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Considerato da molti come uno dei gioielli della scuola italiana, il percorso da calciatore di Alberto Aquilani ha conosciuto alti e bassi e la sensazione di non essere mai esploso definitivamente. Eppure la sua nuova carriera pare nascere sotto gli stessi auspici di qualche anno fa.
Il Principino di Roma
Nella città capitolina c’è la tradizione, praticata sin dagli albori, di conferire titoli a chiunque si contraddistinguesse per le proprie gesta belliche; in alternativa, era necessario spiccare tra la massa grazie ad una dote fisica o caratteriale. Tullio Ostilio era considerato tale (“hostis/hostilis”) a causa della forte propensione alla guerra, mentre Tarquinio il Superbo è abbastanza intuitivo.
Nel calcio, sponda giallorossa, inizialmente vi è stato Fulvio Bernardini, denominato il “Professore” o “Dottore” per via della sua laurea in Scienze Motorie. Mentre Amedeo Amadei è stato ufficiosamente il primo “Ottavo Re di Roma”, anche se per tutti è stato il “Fornaretto”.
Nel 2003, dopo il vero “Ottavo Re di Roma” Francesco Totti, il “Capitan Futuro” Daniele De Rossi, arriva il momento del “Principino” Alberto Aquilani da Montesacro, chiamato così per la sua somiglianza con l’altro grande “Principe di Roma”, Giuseppe Giannini. A notarlo e volerlo è stato Bruno Conti, il “MaraZico” (titolo calcisticamente nobiliare), che nel 1994, convince la società ad acquistarlo dalla Spes Montesacro per fargli indossare la maglia che Aquilani ha sempre sognato.
Alberto è un centrocampista di qualità, dai piedi buoni, abile sia nel passaggio che nel tiro da fuori, soprattutto quell’anno è il terzo “romano de Roma e romanista” di una rosa che annovera tra i suoi giocatori Cafù, Emerson, Montella, Batistuta, Samuel, Cassano e Guardiola.
Chi all’inizio e chi alla fine della propria carriera. Molti ne parlano benissimo, altri non hanno dubbi, lui e De Rossi saranno il futuro della Roma e della Nazionale italiana.
Gli ultimi anni da calciatore
Fiorentina
1 luglio 2015, Firenze. Alberto Aquilani ha concluso i suoi tre anni alla Fiorentina e, da svincolato, è alla ricerca di una nuova squadra. Firenze e la Fiorentina rappresentano per il Principino di Roma un vero e proprio riscatto dopo gli anni al di sotto delle attese tra Liverpool, Juventus ed in parte Milan.
Con la maglia viola n.10 ha (ri)trovato soprattutto la continuità fisica, vera croce di tutta la carriera del centrocampista. Vincenzo Montella, suo ex compagno ed allenatore dei gigliati, costruisce una mediana di altissima qualità con David Pizarro e Borja Valero, nella quale il romano riesce ad integrarsi immediatamente, al punto da arrivare a vivere quella che probabilmente è la miglior esperienza della sua carriera. Termina, infatti, il triennio collezionando 15 gol ed 11 assist in 105 partite e ritrova anche la maglia della Nazionale persa ormai da qualche anno.
Eppure il rinnovo non arriva, Aquilani vorrebbe strappare un aumento di stipendio per il suo ultimo contratto mentre la Fiorentina, di contro, offre un rinnovo a ribasso, congruo all’età del calciatore (31 anni). Pertanto, Alberto è costretto a guardarsi attorno ed ascoltare le offerte che arrivano al suo agente, vuole restare in Italia ma non disdegnerebbe un’esperienza estera.
Anzi, arrivato a quel punto della carriera, sente quella voglia di rimettersi in gioco fuori dai confini nazionali, perché in fin dei conti a Liverpool si è trovato molto bene, al punto che ancora oggi non perde occasione per condividere i suoi ricordi con la maglia dei Reds.
Sporting Lisbona
Così ad agosto arriva una chiamata dal Portogallo ed è lo Sporting Lisbona del nuovo allenatore Jorge Jesus, il quale, dopo i gloriosi traguardi con il Benfica, si siede sulla panchina dei rivali di una vita. Da Lisbona perviene una ricca offerta, ossia un triennale da sei milioni di euro complessivi. Ma, aspetto economico a parte, Aquilani accetta la sfida del campionato portoghese, così diverso da Premier e Serie A, gli unici campionati in cui abbia mai giocato. È il 6 agosto 2015 ed Aquilani diventa ufficialmente un giocatore leonino, indossando la maglia n. 6 biancoverde.
L’annata inizia in maniera positiva, con Aquilani che trova subito il gol nel 3-1 esterno contro l’Academia Coimbra e con il rigore con cui la squadre lusitana batte in Europa League lo Skënderbeu.
Dal punto di vista tattico, Jorge Jesus inserisce il romano nel suo 4-4-2 o 4-1-3-2, sia in una posizione più arretrata di interno di centrocampo che nella posizione di trequartista dietro le punte. Il tecnico lusitano vorrebbe mettere le doti del romano al servizio dei 4 attaccanti, ma tempi di inserimento e la classica “botta da fuori area”, una delle specialità di casa Aquilani.
La stagione si rivela essere abbastanza positiva, Aquilani alla fine colleziona 32 presenze con 3 gol ed 1 assist. Jorge Jesus, tuttavia, non vede il giocatore al centro dei piani futuri del club, che decide, pertanto, di concludere il rapporto col centrocampista. Non ha di certo aiutato la situazione contrattuale di Aquilani, infatti tre milioni annuali vengono ritenuti eccessivi per un trentaduenne, incline agli infortuni e per giunta non titolare. Un lusso che i Leões non possono e probabilmente non vogliono permettersi
A quel punto, di mutuo accordo, le parti decidono di risolvere il contratto, pertanto dopo neanche un anno esatto dal suo arrivo in Portogallo, Alberto si ritrova nuovamente svincolato a cercare una nuova destinazione. A tal proposito si fanno vive pretendenti da Cina e Spagna, ma alla fine l’ex Liverpool sceglie di tornare in Italia, in particolare a Pescara. Decisiva per la scelta si rivela essere la presenza dell’allenatore Massimo Oddo, vecchio rivale di Aquilani nei derby romani ma anche compagni di squadra in Nazionale.
Pescara
Sulle sponde del Mar Adriatico, la squadra biancoceleste festeggia la promozione in Serie A inseguita a lungo durante la stagione ed ottenuta soltanto nella finale playoff contro il Trapani.
Il patron Sebastiani si impegna a costruire, attraverso un progetto tecnico pluriennale, una rosa che possa mantenere la categoria nel primo anno e poi risalire la classifica negli anni successivi.
A tal proposito, di concerto con la dirigenza e con il benestare di mister Oddo, il presidente annuncia l’ingaggio di Alberto Aquilani, con il quale stipula un accordo triennale ma a cifre decisamente più basse di quelle pretese fino a qualche mese prima. Il romano sembra essere carico per questa nuova avventura, che sulla carta si presenta stimolante e del tutto inedita per il ruolo e la carriera di Aquilani, da sempre abituato a vestire la casacca di squadre ben più blasonate.
Sfortunatamente le cose non vanno secondo i piani, Alberto termina la sua avventura abruzzese dopo soli 6 mesi ed appena 9 presenze, soprattutto non senza strascichi, segno di una rottura evidente con la società. In campo non si ricordano particolari giocate o partite in cui Aquilani sia riuscito ad imporsi, anzi, Oddo lo lascia in tribuna spesso e volentieri. Per lui, però, un gol all’Udinese, tuttavia inutile perché i friulani vincono per 3 a 1. Di fatto sarà l’ultimo gol della sua carriera.
Il romano si congeda dalla squadra abruzzese durante lo scontro diretto Crotone-Pescara, nel quale si fa espellere dopo un fallo inutile, ponendo così fine alla sua avventura nel modo che non si addice ad un giocatore del suo calibro.
Successivamente, nella conferenza stampa di presentazione con la sua nuova squadra (il Sassuolo), non le manderà a dire alla sua vecchia società, rea di aver fatto delle promesse tecniche importanti, la sensazione è che si navigasse a vista a causa di un mercato confusionario e tendente al mero collezionismo, con l’unica speranza di agguantare una disperata salvezza, salvo poi ricominciare l’anno successivo.
Non condivide, inoltre, il pensiero del Presidente Sebastiani che lo ritiene un professionista poco incline a “sporcarsi le mani in squadre che lottano per retrocedere e devono dare tutto in ogni partita”. Una parentesi che Alberto non vorrà mai più riportare alla mente, neanche tra i moltissimi ricordi passati che condivide con i suoi followers attraverso le pagine social. In particolare, non troverete la maglia n. 20 biancoceleste del Pescara nella sua ricca collezione, come a cancellare i sei mesi passati in Abruzzo.
Ad ogni modo, per puro spirito di cronaca, il Pescara quell’anno termina ultimo in classifica, con tanto di avvicendamento sulla panchina, poiché il tanto caro Zdeněk Zeman subentra all’ex campione del mondo a Germania 2006.
Sassuolo
A pochi giorni dall’apertura della finestra invernale di calciomercato viene ufficializzato il suo passaggio in prestito al Sassuolo dove lo attende Eusebio Di Francesco, che vede in Alberto il profilo giusto per risollevare le sorti di una squadra che viaggia nella parte bassa della classifica. Aquilani è carico ed ha voglia di riscattarsi dopo i mesi bui trascorsi a Pescara, soprattutto per i modi che non si confanno alla storia ed al carattere del calciatore. Non a caso, sin dalle prime dichiarazioni con la maglia neroverde, lo stesso si dichiara disponibile a ricoprire i tre ruoli del centrocampo disegnato da DiFra, pur di dare una mano per la salvezza.
Dopo poche partite gli emiliani riescono a salire la classifica per poi terminare al dodicesimo posto, già ampiamente salvi ad aprile. La stagione di Aquilani è positiva, è consapevole di aver trovato un altro ambiente rispetto a quello precedente e non nasconde la voglia di tornarci anche l’anno successivo. Cosa che però non accade: infatti Di Francesco si siede sulla panchina della Roma mentre il Sassuolo non intende dar seguito al prestito dell’ex Liverpool, pertanto quest’ultimo è costretto a tornare a Pescara.
Las Palmas
“Vai alle Canarie e chiudi questa carriera al mare, vai agli allenamenti in ciabatte”. È probabilmente questa la reazione tipica di un appassionato di calcio che a fine agosto 2017 legge la notizia dell’ufficialità del passaggio di Alberto Aquilani al Las Palmas, squadra di Liga che solo qualche settimana prima ha salutato Kevin Prince Boateng. Ancora una volta riesce a strappare un contratto biennale e qualche promessa di salvezza.
La verità è che la stagione è al di sotto delle aspettative, Aquilani gioca poco più di 20 partite senza segnare gol e senza fornire assist, la squadra cambia 3 allenatori in un anno ma le gerarchie restano abbastanza chiare. Castellano e Gomez sono i titolari, Santana prima alternativa, mentre Alberto resta nelle ultime posizioni. Ormai appare chiaro che a quasi 34 anni, essere la riserva di una squadra che ha collezionato 22 punti in 38 partite rappresenta un valido motivo per riflettere seriamente sul futuro, soprattutto se questo futuro debba essere su un campo di calcio oppure altrove.
La retrocessione del Las Palmas nella seconda divisione spagnola porta la società delle Canarie a risolvere il contratto biennale. Aquilani, pertanto, si trova svincolato e di fatto sfiduciato per la terza estate consecutiva. Qualcosa, però, lascia presagire che si tratti dell’ultima.
Un anno di transizione
Nell’attesa di una chiamata da parte di una squadra, Aquilani cerca di mantenersi in forma per farsi trovare pronto ma al tempo stesso si concentra sulla famiglia trascorrendo molto tempo con le sue figlie. Decide, altresì, di rendere concreto quell’amore viscerale per la sua Roma, la città in cui è nato e cresciuto e che ha dovuto lasciare per tanti motivi. Tale sentimento, unito alla voglia di trasmettere la propria ricca esperienza a dei “piccoli sognatori”, lo spingono a rilevare la scuola calcio in cui nel lontano 1992 ha mosso i primi passi da calciatore, la Spes Montesacro.
La “missione” di Aquilani è chiara, non vuole tenere per sé la sua storia di calcio e le emozioni che ha vissuto per 25 anni calciando un pallone, a partire dai campetti della periferia romana fino ai gol sotto la Kop. Vuole insegnare ai suoi ragazzi che il calcio non è solo tecnica e tattica, ma è un mondo complesso, fatto di singoli momenti che possono cambiare tutto, infatti contano anche valori come la famiglia, il gruppo, il lavoro e la tenacia di rialzarsi dopo l’ennesima sconfitta.
Un unico filo conduttore: la passione, perché rimettersi in gioco sotto queste vesti è un passo mosso dall’infinito amore che il neopresidente prova e proverà sempre nei confronti del calcio.
Il ritiro dal calcio giocato
È il 28 giugno 2019 ed Aquilani è ancora svincolato, da un anno riceve numerose offerte ma decide di declinarle tutte. Non se la sente di ricominciare a 35 anni, sperando nell’ennesimo progetto pluriennale per poi ritrovarsi a giugno con le valigie in mano. Pertanto, in quel giorno decide di annunciare ufficialmente il suo addio al calcio. Ora, inizia una nuova vita: “C’è un momento per tutto e questo è il momento di diventare grandi… la divisa e gli scarpini verranno riposti nel cassetto, magari per indossare un nuovo tipo di divisa. Tempo al tempo”.
A pochi mesi dal suo ritiro, Aquilani accetta la singolare offerta avanzata dal grande amico Francesco Totti e diventa, così, un nuovo giocatore del Totti Sporting Club, una squadra di calcio a 8 e che vede tra i suoi tesserati molti ex romanisti tra cui Candela, Cassetti, Pizarro, Perrotta, Taddei, Tonetto e Vucinic.
La nuova vita da allenatore
“Era già nella mia testa negli ultimi anni da calciatore. Anche la scelta dei posti dove andare a giocare dipendeva da questo. Il Portogallo mi ha formato molto e conoscere culture diverse mi ha aiutato tanto, stessa cosa in Spagna.”
Il primo che lo ha convinto ad intraprendere la nuova carriera è stato Jorge Jesus, suo allenatore ai tempi dello Sporting Lisbona. Ad ogni intervista Alberto ripete che la cosa che più rendeva affascinante Jesus ai suoi occhi erano i metodi di lavoro ed idee che non si erano ancora viste in Italia. “Credetemi è il migliore!”
Ha anche una profonda ammirazione per Guardiola, suo ex compagno di squadra e per Luciano Spalletti che lo ha allenato fino al trasferimento al Liverpool.
L’Under 18 della Fiorentina
La prima panchina su cui si siede è quella dell’Under 18 della Fiorentina. La Viola ancora una volta torna a scommettere su Aquilani, lo ha fatto dopo le parentesi sfortunate post-Roma e lo fa ancora, intravedendo un talento o comunque una naturale inclinazione per il nuovo ruolo.
In una delle prime interviste rese ai microfoni della società, oltre a rimarcare la voglia di condividere la sua esperienza, il messaggio del “lavoro che paga sempre” e l’umiltà di non sentirsi arrivati ad appena 17 anni, tiene a precisare l’importanza del rapporto tra allenatore e calciatore, soprattutto fuori dal campo: “Io sono disponibile per qualsiasi consiglio e qualsiasi cosa che può avvenire fuori dal rettangolo di gioco”. Dettaglio fondamentale per un giovane ragazzo, sapere che il proprio allenatore sia il punto di riferimento per la propria crescita calcistica e personale, soprattutto se il precettore di turno si chiama Alberto Aquilani.
A tal proposito, non si può dimenticare il messaggio che lo stesso dedica a Daniel Guerini, calciatore della Lazio Primavera venuto a mancare qualche mese fa a seguito di un sinistro stradale. Il messaggio che rivolge al Guero è corredato da un breve video che ritrae Aquilani, ai tempi dell’Under 18, assistere ad una partita di calciobalilla con i suoi giocatori, tra cui proprio Daniel e, nel contesto caciarone di quel momento di relax, l’allenatore dispensa consigli ai giovani. Il forte legame tra i due è testimoniato, altresì, dal gesto che l’Aquilani presidente compie in memoria di Guerini, ossia dedicare la scuola calcio della Spes Montesacro alla sua memoria, così da essere sempre ricordato, anche dai più piccoli.
Come mai Aquilani ritiene importante i rapporti extracampo? Un po’ perché è sempre stato il suo carattere, quello di essere estremamente generoso e di rendersi disponibile con tutti, si aggiunga l’adrenalina delle responsabilità che richiede il ruolo ed è presto detto. Si aggiunga ancora una generale necessità di Alberto di sentire la fiducia dei propri allenatori, non è un caso che consideri Gigi Del Neri, suo allenatore ai tempi della Juventus, “una figura molto positiva” che lo ha aiutato soprattutto fuori dal campo, perché un calciatore, dopo un lungo infortunio, va recuperato non solo fisicamente ma anche mentalmente.
Inoltre le avventure con Fiorentina e Pescara sono nate grazie alla presenza in panchina di vecchi amici, Montella e Oddo. Mentre Spalletti ed Allegri hanno scommesso immediatamente sul ragazzo, ricavandone subito delle ottime prestazioni per la squadre di Roma e Milan.
La Primavera della Fiorentina
Nel dicembre del 2019 Aquilani entra a far parte dello staff tecnico di Beppe Iachini che nel frattempo è subentrato a Vincenzo Montella. È un ruolo diverso rispetto al cammino intrapreso pochi mesi prima, eppure è una sfida che sente di dover fare. Il nuovo incarico prevede di svolgere dei compiti di raccordo tra i giocatori e l’allenatore, sarà chiamato a gestire i rapporti e dare supporto ai giocatori, fornendo consigli tecnici e su come affrontare al meglio l’esigente ambiente fiorentino, che tra l’altro Aquilani conosce molto bene.
La stagione termina, Iachini non viene confermato ma Aquilani ottiene comunque una promozione, ossia la guida della formazione Primavera della Fiorentina. Colui che ha voluto fortemente affidare questo incarico è stato il Presidente Rocco Commisso. Il Presidente si è scoperto essere suo grande sostenitore e non perde alcuna partita dei suoi giovani talenti, li segue negli incontri casalinghi ed apre le porte dell’Artemio Franchi nei match di cartello. D’altronde non può essere altrimenti, considerato che il settore giovanile della Fiorentina rappresenta uno dei fiori all’occhiello del calcio italiano.
L’esperienza da allenatore di Aquilani inizia a fine agosto 2020 con la finale di Coppa Italia Primavera da disputarsi a Reggio Emilia, la Fiorentina è campione in carica ed ha l’arduo compito di difendere il titolo. L’avversario, poi, non è neanche dei più semplici da affrontare, in quanto trattasi dell’Hellas Verona di Udogie, Yeboah, Filippe e Jocic, in generale una squadra che pur militando nel Campionato Primavera 2, ha eliminato il Cagliari (vera sorpresa del campionato nel periodo pre-Covid), il Frosinone che a sua volta ha eliminato l’Inter e viaggiava sulle ali dell’entusiasmo ma soprattutto la Roma, la vera favorita per la vittoria finale del torneo.
Nonostante questo, la Fiorentina riesce a vincere grazie alla rete del difensore Dutu su assist di Bianco. Si tratta della seconda Coppa Italia Primavera consecutiva, il primo trofeo di Aquilani, ma soprattutto il primo trofeo dell’era Commisso ed a regalargliela sono quel mister che ha voluto a tutti i costi e quel settore giovanile su cui il Presidente intende puntare molto.
Il 28 aprile 2021, nonostante un campionato altalenante chiuso al dodicesimo posto, la Fiorentina di Aquilani si ritrova nuovamente in finale di Coppa Italia. Il cammino ha visto i viola eliminare nell’ordine Milan, Juventus e Genoa ed in finale affrontare la Lazio che, al pari dei gigliati, è in cerca di un riscatto dopo un’annata disastrosa culminata con la retrocessione in Primavera 2.
La partita si mette subito in discesa per gli uomini di Aquilani grazie alla doppietta di Spalluto in poco più di mezz’ora di gioco. Nella ripresa la Lazio prova a riaprire la partita con Bertini, ma non riesce ad ottenere il pareggio al termine dei 90’. Arriva, così, la terza Coppa Italia Primavera consecutiva, il secondo trofeo dell’era Commisso e di Aquilani. Questa volta il Presidente è presente allo stadio e coglie l’occasione per festeggiare assieme ai ragazzi, scattandosi dei selfie con questi ultimi e la Coppa poco prima sollevata nel cielo di Parma.
Aquilani ne approfitta per dedicare la vittoria al Guero, scomparso poche settimane prima ed ex di entrambe le squadre.
Una breve analisi tattica
Adoperarsi nel realizzare un’analisi tattica di una formazione giovanile guidata da un allenatore al suo secondo anno, è operazione laboriosa ed alquanto inutile, svilirebbe la funzione principale del mondo giovanile. Tuttavia, i proclama del Principino romano attirano curiosità, molti lo definiscono un predestinato della panchina perché pratica il “bel giuoco”, classico slogan che va sempre di moda, soprattutto di questi tempi. Piuttosto, quella che seguirà sarà più un’analisi sui concetti che Aquilani sta cercando di trasmettere ai ragazzi, ossia avere il controllo del gioco, soprattutto i suoi giocatori devono comprendere che possono ottenere risultati attraverso la prestazione.
Come avviene il controllo del gioco? Aquilani nei due anni ha utilizzato sia la difesa a 3 che la difesa a 4. In ogni caso la richiesta del mister è sempre la medesima, l’azione parte sempre dalla difesa e quando si recupera il pallone e non c’è possibilità di verticalizzare, si ricomincia da dietro in attesa di creare spazi per avanzare. Si gioca semplice, pulito, con l’obiettivo principale di non sprecare palloni regalandoli all’avversario.
La costruzione dal basso non può essere fatta per moda, ma perché utile ad evitare il pressing alto e guadagnare almeno un paio di tempi di gioco. Richiede una componente tecnica e capacità di lettura non indifferenti, cose che un ragazzo di 18-19 anni potrebbe non avere, non è un caso, infatti, che se attaccati i ragazzi di Aquilani non riescano ad effettuare un’uscita pulita.
Con la difesa a 3, al centro della difesa viene collocato Fiorini, che nasce mediano ma che viene adattato a difensore perché capace di impostare, mentre con la difesa a 4, la squadra costruisce con un 2+4, in caso di pressing alto, uno dei due terzini o il mediano scende a ricevere il pallone o ad impostare.
Come si sviluppa il gioco? Con il centrocampo a 5, il mediano Corradini è la prima opzione di gioco, la mezzala destra cerca il fraseggio in ampiezza con il quinto di centrocampo sulla sua corsia, mentre la mezzala sinistra, Bianco è più dinamica ed alterna movimenti a venire per creare un’ulteriore linea di passaggio, oppure cerca gli spazi dove ricevere il pallone e servire l’esterno sinistro che si accentra o le punte che giocano in profondità.
Ai quinti di centrocampo spetta un duplice compito offensivo, quello di trovare il fondo ma anche la capacità di rientrare nel campo ed impostare o trovare la conclusione.
Le punte devono essere capaci di dialogare tra loro e con il resto della squadra, ad un giocatore più fisico si accompagna un giocatore più rapido, entrambi devono saper trovare lo specchio della porta.
Dal punto di vista difensivo, degni di nota sono i movimenti delle mezzali sul primo portatore di palla avversario, chiudono le linee di passaggio, la difesa in difficoltà indietreggia, i viola salgono con tutti gli uomini e costringono i difensori a spazzare la palla che è preda facile del centrocampista.
Conclusioni
In definitiva, non si può fare a meno di osservare come il lavoro di Aquilani sia ambizioso per il contesto in cui si trova, dove l’estremo tatticismo risulta controcorrente rispetto al livello ancora acerbo dei suoi ragazzi. Quanto si apprende guardando le partite della Fiorentina Primavera è frutto dell’insegnamento principale che l’ex Juventus e Milan vuole trasmettere da allenatore, ossia riuscire ad imporre un gioco semplice o mediamente complesso ma che richiede letture ed una tecnica che in futuro possono tornare utili.
L’interesse principale è formare giocatori che comprendano il gioco, non effettuare esperimenti per mettersi in vetrina e tentare la scalata ad una panchina di Serie A ed in questo pare ci stia riuscendo. Aquilani stesso, però, è chiamato ad effettuare correttivi soprattutto in difesa ed in quelle fasi della partita dove la sua squadra non riesce ad imporre il proprio gioco perché gli avversari sono più freschi e meglio organizzati.
Sia chiaro, dare un giudizio definitivo sul suo operato è realmente complesso, tuttavia è indubbio che Aquilani rappresenti una bella speranza per il futuro del panorama dei tecnici italiani, a 37 anni può vantare due trofei nazionali ed a breve si giocherà la Supercoppa tutta toscana nel derby contro i Campioni d’Italia dell’Empoli. C’è ancora molto lavoro da fare, tanto da studiare (mancano ancora un paio di esami per conseguire il patentino UEFA PRO) ed almeno qualche anno di gavetta davvero formativa.
Aquilani è stato consacrato Principino sin da subito, è stato incensato come uno dei migliori golden boy della sua generazione dopo poche partite, ma quella luce, lentamente, si è spenta tra le dune del mar delle Canarie ed all’ombra dei trabocchi della costa pescarese.
Eppure a distanza di quasi 20 anni la storia si sta ripetendo, il suo Rinascimento, quel periodo di eccezionale fioritura artistica, di vita consacrata all’estetica ed al genio dopo gli anni bui del Medioevo, non può partire che dalla patria di quel periodo storico, ossia Firenze.
Il Rinascimento del Principe non può che passare dalla mai stanca passione per il calcio, la grande generosità che lo rende ben voluto da tutti i suoi ex compagni, la forza d’animo che gli donano i suoi ragazzi, le sue idee frutto di tutto ciò che ha vissuto rincorrendo i suoi sogni.
Con l’unica speranza che la sua storia non sia ciclica, piuttosto possa disegnare meravigliose parabole come quelle che tracciava la rabona tanto cara al nostro Alberto.
Per non farci mancare nulla, come molti sanno, uno degli investimenti preferiti dai calciatori è quello di acquistare proprietà immobiliari da adibire a ristoranti oppure da destinare alla locazione. Aquilani non è da meno, ovviamente, e da poche settimane ha un nuovo conduttore (inquilino), ossia Josè Mourinho, allenatore della Roma. Chissà se sfrutterà questo rapporto per estorcergli qualche trucco del mestiere, va bene avere come idoli Jorge Jesus, Guardiola e Spalletti, ma un suggerimento dallo Special One non si rifiuta mai!