32 anni fa partiva Italia ‘90. Cosa ci resta oggi di quel Mondiale?
“Cosa resterà di questi anni ’80, afferrati e già scivolati via, cosa resterà e la radio canta, una verità dentro una bugia” cantava Raf al Festival di Sanremo del 1989. Gli anni ’80 per gran parte degli italiani che oggi hanno tra i 50 e i 70 anni hanno rappresentato una sorta di Eldorado. Proprio in quel decennio infatti l’Italia usciva dall’atmosfera cupa e violenta degli “Anni di Piombo”, che insanguinarono il paese con attentati, rapimenti, scontri tra studenti e feroci esecuzioni a sfondo politico.
Gli italiani avevano voglia di gettarsi alle spalle gli anni di lotte politiche e, in particolare i giovani, abbracciarono in pieno la mentalità capitalista abbandonandosi a un clima di consumismo spesso anche irresponsabile ed eccessivo. Sono gli anni della Milano da bere, di Bettino Craxi, delle hit italiane che riscuotono successo in giro per il mondo e del Grande Sorpasso operato dall’economia italiana nei confronti di quella del Regno Unito nel 1987.
Ma soprattutto sono gli anni del Mundial di Spagna ’82, rimasto nell’immaginario collettivo come il Mondiale dell’urlo di Tardelli, delle esultanze signorili e appassionate di Sandro Pertini, delle parate di Zoff e dell’esplosione di Pablito Rossi.
Sono inoltre anche gli anni in cui il campionato italiano riapre le frontiere e torna ad accogliere i migliori calciatori provenienti da tutto il mondo: Zico, Falcao, Socrates, Rummenigge, Maradona, Matthaus, Gullit e Van Basten sono solo alcuni dei nomi degli stranieri che scelgono di venire in Italia in quegli anni. Il campionato italiano è di gran lunga il più competitivo al mondo.
In questo clima di euforia collettiva il 19 maggio 1984, poco meno di un mese prima dell’avvio degli Europei in Francia, l’Italia riceve la notizia che ospiterà i Mondiali di Calcio del 1990 battendo l’agguerrita concorrenza dell’Unione Sovietica, che aveva presentato un ambizioso progetto per ospitare per la prima volta nella propria storia i Mondiali di Calcio.
La notizia viene accolta in patria con grande entusiasmo. L’Italia ha un’opportunità unica: dimostrare al mondo intero di essere un paese moderno e con un’economia in forte crescita. Ma soprattutto ha l’occasione di rinnovare le infrastrutture sportive e creare un meccanismo virtuoso che lanci il calcio italiano verso il futuro. Subito giovani imprenditori, politica e pubblica amministrazione si misero al lavoro per organizzare l’evento. Viene creato un Comitato Organizzatore Locale con a capo Luca Cordero di Montezemolo, uomo di fiducia degli Agnelli e manager della FIAT.
Molti stadi italiani erano obsoleti e inadatti a ospitare un evento così importante, quindi si lanciò un ambizioso piano di ristrutturazione di 10 stadi (Olimpico di Roma, Meazza di Milano, San Paolo di Napoli, Sant’Elia di Cagliari, Favorita di Palermo, Ferraris di Genova, Dall’Ara di Bologna, Friuli di Udine, Bentegodi di Verona, Franchi di Firenze) e la costruzione di 2 nuovi stadi a Bari e Torino. Le previsioni di spesa per gli impianti di gioco sono inizialmente di 250 miliardi di lire. Viene inoltre varato un ambizioso piano di rinnovamento delle infrastrutture civili, con la progettazione di metropolitane, stazioni ferroviarie, alberghi e aeroporti in numerose città del Belpaese.
Per finanziare le spese il governo italiano nel 1987 vara la cosiddetta legge 65 “concernente misure urgenti per la costruzione o l’ammodernamento di impianti sportivi, per la realizzazione o completamento di strutture sportive di base e per l’utilizzazione dei finanziamenti aggiuntivi a favore delle attivita’ di interesse turistico”, che prevede la stipula di mutui e prestiti per reperire i fondi necessari a realizzare le opere pubbliche necessarie per l’evento.
Si capisce subito però che le previsioni di spesa iniziali erano quantomeno ottimistiche. I costi infatti lievitano immediatamente, e i lavori subiscono dei rallentamenti a causa delle inefficienze burocratiche e delle polemiche che scoppiano nel paese in seguito alla morte di alcuni operai (in totale saranno 24 i lavoratori deceduti per realizzare le opere necessarie per ospitare il Mondiale).
I lavori di ristrutturazione dell’Olimpico di Roma costeranno alla fine il 181% in più rispetto al previsto, mentre quelli del Dall’Ara di Bologna il 90% in più. Anche la costruzione dei nuovi stadi vide un notevole incremento dei costi: il Delle Alpi di Torino costò 200 miliardi di lire (il 214% in più del previsto), mentre il San Nicola di Bari costò intorno ai 140 miliardi di lire. Il San Paolo di Napoli, la cui ristrutturazione costò 143 miliardi di lire, vide addirittura completarsi i lavori l’anno successivo all’evento, nel 1991, con il Napoli che fu costretto a giocare diverse partire con capienza ridotta.
Non furono solo i costi delle infrastrutture sportive a lievitare: il costo complessivo dei lavori per Italia ’90 toccò la cifra spaventosa di oltre 7000 miliardi di lire. Per dare un’idea dell’enormità della somma basti pensare che i Mondiali di USA ’94 costarono intorno ai 30 milioni di dollari (poco più di 80 miliardi di lire).
Molte infrastrutture si rivelarono inutili o poco utilizzate in futuro: l’Hotel Mundial (costato 10 miliardi di lire, mai terminato e poi abbattuto), le stazioni ferroviarie di Farneto e Vigna Clara a Roma (costate complessivamente 90 miliardi di lire per entrare in funzione solo per poche settimane) e l’Air Terminal Ostiense (costato 350 milioni e chiuso nel 2003) sono solo gli esempi più eclatanti di spreco di denaro pubblico.
Le polemiche per i costi gonfiati, la corruzione e il mancato completamento delle opere furono però spazzate via dall’avvicinarsi dell’inizio della rassegna iridata. Il 1990 fu un anno magico per i club italiani, che riuscirono a trionfare in tutte e tre le competizioni europee: il Milan vinse la Coppa dei Campioni battendo in finale il Benfica, la Juventus vinse la Coppa UEFA in una finale tutta italiana con la Fiorentina e la Sampdoria vinse la Coppa delle Coppe avendo la meglio ai tempi supplementari dell’Anderlecht.
L’euforia per la rassegna iridata è alle stelle: l’Italia è sicuramente la grande favorita. Non solo perché gioca in casa, ma soprattutto perché tra le proprie fila può annoverare campioni del calibro di Zenga, Maldini, Bergomi, Baresi, Baggio, Vialli, Ancelotti, Donadoni.
Molte nazionali hanno le loro stelle che giocano in Italia: l’Argentina di Maradona; la Germania di Matthaus, Brehme e Klinsmann; l’Olanda di Van Basten, Rijkaard e Gullit; il Brasile di Careca, Dunga e Alemao. Ma gli italiani sono anche curiosi di vedere alcune nazionali esotiche come la Colombia di Valderrama e Higuita, il Camerun e gli Emirati Arabi. Per permettere la copertura televisiva dell’evento fu inaugurata la cittadella televisiva di Saxa Rubra e furono accreditati oltre 40000 operatori televisivi e della carta stampata.
L’8 giugno del 1990 i tifosi erano pronti per vivere un’estate mondiale. La canzone Un’estate italiana di Eduardo Bennato e Gianna Nannini risuona per tutte le radio e si prepara ad accompagnare le notti magiche, mentre la mascotte Ciao riempie le tv degli italiani. La cerimonia d’apertura si tiene allo stadio Meazza di Milano, ed è particolarmente sentita da tutti gli italiani, sia da quelli presenti sugli spalti che da quelli che assistono all’evento a casa accompagnati dalla leggendaria voce di Bruno Pizzul.
Sfilano modelli provenienti da tutto il mondo, poi Gianna Nannini ed Eduardo Bennato cantano quella che diventerà la colonna sonora dell’estate italiana.
Al termine della cerimonia si parte con il calcio giocato. I campioni del mondo in carica dell’Argentina sfidano il Camerun. Tutto sembra presagire una goleada degli argentini. Maradona nel riscaldamento palleggia infiammando il pubblico, ma in campo le cose vanno diversamente. Gli africani si dimostrano una squadra tosta e ben organizzata, dotata di grande fisicità e di attaccanti rapidi e atletici.
Al 67’ accade l’impensabile: Omam-Biyik svetta di testa al centro dell’area e batte il portiere argentino Pumpido, che riesce solo a toccare ma non a togliere il pallone dalla porta. Lo stadio esplode, il Camerun è già entrato nelle grazie degli italiani e si candida a squadra simpatia del torneo.
Il Mondiale dell’Italia comincia il giorno dopo allo Stadio Olimpico di Roma. Gli azzurri devono vedersela con l’Austria. Azeglio Vicini parte con la coppia Vialli-Carnevale davanti, lasciando in panchina Baggio, Mancini e Serena. Nel primo tempo l’Italia crea diverse occasioni con Vialli e Carnevale, colpendo anche un palo con Ancelotti, ma il risultato non si sblocca.
Anche nel secondo tempo il copione non cambia: l’Italia macina gioco e crea occasioni ma non segna. Tutti si aspettano l’ingresso di Baggio o Mancini, ma Vicini sorprende tutti e manda in campo Schillaci. L’attaccante siciliano ripaga la fiducia dell’allenatore e al 78’ decide l’incontro con un bel colpo di testa su cross dalla destra di Vialli. Schillaci diventa subito per gli italiani Totò, e sarà il vero protagonista delle Notti magiche.
L’Italia chiude il girone al primo posto, battendo 1-0 gli Stati Uniti con gol di Giannini e 2-0 la Cecoslovacchia con gol di Schillaci e Baggio.
Negli altri gironi non mancano le sorprese, con l’eliminazione dell’Unione Sovietica e i tre pareggi dell’Olanda, che passa solo tra le migliori terze.
Agli ottavi l’Italia deve affrontare l’Uruguay di Fonseca e Francescoli. A guidare la Celeste c’è un giovane tecnico che entrerà poi nella storia del calcio uruguaiano: Oscar Washington Tabarez.
La partita è ostica e spigolosa, e a deciderla ci pensa ancora una volta Totò Schillaci con un gran sinistro dal limite a metà ripresa. Nel finale la partita viene chiusa da Aldo Serena, che aveva preso il posto di Roberto Baggio nel corso della gara.
Nelle altre sfide si segnalano le eliminazioni del Brasile, condannato da un gol di Caniggia nel derby sudamericano con l’Argentina, e dell’Olanda, che cade 2-1 contro la Germania. Agli ottavi avanzano alcune sorprese, tra cui il Camerun e l’Irlanda, che sarà l’avversario dell’Italia ai quarti.
Guidata da Jack Charlton, l’Irlanda è una squadra tosta con alcune individualità di livello come il portiere Pat Bonner, l’ala Sheedy e l’attaccante Aldridge. A decidere la partita e portare l’Italia in semifinale è ancora una volta Schillaci, che ribadisce in rete una respinta del portiere avversario su un tiro di Donadoni.
L’Italia è in semifinale insieme ad Argentina (che ha battuto ai rigori la Jugoslavia), Germania (che ha battuto 1-0 la Cecoslovacchia) e Inghilterra (che ha avuto la meglio 3-2 solo ai supplementari con il sorprendente Camerun). La semifinale è prevista per il 3 luglio a Napoli contro l’Argentina.
Napoli in quegli anni è la città di Maradona, e gli azzurri ricevono un’accoglienza un po’ più fredda rispetto a quella avuta nelle altre partite a Roma. Gli uomini di Vicini partono però a razzo e al 17’ sono già in vantaggio con Schillaci che è ancora una volta lesto a ribadire in rete una respinta del portiere. Lo stadio esplode, sembra il preludio per un’altra notte a tinte azzurre.
Gli argentini però non mollano, lottano su ogni pallone e a metà del secondo tempo riescono a sfruttare un’uscita a vuoto di Zenga su un cross dalla sinistra di Olarticoechea per riportare il risultato in parità con Caniggia. Nei tempi supplementari l’Italia cinge d’assedio l’area argentina, che resta anche in 10 per l’espulsione di Giusti, ma sbatte contro il muro eretto da Goycochea e compagni.
Saranno dunque i calci di rigore a decidere la gara. I primi 6 rigori vanno tutti a segno, poi è Donadoni a commettere il primo errore non riuscendo a superare Goycochea. Dal dischetto si presenta Maradona, che spiazza Zenga. L’Italia è appesa a un filo, il prossimo rigore lo tirerà Serena. L’attaccante dell’Inter tira un rasoterra potente che viene però neutralizzato da Goycochea. L’Argentina è in finale, il sogno delle Notti magiche termina nel modo più crudele per gli azzurri.
La vittoria nella finalina con l’Inghilterra e la piccola soddisfazione della sconfitta dell’Argentina in finale con la Germania non servono a cancellare la delusione di un intero popolo, che vide e continua a vedere quel Mondiale come una grande occasione persa.
Un’occasione persa su tutti i fronti. Sul piano sportivo sicuramente, in quanto l’Italia avrebbe potuto essere la prima squadra a laurearsi campione del Mondo per la quarta volta. Ma anche e soprattutto a livello sociale e infrastrutturale. Italia ’90 poteva essere la grande occasione per lanciare il paese verso il futuro, con la costruzione di infrastrutture moderne ed efficienti e la realizzazione di stadi e infrastrutture sportive all’avanguardia. Gli italiani si accorsero presto che il clima scanzonato ed euforico degli anni ’80 era stata solo un’illusione. Il crollo della Prima Repubblica in seguito alle inchieste di Tangentopoli e gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino fecero ripiombare il paese nella paura e nell’instabilità politica.
Oggi, a distanza di 32 anni dall’evento, possiamo certamente dire che il Mondiale delle Notti magiche è stata un’occasione persa enorme per il paese. Gli stadi ristrutturati o costruiti ex novo si sono rivelati presto obsoleti e inefficienti per il calcio moderno: alcuni di loro sono stati abbattuti (Sant’Elia e Delle Alpi), altri hanno subito notevoli opere di ristrutturazione nel corso degli anni (Artemio Franchi, San Paolo, Meazza, Olimpico), mentre il Friuli di Udine è stato quasi interamente rifatto e ha preso la denominazione di Dacia Arena. Nonostante questo gli stadi italiani sono poco moderni e inadatti a ospitare grandi eventi.
Cosa ci resta dunque a 32 anni di distanza di Italia ’90? Certamente l’atmosfera magica e irripetibile delle Notti magiche, ma anche la sensazione di amaro in bocca. Lo spreco di denaro pubblico per organizzare l’evento è pesato sulle spalle degli italiani per un trentennio, in quanto nel bilancio di previsione di Palazzo Chigi del 2015 è presente tra le voci di spesa anche quella relativa all’ultima rata dei mutui relativi ad interventi di cui alla legge 65/1987. Il ritardo infrastrutturale rispetto ai principali movimenti calcistici europei ha fatto inoltre man mano perdere competitività ai nostri club e alla nostra Nazionale, reduce da due mancate qualificazioni consecutive ai Mondiali di calcio.
Non possiamo che chiudere quest’analisi con una serie di domande. Furono davvero Notti magiche? L’Italia riuscirà a rialzarsi come le è spesso accaduto in passato nei momenti più difficili? Il nostro movimento calcistico saprà rinnovarsi e tornare a competere ai massimi livelli? La nostra politica sarà in grado di rendere più moderno ed efficiente il nostro sistema burocratico in modo da attirare nuovi investitori che portino capitali e idee nuove nel calcio italiano? Tutte domande a cui speriamo presto di dare risposte positive.