Scritto da Analisi Tattica/Stats, Serie A

Una nuova vecchia Juventus?

8 min

La nuova Juventus targata Massimiliano Allegri (e Cristiano Giuntoli) chiude la sua partecipazione al Soccer Champions Tour statunitense da imbattuta, dopo un pareggio per 2-2 col Milan, regolato ai rigori, e una vittoria per 3-1 contro il Real Madrid.

La prima pagina nel mondo Juve è attualmente dedicata a ciò che succede fuori dal campo. Tra la notizia dell’esclusione dalla prossima Conference League e le voci di mercato che vorrebbero una lunga lista di esuberi già con la valigia in mano e un asse Torino-Londra sempre più caldo per lo scambio Vlahovic-Lukaku, Max Allegri e il suo staff sono al lavoro per costruire un impianto tattico che possa garantire alla Juventus il ruolo di contendente credibile per lo scudetto.

Abbiamo analizzato quanto visto in queste prime due uscite stagionali. Pur trattandosi di “calcio d’agosto”, con gambe imballate, rose incomplete e scarso spirito agonistico, ne sono emerse delle conferme rispetto alla stagione scorsa, ma non solo.

La fase difensiva della Juventus

In entrambe le uscite americane la Juve si è schierata con l’ormai consueto 3-5-2 ed in fase di non possesso, i temi tattici ricorrenti sono dei classici. Come da consuetudine, gli esterni di centrocampo si abbassano sulla linea dei difensori, per costituire una linea a 5 che generi densità e renda difficile per gli avversari l’imbucata alle spalle dei difensori.

(📷/Sky Sport)

In modo altrettanto tipico, è rimasta costante la volontà di “intasare” il più possibile la zona di rifinitura della squadra avversaria, riducendo il più possibile lo spazio di manovra concesso agli avversari tra la linea dei centrocampisti e la linea dei difensori. Nelle situazioni di gioco più statiche e posizionali, in cui la Juve concede lunghe fasi di possesso all’avversario, ecco addirittura comporsi una linea a 6, per evitare qualunque tipo di inserimento in profondità.

Locatelli, schierato in questi primi due match stagionali nel ruolo per lui ormai usuale di regista davanti alla difesa
si abbassa sulla linea dei difensori, creando un vero e proprio muro all’altezza del dischetto del rigore. (📷/L’Equipe TV)

La scelta di Allegri e del suo staff in questo senso non è cambiata: meglio evitare verticalizzazioni alle spalle della linea difensiva, optando per un baricentro molto basso e concedendo piuttosto tanti tiri da fuori agli avversari. Questo si è visto soprattutto nella seconda sfida con il Real Madrid: i Blancos hanno infatti tentato ben 20 conclusioni dalla distanza nell’arco del match, chiamando più volte all’intervento un ottimo Szczesny.

Proprio la partita con le Merengues ha messo in mostra pregi e difetti di questa scelta tattica radicale della Juventus: se da un lato è vero che giocatori come Bellingham e Joselu hanno faticato molto a trovare spazi in cui essere pericolosi, è risultato altrettanto evidente che, contro squadre ricche di ottimi tiratori (Modric, Kroos, Vinicius Jr, lo stesso Bellingham), la scelta di concedere molti tiri aperti dal limite può essere rischiosa.

Lo shotmap del Real Madrid nel match contro la Juventus:
i tiri da fuori concessi sono tanti, in perfetta continuità col trend della scorsa stagione. (📷/Sofascore)

Naturale conseguenza di una fase difensiva impostata nei pressi della propria area di rigore è un pressing piuttosto blando portato dai giocatori bianconeri sulla prima impostazione dal basso degli avversari.

In entrambe le uscite precampionato, come da tradizione recente, l’impostazione dal basso è stata concessa ai rivali di turno senza problemi dalla Juve, che ha alternato le uscite delle mezzali (McKennie e Miretti nella circostanza) a fianco dei due attaccanti per “accoppiare” un uomo a ciascun avversario in impostazione, ma senza mai davvero aumentare l’intensità del pressing.

(📷/Sky Sport)

La fase offensiva

La fase offensiva della Juventus è invece quella più enigmatica. Se in fase di non possesso i temi tattici proposti sono classici e ben riconoscibili, la fase di possesso della Juve è più difficile da interpretare. 

La Juve non è (e non è mai stata) una squadra “di palleggio”, anzi: se i bianconeri non trovano rapidamente lo sbocco dell’azione per avanzare con un pallone verticale, il possesso diventa lento e prevedibile. Il pallone rimane molto poco nei piedi dei giocatori di Allegri, che continuano a sentirsi più a loro agio senza palla e cercando di verticalizzare immediatamente una volta riconquistato il possesso.

Tuttavia, i momenti di maggiore pericolosità della Juve sono nati da situazioni di pressing intenso nella metà campo avversaria, con un recupero immediato del pallone (senza schierarsi per una fase difensiva posizionale a 8/10 giocatori) e un ribaltamento dell’azione che trova impreparata la difesa avversaria.

Così è nato il secondo gol contro il Real Madrid:

I giocatori della Juventus aumentano i giri del pressing in avanti, Alex Sandro aggredisce e porta all’errore Modric e dal recupero del pallone si sviluppa una bella azione di prima che porta al gol di Weah. (📷/Sky Sport)

Probabilmente Allegri e il suo staff tecnico dovrebbero prendere in considerazione l’ipotesi di ricercare con maggiore frequenza questo genere di situazione, per rendere la squadra più’ pericolosa e mettere più spesso i suoi giocatori offensivi in condizione di mostrare le proprie qualità tecniche e di finalizzazione.

Questo discorso vale in modo particolare per Federico Chiesa. Il numero 7 ha dimostrato grande voglia durante questa tournée e sembra finalmente tornato in condizioni fisiche ottimali. La sua intraprendenza e la sua capacità di attaccare in uno contro uno sono tra le principali risorse offensive della Juve. Il figlio d’arte ha dimostrato ancora che, partendo largo a sinistra e accentrandosi puntando l’uomo, può essere un’arma offensiva notevole.

Il secondo gol contro i Blancos di Madrid è un esempio lampante della capacità di Chiesa di generare situazioni pericolose partendo da sinistra.

Nonostante anche il figlio di Enrico sia stato trascinato nelle ultime settimane all’interno del vortice delle voci di mercato, non vediamo come la Juventus possa, oltretutto in un momento di grande incertezza sul futuro di Vlahovic, privarsi di un giocatore che costituisce un riferimento offensivo imprescindibile per i bianconeri.

Il restyling degli esterni

Un altro tema di grande interesse emerso durante il Summer Tour della Juventus è il rinnovamento in corso sulle fasce. Perso Cuadrado, uno dei giocatori simbolo dell’ultimo ciclo vincente della Juve, e con lui una delle più grandi sicurezze per Max Allegri, il mercato ha portato a Torino Timothy Weah, altro figlio d’arte prelevato dal LOSC Lille.

Quello che Allegri e l’ambiente juventino chiedono all’ex attaccante statunitense ormai “retrocesso” ad esterno, è di raccogliere l’eredità del colombiano come elemento a tutta fascia, in grado sia di assolvere compiti di copertura nella linea a 5, sia di creare pericoli in avanti sfruttando a pieno l’ampiezza del campo.

I primi segnali che giungono dagli States sono piuttosto incoraggianti. Innanzitutto Weah si è subito guadagnato una buona dose di minuti in campo, confermando la sua candidatura come esterno destro titolare ai nastri di partenza della stagione. Inoltre ha già mostrato un buon livello di forma: le sue prime due uscite in maglia Juve hanno confermato le sue grandi doti atletiche, che gli consentono, come Cuadrado, di coprire grandi porzioni di campo.

L’americano ha anche confermato la sua naturale propensione ad accompagnare con i tempi giusti l’azione d’attacco: oltre al gol contro il Real Madrid, Weah ha messo in mostra alcune percussioni palla al piede e movimenti ad attaccare la profondità che fanno pensare che sarà  in grado di fornire un contributo offensivo paragonabile a quello di Cuadrado.

Una delle azioni più pericolose della Juve nel primo Match contro il Milan nasce da un suo scatto in profondità con ottimo tempismo, seguito da un cross arretrato preciso e coi tempi giusti per l’accorrente Chiesa.

Un altro spunto interessante è quello di Weah come fonte di costruzione dell’azione bianconera. Più volte è stato cercato infatti con un lancio coi piedi sulla linea del fallo laterale, trovandolo libero. Non avendo né troppe doti, né una particolare volontà di avanzare col fraseggio corto, la soluzione di cercare subito Weah sfruttandolo come “valvola di sfogo” della manovra offensiva per portare avanti il pallone può essere una buona fonte di gioco per la Juve.

L’aspetto su cui l’americano deve sicuramente migliorare è la fase difensiva: dalle sue parti operavano due clienti particolarmente scomodi come Leao e Vinicius, ma Weah è apparso comunque troppo spesso disattento e impreciso nella lettura dei loro movimenti.

(📷/L’Equipe TV)
In entrambe le occasioni, Weah si fa trovare impreparato sul movimento del diretto avversario: prima lascia che Leao possa muoversi all’interno, lasciandogli il corridoio libero; poi ha occhi solo per la palla e si perde il movimento alle spalle di Modric imbeccato da Bellingham. (📷/Sky Sport)

In queste situazioni di gioco è apparso più pronto Cambiaso, che sulla sinistra ha giocato due spezzoni di partita accorti, appunto, soprattutto in fase difensiva. Il classe 2000 rientrato dal prestito al Bologna non ha sfigurato e ha dimostrato di poter essere una valida alternativa alla certezza Kostic.

Insomma, Weah ha confermato in buona parte quello che si sapeva di lui: non sarà facile non far rimpiangere Cuadrado, ma il potenziale c’è e i margini di crescita anche. In più, la concorrenza non sembra spietata: con De Sciglio ancora ai box, Soulé si è dimostrato tutt’altro che all’altezza del ruolo, più adatto a posizioni di campo più avanzate e con meno responsabilità difensive.

Il rebus centrocampo

Rispetto alle corsie esterne, più intricato sembra il nodo centrocampo, un vero e proprio rebus per la Juve 2023/24. Si tratta del reparto più in divenire in ottica mercato (l’emarginato Arthur spedito alla Fiorentina, la meteora Zakaria in uscita) e con le gerarchie meno definite, ad eccezione dei soli Rabiot, Locatelli e, forse, Fagioli. Senza dimenticare il caso Pogba.

Quella che si è visto negli Stati Uniti è quindi una versione decisamente sperimentale del centrocampo bianconero, con Locatelli centrale davanti alla difesa e Miretti e McKennie come interni.

Quest’ultimo è il giocatore che ha fornito le prestazioni che più meritano un approfondimento. Non sarà forse un’opinione popolare, ma il secondo americano della rosa, appena rientrato da un’esperienza non brillante al Leeds, ha caratteristiche funzionali al gioco che intende proporre Allegri.

Oltre a Rabiot, è l’unico centrocampista veramente dinamico, in grado di macinare chilometri nel corso della partita e di proporsi sia in fase di copertura che in fase d’inserimento. Quest’ultima caratteristica è quella che Allegri potrebbe prediligere e che potrebbe convincere il tecnico toscano a confermare McKennie: un saggio della sua capacità di trovare spazio e tempo d’inserimento è l’azione del secondo gol contro il Real.

Il movimento di McKennie è quello che più di tutti genera il 2-0 della Juve: inizia l’azione, l’accompagna e infila la difesa madridista con tempismo perfetto. (📷/Sky Sport)

L’azione del raddoppio col Real dovrebbe stimolare una riflessione in casa Juve: attaccare con un numero maggiore di uomini, coinvolgere tutti gli effettivi nella costruzione della manovra, non può che apportare dei benefici a una squadra che nelle ultime due stagioni è risultata solo l’11° e il 6° attacco del campionato, con solo 60.83 e 59,74 xG prodotti (Fonte Understat).

Così come i pregi, di McKennie sono noti anche i difetti, per nulla smentiti durante la tournée americana: una confusionaria gestione del pallone, una qualità tecnica tutt’altro che eccelsa e momenti di blackout nell’arco dei 90’. L’americano rientra in Italia con il “titolo”, seppur poco significativo, di MVP della vittoria sulla Casa Blanca: basterà per meritarsi la conferma?

Cosa abbiamo imparato sui giovani della Juventus

Come di consueto durante le amichevoli estive, hanno infine trovato spazio i giovani della rosa (nel caso della Juventus molti provenienti dalla Next Gen), chi per meritarsi la conferma in rosa, chi per mettersi in mostra nell’ottica di un trasferimento entro la fine del calciomercato.

Alcuni hanno dimostrato, seppur in amichevole, di poter far parte della rosa della Vecchia Signora (Cambiaso, Miretti, Iling-Junior), altri hanno bisogno di un periodo di ulteriore sgrezzamento prima di potersi ritagliare, forse, uno spazio nel “calcio che conta” (Barrenechea, Soulé, Nicolussi Caviglia).

Ma uno in particolare ha attirato l’attenzione su di sé: Dean Donny Huijsen, classe 2005. Uno dei nomi più chiacchierati della Next Gen, l’olandese si è ritagliato alcuni minuti in entrambe le partite del Summer Tour e ha messo in mostra alcuni spunti interessanti.

Come “braccetto” della difesa a 3 bianconera al posto di Gatti prima e Danilo poi, è balzata subito agli occhi la sua personalità e la sua già ottima capacità di lettura dei movimenti degli attaccanti avversari. Nei secondi tempi poveri di emozioni delle amichevoli americane, gli highlights difensivi sono stati sicuramente i suoi – in particolare due belle chiusure, su Rodrygo imbeccato da Vinicius dopo una palla persa pericolosa di Barrenechea, e su Brahim Diaz partito in profondità su suggerimento di Bellingham.

Il ragazzo sembra avere talento e sicurezza sufficienti per trovare spazio in questa Juve. Meglio seguirlo attentamente durante la stagione: nella sua spola tra Next Gen e Juventus A, non è da escludere che possa trovare spazio in Serie A, soprattutto in un momento in cui la società torinese ha estrema necessità di valorizzare le risorse del suo vivaio.

In conclusione

Cosa aspettarsi dunque dalla prossima Juve di Allegri? Una “rivoluzione” tattica a sorpresa, oppure una squadra “reazionaria” e attendista?

Gli indizi raccolti durante il Tour negli USA fanno propendere per la seconda ipotesi, ma la lista di “se” e “ma” resta lunga: con un Chiesa nuovamente in palla, un centrocampo più propositivo, un Weah all’altezza del miglior Cuadrado e una stagione accorciata per l’esclusione dalle coppe, non è detto che lo Scudetto per i bianconeri debba restare un’utopia.

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