo, tocca di nuovo al capitano romanista partecipare alla gara degli assistman, servendo il compagno di squadra Delvecchio davanti alla porta: sinistro che va dritto per dritto e colpisce il palo di sostegno.
I campioni del mondo spingono ma sono gli Azzurri ad avere le occasioni migliore come al 77esimo, quando Ambrosini serve a Del Piero il nuovo pallone del 2-0, ma lo juventino spreca calciando su Barthez. Purtroppo, quando sbagli tanto, nel calcio spesso lo paghi: ad inizio recupero, Toldo compie un miracolo su Trezeguet ma ad un minuto dalla fine del recupero, Barthez calcia lungo verso il centroavanti che fa la sponda verso Wiltord; Cannavaro sfiora ma la palla finisce sui piedi del francese che incrocia alle spalle del portiere azzurro, clamorosamente non perfetto. È 1-1 ed è supplementari.
Golden Goal
La rimonta colpisce nel morale gli Azzurri che iniziano a sentire il grande sforzo della semifinale in una prima parte di supplementare in cui la Francia è in controllo delle operazioni. Ci prova da lontano Pires, sulla cui parata Toldo riceve una scarpata da Trezeguet, e in semi rovesciata Zidane, che manda alto contrastato da Maldini.
Ma dopo sette minuti di extra-time, entra in campo il grande amico dei francesi, il solito golden goal: Pires parte sulla fascia, salta Cannavaro e crossa al centro, dove Iuliano si è perso Trezeguet che gira in porta il gol che vale un Europeo.
L’Italia, che aveva ricevuto dalla semifinale il brivido del miracolo e dell’invincibilità, sbatte sul muro doloroso del calcio e perde un trofeo su cui aveva già appoggiato i polpastrelli. Questo è il calcio, ciò che lo rende esaltante e ciò che lo rende crudele, ma soprattutto ciò che lo rende così spettacolare. È l’altro lato della medaglia di un’edizione dolceamara per gli Azzurri ma di rilancio per il calcio europeo, nel pieno spirito del Nuovo Millennio.
Abbiamo scritto anche delle altre edizioni degli Europei: ’68, ’72, ’76, ’80, ’84, ’88, ’92, ’96, ’04, ’08, ’12, ’16.