Oggi vogliamo soffermarci sulla figura di Lorenzo Insigne e, in particolare, sulle distorsioni che da sempre circondano la sua valutazione.
Il rapporto con la stampa
Il primo – e più ovvio – paradosso è legato alla generazione italiana di cui fa parte: i fallimenti di Mario Balotelli (’90) e Stephan El Sharaawy (’92), fenomeni designati di quella cucciolata, ha esposto Insigne a responsabilità e aspettative eccessive per la caratura di giocatore che sarebbe dovuto essere.
La stampa non ha mai perso occasione di esaltarlo, appiccicandogli addosso etichette da 70, 80, 100 milioni per poi affossarlo senza remore alla prima brutta prestazione con la Nazionale. Basti pensare che tutt’ora viene spesso additato come uno dei simboli della debacle svedese, quando la realtà è che Lorenzo in quelle due partite ha giocato a malapena un quarto d’ora in tutto.
La parte più ingiusta di tutto questo è che Insigne non è mai stato un predestinato, anzi si è sempre guadagnato tutto sul campo attraverso grandi prestazioni. Da Foggia a Pescara, dalla titolarità fino ai gradi di capitano del suo Napoli e, già solo per questo, meriterebbe molto più credito di quello di cui gode.
Che giocatore è Lorenzo Insigne?
Ma ora lasciamo da parte le deviazioni giornalistiche e arriviamo al secondo – e più interessante -paradosso legato alla tipologia di giocatore che è veramente Lorenzo Insigne. Per ruolo e dimensioni fisiche viene da sempre associato allo stereotipo del numero dieci classico, un giocatore iper-qualitativo in grado di girovagare novanta minuti annoiato per il campo e poi decidere la partita con un colpo di genio all’ultimo secondo.
Bene, in realtà Insigne è l’esatto opposto. L’ormai ventinovenne di Frattamaggiore è un giocatore di quantità tecnica, molto più che di qualità tecnica: calcia in porta più di quattro volte a partita col 36% di precisione, lancia o crossa quasi sette volte (34%) e tenta circa sei dribbling con meno del 46% di riuscita. Sono numeri che dimostrano un enorme coinvolgimento per tutti i novanta minuti, ma anche un fisiologico e naturale calo della precisione rispetto ai più classici pari ruolo.
Insigne è un motorino sempre accesso, che continua a macinare gioco imperterrito sulla sinistra senza mai lasciarsi intimidire dall’esito dell’azione precedente. Può segnare o non segnare, incidere o non incidere, ma il suo rendimento rimarrà una costante, una perpetua spina nel fianco degli avversari e una continua risorsa per i compagni. Di conseguenza, il solo schierarlo in campo genera molteplici vantaggi posizionali, fondamentali nel calcio tattico e analitico di oggi.
Insigne, infatti, condiziona le difese avversarie, le costringe a delle scelte e così dilata spazi e tempi per chi gli gioca accanto. La partita con la Roma ne è stato un esempio piuttosto chiaro, il terzino sul suo lato ha sempre grandi libertà e le eccellenti performance offensive di Ghoulam e Mario Rui difficilmente possono essere un caso, così come la ritrovata vena realizzativa di Hamsik da mezzala sinistra nell’era Sarri.
La valutazione
Insigne è un perfetto esempio di floor raiser e ceiling capper contemporaneamente. Un giocatore con dei limiti oggettivi, il cui valore aggiunto è la continuità nel livello di gioco che offre, riuscendo sempre ad innalzare la qualità della manovra offrendo soluzioni ai compagni e creando grattacapi agli avversari.
Tutto ciò però dovrebbe riassumersi in un cambiamento nei criteri di valutazione usati per Insigne, alla luce di quanto detto non può più essere valutato sulla singola partita, sui momenti, bensì andrebbe valutato sul lungo periodo proprio perché è un giocatore di continuità tecnica e di cui si può apprezzare il reale rendimento soltanto nell’arco di un’intera stagione.
Avere Insigne in campo non significa partire 1-0 come con altri fenomeni, però garantisce uno sviluppo di gioco importante sul lato sinistro e offre una spina nel fianco continua alle retroguardie avversarie. Un dieci atipico nel corpo più tipico possibile per un dieci, l’ennesimo paradosso.
Bonus track: andate a prendervi le statistiche di Dybala e Insigne negli ultimi cinque anni in Serie A, il primo resta chiaramente un giocatore migliore, ma credo che più di qualcuno dovrà rivedere la sua considerazione per il secondo.