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Il 2008 è un lunghissimo momento di stacco tra prima e dopo, un anno in cui si concentrano una serie di eventi destinati a segnare immediatamente il futuro del mondo politico, sociale e sportivo. Le Olimpiadi di Bolt, l’acqua su Marte, la crisi finanziaria, Nadal a Wimbledon, Obama alla Casa Bianca, il primo Pallone d’Oro di Ronaldo, l’esplosione di Facebook e l’arrivo dell’iPhone: una serie di momenti straordinari, nel bene e nel male, che si susseguono come un vortice che travolge la contemporaneità.
Ma quelli sono solo alcuni dei momenti di svolta targati 2008, tra cui si fa spazio l’Europeo estivo, nuovamente affidato ad una doppia organizzatrice, che consacrerà una grande nazionale e due straordinari giocatori, destinati però a rimanere un po’ l’ombra di questo momento di gloria.
Si parla di Fernando Torres e Andrej Arshavin.
Il contesto storico
Immaginate di alzare la testa verso un magnifico cielo stellato, in cui sono incastonate tante piccole gemme brillanti ma flebili nel buio della notte. Ad un certo punto, in un arco temporale che dura un anno ma che a voi sembra solo una manciata di secondi, alcune di quelle stelle si illuminano improvvisamente, come tante piccole esplosioni, da una parte all’altra della volta celeste. Prima a destra, poi allo Zenith, poi lì vicino all’orizzonte sulla sinistra si accendono tanti piccoli riflettori destinati a cambiare totalmente la vostra visione della normale notte. Il 2008 è questa serata di stupore e cambiamento che ha preso il mondo che c’era la prima e l’ha reso qualcosa di diverso, soprattutto nello sport.
Il ritorno di Berlusconi al governo
Per gli italiani, l’annata si apre con l’ennesimo scossone politico della difficile storia della Seconda Repubblica: a febbraio, Romano Prodi non ottiene la fiducia del Parlamento e per la seconda volta nella storia della Repubblica Italiana, un governo cade a causa di una crisi parlamentare.
La prima volta? Il governo Prodi I, dieci anni prima. L’uscita di scena dell’ex Presidente del Consiglio apre le porte alle elezioni e, conseguentemente, al quarto interregno del Cavaliere Silvio Berlusconi, che mantenne la carica fino al 2011 alle porte del default statale.
Il Super Bowl XLII e l’Helmet Catch
Dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti, l’anno sportivo si è aperto con una sorpresa ancora più grande per gli appassionati a stelle e strisce e i telespettatori del Super Bowl XLII.
All’appuntamento più atteso dell’anno, si sono presentati i New York Giants, che hanno chiuso la stagione regolare con 10 vittorie e 6 sconfitte, e i New England Patriots, capaci di registrare la prima stagione da imbattuti dal 1972, quando i Miami Dolphins vinsero tutte le 17 partite di regular season e playoff per completare l’unica undefeated season della storia. Guidati da Bill Belichick in panchina e Randy Moss e Tom Brady in campo, i Patriots sono pronti a raggiungere la franchigia della Florida nell’Olimpo del football, ma vedono le proprie speranze infrangersi a 1:05 dalla fine quando avviene un vero e proprio miracolo sportivo.
Sotto 14-10, Eli Manning, quarterback dei Giants, vuole lanciare ma immediatamente arriva la pressione della linea difensiva di New England; proprio mentre sembra arrivare il tackle che significa quasi certamente game over, Eli si libera dalla pressione e lancia un pallone contestato al centro del campo verso David Tyree. Il ricevitore newyorkese salta contro due difensori e prende in modo inspiegabile la palla tenendola stretta sul retro del casco, con quella che diventerà famosa nella storia dell’NFL come l’Helmet Catch. New York chiude il proprio possesso con il touchdown del 17-14 e completa una delle più grandi sorprese della storia dello sport americano.
L’ascesa dell’iPhone, l’acqua su Marte e l’esplosione di Facebook
Tuttavia, questi due eventi sorprendenti sono solo l’inizio di un anno pieno di scossoni.
Il 2008 è l’anno della scoperta dell’acqua su Marte, quando il 31 luglio la NASA ha confermato la rilevazione da parte della sonda Phoenix di ghiaccio, sublimato in vapore acqueo una volta arrivato in superficie.
Ma non solo, è l’anno dell’esplosione di Facebook in Italia, grazie al milione e trecento mila visite registrate nell’agosto, un dato in crescita del 961% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, proprio mentre si diffonde un altro social destinato a cambiare la vita delle persone: YouTube.
I due giganti del mondo dei social media sono oggi indissolubilmente legati al mondo della telefonia mobile, dove proprio nel 2008 arriva la rivoluzione del settore grazie a Steve Jobs e la Apple che ottengono il successo mondiale grazie al nuovo iPhone 3G, sbarcato in Italia l’11 luglio. Tecnologia, informatica e scienza che in pochi anni rivoluzionano completamente il mondo sociale, economico e lavorativo di tutto il mondo mentre portano un sussurro all’orecchio su cosa ci sia veramente al di là del caro mondo chiamato Terra. Un’annata che è una porta sul futuro.
La nuova alba della scena politica internazionale
E se la tecnologia va verso la rivoluzione dei social media e degli smartphone, una nuova alba sta sorgendo sulla scena politica americana e mondiale. Mentre a Firenze un giovane Matteo Renzi si candida per la carica di sindaco e a Londra tocca a Boris Johnson correre per la leadership cittadina, gli Stati Uniti sono in piena campagna elettorale per la corsa alla 44° presidenza alla Casa Bianca: per i repubblicani, il senatore dell’Arizona John Mccain, per i democratici il corrispettivo dell’Illinois Barack Obama.
Il 4 novembre l’originario dell’Honolulu si aggiudica gli ultimi stati chiave e diventa il primo presidente afroamericano della storia degli USA. È l’inizio di un doppio mandato durato otto anni, costellato tra le altre cose da un Premio Nobel per la Pace nel 2009, «per il suo straordinario impegno per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli», in riferimento ai suoi impegni di dialogo con il Medio Oriente.
La crisi finanziaria del 2008
La presidenza Obama sarà segnata sin dall’incipit dal più grande nemico di un leader a capo della più potente forza economica del mondo: la crisi. I colpevoli? I mutui subprime, ovvero dei prestiti concessi dalle banche a sottoscrittori senza le necessarie garanzie a tassi d’interesse molto bassi per l’acquisto di case. Infatti, non appena sono calati gli investimenti negli immobili, la bolla finanziaria è esplosa, i tassi d’interesse si sono rialzati e le persone che avevano sottoscritto tali mutui non sono state più in grado di pagare i propri debiti.
Nel frattempo, le banche avevano cercato di azzerare il rischio legato a questi titoli mescolandoli ad altri più sicuri e rivendendoli sul mercato finanziario. In questo modo, questi mix si sono diffusi negli istituti bancari di tutto il mondo, finché il loro valore non è divenuto praticamente nullo. Seguendo il classico meccanismo del panico finanziario, per cui se c’è una crisi tutti ritirano i propri crediti bloccando il sistema bancario, la crisi si è espansa su tutto il mercato finanziario, coinvolgendo prima tutti gli indici principali di borsa e poi direttamente i titoli statali, mentre le banche falliscono perché non riescono a ripagare i propri debiti.
Il caso più emblematico è quello di Lehman Brothers, gigantesca banca americana, che il 15 settembre annuncia bancarotta rendendo palese a tutto il mondo che la crisi è in atto.
Ecco, se dovessimo individuare la stella più luminosa nella nostra volta celeste di avvenimenti, probabilmente nulla ha avuto un impatto più accecante sul breve periodo della crisi del 2008.
La prima volta di Hamilton e la beffa della Rossa
Ma mettendo da parte crisi e momenti negativi, il 2008 è un grande anno per lo sport a livello globale e interdisciplinare; è un momento di stacco tra i dominatori del passato e quelli del presente, che ha segnato l’inizio delle storie di tante stelle, alcune ancora accecanti, altre che hanno brillato per poco. Il 16 marzo inizia il campionato di Formula 1, i cui pronostici mettono di fronte i due piloti Ferrari, Felipe Massa e il campione del mondo in carica Kimi Raikkonen, e la nuova stellina del circus, Lewis Hamilton.
L’inglese aveva perso il titolo nella stagione da rookie, quella precedente, nell’ultima gara in Brasile, superato al photofinish dal finlandese di Maranello dopo una gara piena di errori. L’annata successiva sembra essere un film già visto: Lewis vince la gara inaugurale in Australia e si presenta all’ultima gara da leader del mondiale con sette punti sul brasiliano della Rossa, per cui è sufficiente un quinto posto per diventare il più giovane campione del mondo della storia della F1.
In partenza è quarto, pochi minuti dopo il meteo inizia a fare mille acrobazie e al 69esimo giro, a due dal termine, Hamilton è sesto mentre Massa comanda la gara ed è virtualmente leader del mondiale. All’inizio dell’ultimo giro, Timo Glock, quarto, è davanti all’inglese di quindici secondi ma è con le gomme d’asciutto sotto un violento temporale. Dunque, Massa taglia il traguardo da vincitore e il pubblico brasiliano esplode per celebrare il nuovo campione, prima che arrivi lo psicodramma: alla penultima curva, Lewis supera Glock lentissimo, guadagna il quinto posto e taglia l’ultimo traguardo della sua prima stagione iridata.
È l’inizio dell’epopea Lewis Hamilton, l’unico in grado di mettere in dubbio il trono di Michael Schumacher, raggiungendo dodici stagioni più tardi i suoi sette titoli mondiali. La stella di un nuovo dominatore si accende nel cielo piovoso di Interlagos 2008.
A proposito di campioncini, datata 2008 è l’impresa dell’altro grande dominatore dell’ultimo decennio di Formula 1, quel Sebastian Vettel che il 14 settembre domina dalla pole il Gran Premio di Italia, diventando il più giovane vincitore della storia della F1 all’età di 21 anni e 73 giorni e regalando il primo successo della propria vita sportiva alla Toro Rosso, scuderia di Faenza. Passato in Red Bull, dal 2010 al 2013 vincerà quattro titoli del mondo consecutivi prima che il suo dominio venga interrotto dal passaggio all’era dell’ibrido.
Le altre sorprese del mondo dello sport
Le storie di Vettel e Hamilton, però, sono solo due delle tante esplosioni non calcistiche dell’anno. A maggio, Ettore Messina conquista con il CSKA la sua quarta Eurolega, diventando il secondo allenatore più vincente della storia alle spalle di Zeljko Obradovic, pochi giorni prima del primo trionfo della Trentino Volley nel campionato italiano di pallavolo, che darà il via ad un’epoca da quattro scudetti, tre Champions League e cinque campionati del mondo per club, record all time, per una squadra fondata appena otto anni prima.
Ma è anche l’anno del Pistolero Alberto Contador, che con la sua andatura classica sui pedali conquista Giro d’Italia e Vuelta di Spagna, diventando il quinto ciclista di sempre a vincere tutti e tre i grandi giri.
Altro sport per cui il 2008 rappresenta un’annata essenziale è il basket NBA dove i Boston Celtics, grazie all’acquisizione tramite trade (scambio) di Ray Allen e Kevin Garnett che vanno a far compagnia al beniamino del Garden Paul Pierce, diventano il primo super team della storia contemporanea della pallacanestro USA a vincere un titolo, il diciassettesimo (ed al momento ultimo) per la franchigia del Massachusetts.
Senza dimenticare il trionfo di Rafael Nadal sull’erba di Wimbledon, in una finale contro Roger Federer che per molti rappresenta la più bella partita conclusiva del torneo del Grande Slam, conclusasi dopo 4 ore e 48 minuti di gioco per 6-4 6-4 6-7 6-7 9-7 per il maiorchino. Una finale che segnerà definitivamente la vittoria dei grandi battitori da fondo campo sugli artisti del gioco a rete, segnando l’ennesimo prima e dopo di questo 2008 sportivo.
Il dominio di Michael Phelps e Usain Bolt
Tuttavia, il 2008 non può che essere soprattutto l’anno delle Olimpiadi di Pechino, che sono legate a due figure a prima impressione antitetiche ma accomunate da un talento divino. Acqua e aria, bianco e nero, America e Giamaica, professionalità e divertimento: Michael Phelps e Usain Bolt sono gli assoluti dominatori di un’edizione olimpica leggendaria.
Il primo, lo Squalo di Baltimora chiuderà la propria rassegna olimpica con otto medaglie d’oro su otto gare disputate, diventando il primo atleta a vincere così tante medaglie dorate in un’edizione dei Giochi Olimpici, battendo il record dell’altro nuotatore americano Mark Spitz che reggeva da 36 anni. Se questo non dovesse bastare, in sette delle otto gare registra il nuovo record del mondo della disciplina, segnando un divario netto tra Phelps e chiunque altro nella storia.
Dall’altra parte, il velocista giamaicano, che nel suo nome ha già descritto tutto ciò che serve per descriverlo: è un fulmine per quanto veloce corre in pista ed è un fulmino per la forza esplosiva con cui travolge le Olimpiadi con i risultati e con un atteggiamento guascone ma che fa innamorare veramente tutti.
Usain vince i 100 metri piani in 9.69, nuovo record del mondo, rallentando negli ultimi 30 metri per esultare con la scarpa sinistra slacciata. Nei 200, il risultato non cambia e neanche la modalità, stabilendo il nuovo primato mondiali in 19.30, prima di chiudere la sua edizione con la staffetta 4×100 giamaicana, naturalmente vinta con il record del mondo in 37.10.
Successivamente, l’allenatore di Bolt dichiarerà che senza rallentare nella prima gara avrebbe potuto fermare il cronometro sui 9.52, abbassando il suo stesso record di qualche mese prima di venti centesimi. Poco grave perché l’anno successivo Usain fermerà il cronometro dei Mondiali di Berlino prima sui 9.58 e poi sui 19.19, sempre con il solito sorriso e la solita esultanza puntando un dito al cielo.
Phelps e Bolt accecano l’osservatore della nostra volta celeste datata 2008 entrando non solo nella leggenda di nuoto e atletica, ma affermandosi come due dei più grandi sportivi di sempre.
La stagione calcistica europeo 2008
Venendo allo sport che più ci accomuna e appassiona, nel calcio il 2008 segna l’inizio di tre grandi cicli, suddivisi equamente prima, durante e dopo l’Europeo estivo.
Il ciclo di Cristiano Ronaldo
Il 21 maggio allo stadio Luzhniki di Mosca va in scena la finale tutta inglese della Champions League: da un lato il Manchester United, dall’altro il Chelsea. La partita è sbloccata al 23esimo da un colpo di testa di Cristiano Ronaldo ma pareggiata sul finire della prima frazione da Frank Lampard, consegnando il match ad un secondo tempo molto tattico, dunque a dei supplementari in cui il protagonista non è il gol ma il colpo proibita di Drogba a Vidic, con tanto di espulsione, che fa da preambolo ai decisivi calci di rigore.
Nelle prime nove battute segnano tutti tranne l’astro nascente del calcio mondiale Cristiano Ronaldo, che si fa parare il tiro da Cech consegnando a John Terry il pallone decisivo per portare la coppa a Londra. Sotto il diluvio di Mosca, il capitano del club londinese va sul punto di battuta, spiazza completamente van der Saar ma scivola al momento dell’appoggio e colpisce il palo riportando lo United in partita. Dunque, segnano Anderson, Kalou e Giggs prima che Anelka si faccia parare l’ultimo rigore dal portiere olandese, consegnando la coppa dalle grandi orecchie alla città di Manchester.
Si tratta della prima di cinque Champions League per Cristiano Ronaldo, che finirà l’anno solare con il suo primo Pallone d’Oro dopo una stagione 2007-08 da 42 reti (la prima di nove stagioni da almeno 40 gol), in cui vince anche la Premier e manca il triplete perdendo il quarto di finale di FA Cup con il Portsmouth campione per un rigore di Sulley Muntari, conoscenza del calcio italiano.
In ogni caso, è l’inizio del dominio CR7-Leo Messi, che da quel momento in poi conquisteranno dieci premi di miglior giocatore del mondo di fila (undici degli ultimi dodici) e nove Champions League.
Il ciclo di Pep Guardiola
E se si parla di Lionel Messi e di 2008, non si può non parlare dell’inizio del terzo dei tre grandi cicli, quello di Pep Guardiola. L’8 maggio Joan Laporta sceglie l’ex giocatore blaugrana, ritiratosi appena due anni prima, come capo allenatore per la stagione successiva della prima squadra del Barcellona, di cui Messi è diventato il grande protagonista.
La prima annata è trionfale: Liga, Copa del Rey e Champions League, conquistata battendo in finale i campioni in carica di Ronaldo nella finale di Roma grazie ai gol di Eto’o e della Pulce, oltre che il primo Pallone d’Oro dell’argentino a fine anno. Il resoconto complessivo delle quattro stagioni blaugrana di Pep è incredibile: tre campionati, due Copa del Rey, due Champions League e due Mondiali per club.
Ma ciò che lascia veramente il segno non sono tanto i trofei, quanto l’eredità del gioco della sua squadra, il Tiki Taka, che pone Guardiola come uno degli allenatori più influenti della storia del gioco. E anche se dopo aver lasciato il Barca nel 2013 la Champions non è più arrivata, l’incetta di trofei è continuata portandolo a quota 31 trofei vinti in tredici anni, vale a dire il quarto allenatore più vincente della storia del calcio dopo Ferguson, Lucescu e Lobanovskyi. Tutto questo mentre le stelle del suo pupillo e del corrispettivo antagonista portoghese hanno continuato a stravolgere le sicurezze, e le ambizioni, di tutti gli altri.
I gironi ad Euro 2008
L’Italia e il girone C
L’ultimo grande ciclo che si apre in questa magica annata ha la sua culla negli Europei estivi, che si giocano in Austria e Svizzera tra l’8 e il 29 giugno e ai cui nastri di partenza l’Italia si presenta da Campione del Mondo in carica dopo la magica notte di Berlino. Ma ci sono due grandi punti interrogativi che minacciano la spedizione azzurra: intanto, in panchina non c’è più Marcello Lippi, che ha lasciato la nazionale subito dopo il Mondiale memore delle polemiche e del clima di tensione derivato da Calciopoli, consegnando il posto a Roberto Donadoni.
Seconda questione, l’Italia è inserita nel girone C, indiscutibilmente il girone di ferro della competizione dato che conta anche Paesi Bassi, trascinati da van Nistelrooy, Sneijder e van der Saar, la Romania, che aveva chiuso il girone di qualificazione prima davanti agli olandesi, e la Francia, vicecampione del mondo ma priva di Zidane e a sua volta giunta alle spalle degli Azzurri nel girone di qualificazione.
Sin dal primo match, i dubbi legati alle due finaliste del mondiale tedesco sembrano concretizzarsi: i francesi strappano un brutto 0-0 ai rumeni mentre l’Italia viene battuta a Berna per 3-0 dall’Olanda con le reti del duo del Real e di van Bronckhorst.
La successiva partita con la Romania è già da dentro o fuori e nonostante i cambi di Donadoni gli Azzurri sono ancora poco convincenti. Il primo tempo finisce 0-0, il secondo si apre con l’errore di Zambrotta che regala a Mutu l’1-0 e l’immediato pareggio di Panucci da calcio d’angolo. La partita si chiude con un rigore dubbio fischiato da Ovrebo (sì, l’Ovrebo dell’Iniestazo), su cui lo stesso attaccante della Fiorentina si fa ipnotizzare da Gigi Buffon, che tiene i campioni del mondo nella competizione.
Nella serata, gli Orange battono 4-1 agilmente la Francia, segnando i primi due verdetti del girone: loro sono primi nel girone e Italia-Francia, come due anni prima e come nella finale di Euro 2000, si giocheranno il posto nel torneo nello scontro diretto.
La tensione del big match viene allentata quasi subito: l’Italia è in palla e al 25esimo Abidal spinge Totti nell’area francese, guadagnandosi il cartellino rosso e regalando il rigore agli Azzurri. Sul dischetto Andrea Pirlo che incrocia sotto la traversa portando la Nazionale di Donadoni in vantaggio. La rete che segna definitivamente il match arriva al quarto d’ora della ripresa con una punizione dai 30 metri di De Rossi, che viene deviata da Thierry Henry spiazzando il portiere e regalando il pass ai campioni del mondo in carica.
Girone A
Il girone A vede una qualificazione tranquilla per il Portogallo di Ronaldo, che batte Turchia e Repubblica Ceca nelle prime due partite del girone per poi perdere l’ultima ininfluente gara con una Svizzera già ultima in una gara all’insegna del turnover.
Il match decisivo per la seconda qualificata è proprio Turchia-Repubblica Ceca che a Ginevra giocano una partita folle: i cechi vanno avanti con un gran colpo di testa di Koller, raddoppiano con Plasil e colpiscono un palo, prima di subire a quindici minuti dalla fine il gol che accorcia le distanze di Arda Turan, già protagonista del gol decisivo contro la Svizzera nel recupero.
A questo punto, arriva il miracolo per i ragazzi di Fatih Terim: Cech, in quel momento uno dei portieri più forti al mondo, sbaglia un’uscita comodissima a due minuti dalla fine e lascia la palla disponibile per Kahveci che pareggia la partita; arriva il novantesimo e lo stesso attaccante turco si trova da solo davanti al portiere del Chelsea o lo fredda completando la pazza rimonta e regalando la qualificazione alla Turchia.
Il Girone B
Nel girone B, quasi tutto secondo aspettative con Croazia, già vincitrice del girone di qualificazione che ha visto uscire clamorosamente l’Inghilterra, e Germania che passano, anche se non nell’ordine aspettato. Decisivo lo scontro diretto vinto dagli slavi per 2-1 con le reti di Srna e Olic sufficienti per battere il solo gol di Podolski.
La Spagna e il girone D
Infine, il girone D si apre con una Spagna straripante che rifila quattro gol alla Russia, con tripletta di David Villa, due alla Svezia, in una partita decisa al 90esimo sempre dall’asturiano dopo le reti Torres e Ibrahimovic, e altri due ai campioni in carica della Grecia, che chiudono il girone a quota zero a dimostrazione che quel titolo sia stato un clamoroso allineamento delle stelle.
Di conseguenze, il match decisivo è l’ultimo tra Svezia e Russia, entrambe a quota tre con la Spagna già prima. La partita è un susseguirsi di emozioni, di pali e di traverse e viene decisa prima dalla rete di Pavlyuchenko e poi dall’accecante talento di Andrej Arshavin, che raddoppia chiudendo un contropiede in scivolata.
Arshavin è la stella della Russia e dello Zenit in grado di interrompere l’egemonia di Mosca in patria e di portare a casa la Coppa Uefa. Con i piedi è devastante ma la testa non è sempre allineata con il match ed è costretto a saltare le prime due partite del girone per squalifica dopo aver dato una gomitata ad un avversario nella gara decisiva di qualificazione contro Andorra. Andrej torna e Andrej decide, portando la Russia al quarto contro l’Olanda.
I quarti di finale a Euro 2008
Portogallo – Germania
Sicuramente, l’osservatore esterno dei quarti di finale di Euro 2008 non può lamentarsi delle partite viste: un pirotecnico 3-2, tre match ai supplementari, due ai rigori, di cui in uno raggiunti in maniera folle e potete già immaginare la protagonista chi sia.
Si apre con Portogallo-Germania e il man of the match ha un nome chiaro e evidente a tutti: Bastian Schweinsteiger, per l’occasione dotato di una pettinatura bionda tratta direttamente dal punk berlinese degli anni ’90. Il centrocampista del Bayern apre il match e serve l’assist per il raddoppio, prima della rete di Nuno Gomes, che quando sente la parola Europeo si trasforma, seguita dal riallungo tedesco firmato Ballack, sempre su assistenza del giocatore bavarese. A tre dalla fine Helder Postiga prova a dare l’ultima chance a Ronaldo e compagni ma i tedeschi reggono e volano in semifinale.
Croazia – Turchia
Il secondo quarto vede di fronte Croazia e Turchia e quando c’è di mezzo la squadra di Terim succede sempre qualcosa di folle.
I croati controllano il match ma gli attaccanti sprecano le invenzioni del nuovo centrocampo Modric-Rakitic, portando la partita ai supplementari. Ad un minuto dalla fine, il match sembra congelato sullo 0-0 quando il portiere turco Rustu fa una follia uscendo su una palla vagante su cui Modric lo anticipa e crossa al centro dove Klasnic batte di testa l’estremo difensore fuori posizione.
Abbracci di gruppo per gli slavi, mani in testa per i turchi ma il miracolo accade di nuovo: lancio disperato del portiere in pieno recupero, la palla resta lì in area di rigore e Senturk mette la palla del pareggio all’incrocio dei pali; si va ai calci di rigore. Inizia Modric e sbaglia, segue Srna che segna ma arrivano in successione gli errori di Rakitic e Petric, che abbinati ai tre rigori segnati da Turan, Senturk e Altintop, consegnano la semifinale alla pazza Turchia.
Olanda – Russia
Il terzo quarto è tutto di Andrej Arshavin. La Russia parte sfavorita ma gioca meglio e domina il match, aperto ancora da Pavlyuchenko con il fantasista dello Zenit che testa più volte i guantoni di van der Saar. A cinque minuti dalla fine, l’Olanda pareggia con un colpo di testa in volo d’angelo di van Nistelrooy su punizione ma i supplementari sono un assolo russo.
Prima il primo marcatore del match colpisce la traversa, poi l’arbitro sloveno Michel nega un rigore solare alla nazionale di Hiddink ma i difensori olandesi non riescono a contenere mai Arshavin, che al 112esimo va sul fondo e crossa con il sinistro un pallonetto che scavalca van der Saar e viene accompagnato in rete da Torbinskij in spaccata: è 2-1 Russia. Passano tre minuti e Andreij taglia sul primo palo, elude il difensore con una finta di corpo e incrocia sotto le gambe dell’estremo difensore dello United, prima di portarsi il dito alla bocca per zittire i più critici.
È l’ennesima esplosione di questo magico 2008 ma, purtroppo per il russo, il momento più alto di una carriera destinata a scendere dopo alcuni anni buoni all’Arsenal e tanti problemi personali.
Spagna – Italia
L’ultimo quarto è quello degli Azzurri che affrontano gli spagnoli, che stanno scalando posizioni nei favori dei pronostici per la vittoria finale. La partita è molto tattico e attendista, con le due squadre che preferiscono evitare errori creando poche occasioni. In questo senso, il finale più naturale è lo 0-0 che caratterizza sia i 90 minuti che i tempi supplementari.
Partono Villa, Grosso e Cazorla che trasformano; tocca a De Rossi che calcia angolato ma a mezza altezza permettendo a Casillas di compiere un grande intervento. Dunque, realizzano Marcos Senna e Camoranesi, prima che Guiza e Di Natale si facciano neutralizzare i propri tiri nello stesso angolo alla sinistra del portiere. Tocca dunque a Fabregas che spiazza Buffon e regala la semifinale alle Furie Rosse. Rimpianti per l’Italia di Donadoni, che lascerà la panchina per un Lippi bis che si concluderà con il fallimento del Mondiale sudafricano.
Le semifinali a Euro 2008
Russia – Spagna – e Germania – Turchia
Le semifinali mettono di fronte due superpotenze, Spagna e Germania, con due grandi sorprese, Russia e Turchia, ma mandano in atto due spettacoli ben diversi.
Gli iberici sono troppo forti per i russi e nella ripresa Xavi, Guiza e David Silva confezionano un 3-0, che lascia poco spazio di replica e mette fine al percorso abbagliante di Arshavin e compagni.
Dall’altro lato del tabellone, di Turchia si parla e dunque di follia si tratta. I turchi aprono con due traverse ma su una di queste, la ribattuta di Boral finisce sotto le gambe di Lehmann e rotola in porta per l’1-0. Risponde subito Schweinsteiger con un bel taglio sul primo palo chiuso con l’esterno destro all’angolino. Al 79esimo, Klose porta avanti i tedeschi su un’altra uscita totalmente fuori tempo dell’estremo difensore turco ma tutti sanno che il match è tutt’altro che finito: a quattro dalla fine, Senturk, sempre lui, anticipa il portiere tedesco su un cross basso e pareggia con l’ennesimo gol negli ultimi minuti della folle squadra di Terim.
Tuttavia, un vecchio detto dice “chi di spada ferisce, di spada perisce” e la magica Turchia subisce la sua stessa magia: triangolo lungo tra Lahm e Ballack e il terzino del Bayern mette in rete al 90esimo il gol che vuol dire finale. All’Ernst Happel Stadion di Vienna sarà Germania-Spagna, la finale dell’Europeo 2008.
La finale di Euro 2008: Germania-Spagna
È difficile stabilire in partenza chi sia la favorita nella finale di Vienna: la Spagna ha avuto il percorso più netto e ha una serie di palleggiatori che rappresentano un unicum storico ma dall’altra parte c’è la sempre Germania, tornata dove le spetta dopo due edizioni difficili.
Primo tempo
Da subito, gli iberici mettono in mostra la loro grande qualità e quando muovono il pallone sembrano un corpo fluido fatto di movimento, passaggio e contro movimento, anche se nei primi dieci minuti non succede quasi nulla di pericoloso.
Al 13esimo la prima chance con Xavi che infila d’esterno una palla cantante per Iniesta, che orienta il controllo verso l’interno dell’area e, cercando David Silva, trova la deviazione di Metzelder che coglie in controtempo Lehmann, costretto ad un grande intervento d’istinto.
La Spagna controlla il gioco ma le sembra mancare quel guizzo portato solitamente David Villa, fuori dal match a causa di un problema muscolare.
Al 22esimo tocca ancora agli uomini di Aragonés con il cross di Sergio Ramos che è perfetto per la testa di Fernando Torres: il Niño stacca sopra il gigante Mertesacker e colpisce la base del palo alla destra dell’estremo difensore tedesco.
È solo l’incipit dell’occasione che sblocca il match: dopo una rete di 14 passaggi consecutivi, la palla giunge a Xavi sulla trequarti che imbuca per Torres tra centrale e terzino. L’attaccante del Liverpool si mangia in velocità e fisicamente Lahm e anticipa Lehmann con un morbido tocco sotto che vale il vantaggio: è 1-0 Spagna.
Passa un minuto e Iniesta mette davanti alla porta David Silva, che si coordina male e calcia alto. Dunque, il primo tempo si chiude con l’ennesima incursione di Don Andrés sulla sinistra, in una prima frazione che ha spesso assunto la forma dell’assolo nella sinfonia spagnola.
Secondo tempo
Il secondo tempo si riapre come si è chiuso il primo e Lehmann è costretto agli straordinari su un tiro dal limite di Xavi e, sull’angolo seguente, vede sfilare il sinistro di David Silva di poco a lato. Il primo vero tiro della Germania arriva al 59esimo con Schweinsteiger che appoggia per Ballack al limite, ma il centrocampista calcia al volo di poco a lato.
I tedeschi sembrano un po’ più in partita e l’arbitro italiano Rosetti deve gestire la tensione al 64esmo quando una mezza testa tra Silva e Podolski scalda gli animi. Tuttavia, quello dei teutonici è solo un fuoco fatuo ed è Sergio Ramos a sfiorare il gol di testa al 66esimo mentre il tiro di Iniesta un minuto dopo viene salvato sulla linea da Frings e Xavi non riesce a chiudere davanti a Lehmann. E ancora all’80esimo sono sempre gli iberici ad andare a pochi centimetri dal raddoppio quando Senna manca di poco la stoccata finale in spaccata.
La Germania ci prova fino alla fine ma le Furie Rosse sono insuperabili e si sono concessi il lusso di inserire altri due grandi palleggiatori dalla panchina, Cazorla e Xabi Alonso, con cui controllano il possesso fino al triplice fischio. Finisce 1-0 e la Spagna è Campione d’Europa per la seconda volta, 44 anni dopo, e festeggia davanti a Re Juan Carlos quello che sarà uno dei più grandi cicli di Nazionali nella storia del calcio, che vorrà celebrare il suo ultimo ballo quattro anni dopo, da campioni del Mondo, all’Europeo ucraino-polacco.
Il protagonista e MVP della finale non può che essere el Niño, che chiude con un gol di forza e maestosità un’annata gloriosa, la prima a Liverpool e probabilmente la migliore della sua carriera, chiusa con 33 reti stagionali.
Come per Arshavin, è questa l’immagine più alta che questa stella, l’ultima ad illuminarsi nel nostro cielo del 2008, ci regala. Infortuni, pressione e incostanza affievoliranno piano piano la fiamma del calciatore con la faccia da bambino ma nessuno potrà cancellare l’esplosione di Fernando Torres, in un anno caratterizzato come non mai dal lancio dell’Olimpo dello sport di alcuni dei più grandi atleti di sempre.
Abbiamo scritto anche delle altre edizioni degli Europei: ’68, ’72, ’76, ’80, ’84, ’88, ’92, ’96, ’00, ’04, ’12 e ’16.